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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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La scelta tra il Bene e il Male nella Creazione di Adamo

 

 

“ l’uomo è “destinato” al bene e “incline” al male
Immanuel Kant

…il dramma della creazione, l’origine del male è coestensiva all’origine delle cose”
Paul Ricoeur1

 

  

Il dissidio interiore

La figura scura nella Sistina

“Ciò che alla mente appare come una vergogna, per il cuore non è che bellezza. Si trova a Sodoma la bellezza? Credimi, è proprio a Sodoma che la scorge l’enorme maggioranza degli uomini: lo conoscevi questo segreto? È orribile che la bellezza sia una cosa non solo tremenda, ma anche misteriosa. È qui che il diavolo lotta con Dio e il campo di battaglia è il cuore degli uomini”2: sono parole pronunciate da Dmìtrij Karamazov a proposito della lussuria. Sembra allora che, se la Natura è la consolazione dei mistici e anche il luogo di una tragica lotta tra il Bene e il Male, Dio crei col corpo dell’uomo una forma di bellezza e con l’animo dell’uomo il campo di una battaglia morale.
Michelangelo non avrà pensato qualcosa del genere, ma quasi certamente avrà vissuto, come sosteneva Federico Zeri, con senso di colpa il sofferto contrasto tra l’attrazione per la bellezza del corpo maschile e il senso del peccato, tra l’amore platonico e il timore (esasperato dalle tinte fosche delle prediche del Savonarola) di Dio.
Un concetto attinente è quello dell’uomo a metà tra il divino e il terreno, largamente diffuso dai neoplatonici a Firenze, nell’ambiente frequentato dal giovane artista: l’uomo della Teologia platonica di Marsilio Ficino, che imita la natura superiore e corregge quella inferiore; l’uomo dell’Orazione sulla dignità dell’uomo di Pico della Mirandola, il quale immagina che Dio si rivolga ad Adamo dicendo: “…non ti ho fatto né celeste, né terreno… tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti, tu potrai secondo il tuo volere, rigenerarti nelle cose superiori che sono divine”3.

 

Giuda

Nell’immaginario del popolo cristiano Giuda è la figura che incarna l’idea del peccato più grave, il tradimento, del peccatore più abietto ed esecrabile e del comportamento più odioso, il peggiore in assoluto. Così è per Dante che pone Giuda all’ultimo posto della graduatoria umana: nella bocca della faccia centrale di Lucifero, oltre gli altri due che gli sono compagni, Bruto e Cassio, traditori dei benefattori e dello Stato.
Michelangelo conosceva bene e amava l’opera di Dante. Sarebbe lungo l’elenco delle testimonianze, da Condivi a Donato Giannotti. Sapeva a memoria buona parte della Divina Commedia e ne conosceva anche i commentatori, a cominciare da Cristoforo Landino.
Espressioni popolari sanciscono il ruolo di peccatore per antonomasia di Giuda. Michelangelo nel momento di dolersi della morte del fedele Urbino, in una lettera al Vasari, usa le seguenti parole: “… più assai che ‘l morire, gli è incresciuto lasciarmi in questo mondo traditore con tanti affanni”4.

Geremia

Michelangelo si ritrae nel pensieroso Geremia, profeta del dolore e della riflessione sulla sofferenza, un profeta al quale evidentemente si sentiva vicino. È Geremia che “predice” il tradimento per trenta denari, secondo il Vangelo di Matteo (anche se sarebbe più giusto attribuire la “prefigurazione” al profeta Zaccaria, presente anch’egli nella volta)5.

 

L’impiccagione nell’arte fiorentina

L’impiccagione, evento pubblico, soggetto artistico, a Firenze nella seconda metà del ‘400, doveva avere un significato del tutto particolare e costituire un fenomeno vivo nell’emotività popolare e ben presente nell’ambiente degli artisti.
Le esecuzioni avevano il valore di punizioni esemplari, erano esibite, sovraesposte. Erano simboliche e reali, dipinti anticipatori e ritratti dal vero: monito e preannuncio di ciò che attendeva i colpevoli.
Andrea del Castagno negli anni quaranta del ‘400 dipinse l’effigie dei ribelli, Albizzi e Peruzzi, sulla facciata del Palazzo del Podestà e fu per questo soprannominato “Andrea degli impiccati”.
Botticelli fu incaricato di dipingere le effigi di condannati in contumacia (una specie di foto segnaletica del tempo).
Francesco de’ Pazzi e F. Salviati furono impiccati nel 1478 (Palazzo della Signoria) e pochi giorni dopo Jacopo e Roberto de’ Pazzi subirono la stessa sorte. Un anno dopo toccò a Bernardo Bandini, il sicario “estradato” da Costantinopoli, dove aveva cercato rifugio, ritratto impiccato da Leonardo da Vinci (con una specie di “istantanea” da cronista).
Poi fu la volta di Savonarola, impiccato e arso in Piazza della Signoria; e sappiamo quanto importante potesse essere l’avvenimento agli occhi di alcuni artisti che erano stati influenzati dalle sue infiammate prediche o che comunque consideravano il supplizio del frate un’ingiusta o sproporzionata punizione.

La serie di avvenimenti ricordati è una poco edificante carrellata di esecuzioni, reali o virtuali, che Michelangelo sicuramente conosceva. 
L’artista era stato addirittura testimone del “caso” di Jacopo Pazzi, delle violenze subite dal congiurato catturato. Aveva poco più di tre anni quando assistette, “in collo” alla madre, al macabro spettacolo e ne serbava un ricordo sconvolgente se ormai ottantottenne ne parlò a don Miniato Pitti, in un breve incontro, a Roma, di cui il religioso fece il resoconto in una lettera a Vasari.
Papini, nella biografia su Michelangelo, dedica al fatto un capitoletto intitolato “Il primo ricordo”. “La sua prima esperienza duratura del mondo fu la visione di un assassino impiccato per la gola”… “Terribil ricordo che forse gli fu presente quando, tanti anni dopo, dipingeva nella parete della Sistina certi di dannati strapiombanti nel vuoto”6.

Un Giuda impiccato, ancora ben visibile in un affresco trecentesco, seppure in cattive condizioni di conservazione, si trova nella Chiesa di Badia, nel cuore di Firenze, una chiesa tra le più importanti della città: un’opera, anch’essa, che può aver lasciato un segno nell’“immaginativa” del giovane artista?

Giuda impiccato nella Badia di Firenze

 

N. B.
Nel gennaio del 2014 usciva su Fogli e Parole d’arte la nuova lettura di un personaggio della celeberrima Creazione di Adamonel quale si proponeva d’identificare un Giuda impiccato: in questo articolo abbiamo provato a portare ulteriori argomenti a sostegno di quella ipotesi iconografica. 

 

Note con rimando automatico al testo

1 P. Ricoeur, Finitudine e colpa, Il Mulino, 1970, pag. 431 e pag. 518 (cit. Kant, Saggio sul male radicale).

2 F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, Newton Compton, 2009, pag. 125. 

3 G. Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate, Vallecchi, 1942, pagg.105-109.

4 G. Vasari, Le vite, de più eccellenti pittori, scultori e architetti, Newton Compton, 1993, pagg. 1243-1244.

5 Mt. 27,9; Ger. 32, 6-9; Zac. 11, 12-13. 

6 G. Papini, Dante e Michelangelo, Mondadori, 1941, pag. 363.

 

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