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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
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Basquiat

 

Il 18 maggio 2017 un’opera di Jean-Michel Basquiat è stata venduta per 110 milioni di dollari allo stesso miliardario giapponese che nel 2016 aveva già sborsato 57 milioni per un altro quadro del pittore statunitense, morto nel 1988 ad appena 27 anni. Forse è anche una questione di collezionismo o di passione maniacale da parte dell’acquirente, ma di fatto la valutazione e la fama che Basquiat raggiunse in vita, aggiunte alla fama e alla valutazione che gli si sono quasi arrotolate addosso dopo la morte drammatica e prematura, non sembrano soltanto consolidarsi ma addirittura crescere smisuratamente. Mi sbagliavo quindi, otto anni fa, quando nel recensire la bella esposizione curata dalla Fondazione Memmo a Roma avanzavo qualche dubbio sulla durata del messaggio di Basquiat; scrivevo infatti, che “la cultura di Basquiat non è quella di Warhol o di Rauschenberg, il suo mondo è limitato ad alcune interiezioni, a un'espressività dura e spigolosa che stupisce per efficacia, ma che non ha una densità universale.” (vedi il file PDF)

Non credo peraltro che quella osservazione abbia perso di valore, ma si direbbe che proprio nella limitatezza del messaggio di Basquiat si trovi la sua essenza, concentrata su alcuni temi, spesso ossessiva, quasi sempre infantile o adoloscenziale. Sempre otto anni fa, scrivevo anche che “si resta avvolti dalle sue opere. La forza di Basquiat sta nel mescolare scritte, scarabocchi, schizzi, qualche segno più accurato e qualche colore in un caos distinto, dove comunque ogni cosa ha il suo posto e non cela le altre.

La nuova mostra romana conferma l’interesse per il pittore a livello internazionale, soprattutto nella dimensione privata, tanto che se allora era la Fondazione Memmo (oggi quasi scomparsa nelle attività espositive romane), oggi è il Chiostro del Bramante, un’altra galleria privata di buona qualità attiva a Roma, artefice del restauro e delle ristrutturazione dello splendido complesso rinascimentale.

La mostra propone un centinaio di opere della collezione Mugrabi di New York, articolate tra tele, pannelli, assemblaggi, piatti dipinti, fogli appena inchiostrati, e altro. Alcune foto del pittore ci accompagnano nel percorso, e non può non stupire l’aspetto quasi infantile del ragazzo di colore che sfogava la sua rabbia creando assurde combinazioni di lettere, profili, facce, ossa, quasi un analfabeta scatenato d’odio contro i letterati.


Qual è allora il segreto per cui Basquiat piace tanto? In fondo, si tratta ancora, dopo un secolo abbondante, del fascino del primitivo che ad esempio portò sugli altari Rousseau il Doganiere o gli stessi Fauves. L’idea che l’arte, tanto la pittura come la poesia o la musica, non debba ricevere immagini preconfezionate, ma qualcosa di spontaneo, non educato, selvaggio, deriva dalla constatazione che gli impulsi profondi sono sinceri, quelli educati no. Dal mito del buon selvaggio alla psicanalisi, questo teorema ha ricevuto conferme e ha progressivamente raggiunto il cuore del pubblico, che come sempre è l’ultimo ad accettare le scelte delle avanguardie. Basquiat è stato e sapeva di essere il cocco della New York anni Ottanta in quanto nero, giovane, e arrabbiato. La pennellata con cui segna le tele è una penna che Basquiat ha in mano e con cui scrive, traccia linee, copia figure, sparge colori. Davanti alla molte opere esposte a Roma, quasi tutte “Untitled” e prodotte in un breve arco di tempo, proviamo un senso di stupore perché in realtà ci piacciono, sono violente, esasperate, prive di gusto, sbagliate, ma sono vere. 

   

 

C’è un insistente ritorno all’anatomia, alle ossa, ai teschi; ci sono profili e facce demoniache, e ci sono tante parole smozzicate, corrette, cancellate, esattamente riconducibili al balbettio iroso di chi si indigna, protesta, o lamenta ingiustizie.

Basquiat non era un pittore nel senso classico della parola e nemmeno un grafico, aveva la passione di disegnare e schizzare idee, e probabilmente un carattere esplosivo sia nel bene che nel male.

L’amicizia con Warhol resta, a mio parere, un mistero; il maturo produttore di quadri, che erano in realtà serigrafie e manifesti, connesso al giovane writer che invece di saper fare quadri sapeva imbrattare i muri e scandalizzare i borghesi. Qui in mostra sono presenti anche opere composte insieme dai due, nelle quali l’impronta stilizzata dell’uno viene cancellata dagli scarabocchi dell’altro. I cartelloni ci ricordano che forse anche al dolore per la morte improvvisa del maestro va ricondotta la crisi finale e l’overdose di eroina che uccise il 27enne allievo.

Nelle immagini pubblicate, per una volta, ho preferito soffermarmi su alcuni particolari delle opere esposte, forse per cercare meglio nel dettaglio la forza dell’insieme.

  

Scheda tecnica

Jean-Michel Basquiat, Chiostro del Bramante, Via Arco della Pace, 5 Roma. Aperto da lunedì a venerdì 10.00 – 20.00, sabato e domenica 10.00 – 21.00. Biglietto intero 13 euro, ridotto 11.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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