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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Il Mare di Paolo Poli


Dice di non saper scrivere per la scena, ma di certo Paolo Poli è un grande dramaturg, che ormai da tempo riplasma per il teatro testi destinati alla sola lettura, creando sempre qualcosa di assolutamente originale e di altissima qualità drammaturgica. Dopo il successo di Sillabari da Goffredo Parise, con il suo poliedrico Il mare, egli coglie appieno il realismo crudele e la sospensione onirica e quasi surreale dei racconti di Anna Maria Ortese, scelti tra quelli pubblicati su riviste letterarie tra gli anni Trenta e gli Anni Settanta (compreso quello che divenne in seguito Il cardillo addolorato). I racconti sono stati in parte sceneggiati per il teatro e in parte sintetizzati sotto forma di rapidissimi monologhi, e poi inseriti in una impalcatura drammatica leggera e scoppiettante come quella del varietà. Accompagnato da quattro giovani attori di indubbio talento, Poli incornicia sei novelle della Ortese nello scenario canoro e coreografico di altrettanti ameni siparietti, inserendo così i drammi individuali dei personaggi femminili de Il mare non bagna Napoli in un contesto epocale più ampio. Si intonano canzonette ingenue ed orecchiabili come “Besame mucho”, “Mambo italiano”, “Amor, amor, amor..” o “Legata ad un granello di sabbia”, che stigmatizzano l’immagine dell’Italietta del Ventennio e del secondo Dopoguerra, quella fatta di “piccole cose di pessimo gusto” e che si culla nell’illusione mentre il mondo intorno crolla a pezzi.

Tra scherzi, lazzi e sciogli lingua arguti, lo spettacolo offre una carrellata sui sogni di chi vive nella miseria dei bassi, sui miraggi di chi va a cercar fortuna oltre mare, sugli amori frustrati delle donne che restano, e sui deliri d’espansione imperiale di funesta memoria. Ne risulta un ritratto del Bel Paese dei tempi andati ben poco lusinghiero, una satira al vetriolo danzata sulle punte, ma non per questo meno acuta e puntuale. Si pensi al balletto delle giovani vedove di guerra in tutù nero che poco prima erano apparse in abiti da sposa vaporosi. O al cipiglio militare di Poli bersagliere con i boys debitamente virilizzati per l’occasione.

La feroce malinconia della Ortese non viene tradita dalla levità del genere teatrale prescelto e dalla comicità garbata di Poli.Anzi. Attraverso la piéce Poli sembra voler rendere omaggio alla poco commentata visionarietà grottesca che aleggia nelle pagine della grande scrittrice. I racconti vennero accolti con risentito sospetto per il crudo realismo con cui descrivevano il degrado della città partenopea e gli stessi amici scrittori della Ortese si offesero per il je accuse a loro diretto ne Il silenzio della ragione. Ma questo realismo, se così lo si può definire, è sempre filtrato attraverso un’immaginazione poetica che travalica la cronaca e si inabissa nel surreale. La dilatazione onirica del desiderio, il rimpianto per le occasioni mancate, sono trasmessi e subito sdrammatizzati da Poli attraverso una recitazione composta che misura anche il più impercettibile movimento delle mani e che smorza il dramma del disincanto con occhiate maliziose.

La sintesi scenica e il ritmo registico sono strabilianti, e le immagini scorrono così velocemente che quando si esce da teatro si fa fatica a ricostruire il montaggio. A dispetto dell’età, l’attore fiorentino si trasforma con la velocità di un Fregoli in tanti personaggi, prevalentemente femminili, cambiando rapidamente abiti e parrucche dietro le quinte, mentre i suoi quattro boys si esibiscono in estrosi stacchi. Ogni episodio è definito visivamente dai fondali scorrevoli del grande Emanuele Luzzati che raffigurano vicoli e piazzette della città partenopea, tolde di navi, e profili di un mediterraneo metafisico, strizzando l’occhio a Sironi, De Chirico e ad altri grandi del Novecento. I costumi della fedele Santuzza Calì riassumono l’elemento fiabesco, ironico e allusivo dello spettacolo in una esplosione cromatica di sete e lustrini. Eleganza e misura sono la cifra stilistica della piéce dove anche il grande mattatore riesce dosare il suo divismo lasciando lo spazio dovuto ai quattro giovani attori che, oltre al talento, danno prova di notevole auto-ironia.

Quel che più colpisce è la capacità di questa versione molto colta dell’avanspettacolo di amalgamare i generi in modo organico e di riuscire a trasmettere il dramma lacerante del rimpianto di una vita agognata e mai vissuta, senza mai sfiorare il patetismo. Primo tra tutti spicca il personaggio di Eugenia, la ragazzetta povera e bruttina che, dopo aver vissuto per anni protetta dalla sua miopia onirica, ottiene finalmente un paio di occhiali per scoprire che il mondo immaginato da miope era più bello di quello reale. La perfidia della signora borghese (interpretata da Poli stesso) che si chiede a cosa possano servire degli occhiali ad una poveretta, aggiunge una nota atrocemente comica all’episodio. Il tutto con poche battute e pochi studiatissimi gesti. Allo stesso modo la storia di Anastasia Finizio che si accende di speranza quando un suo vecchio spasimante torna dopo anni a Napoli, si risolve in un monologo volante, di sapore vagamente joyciano. (Anastasia,del resto, è una Eveline nostrana per quel suo vagheggiare una vita diversa).

Dispiace che lo spettacolo non abbia coinvolto il pubblico come avrebbe dovuto. La risposta continua degli spettatori è, come dire, richiesta dalla struttura stessa della piéce, ma le risate grasse sono arrivate, con tanto di applausi, soltanto ai bis, quando Poli ha declamato La ballata del cavalier discortese di Olindo Guerrini. I doppi sensi piccanti più espliciti ed esplicitati hanno risvegliato gli entusiasmi degli spettatori che avrebbero dovuto scandire i tempi dell’ intera rappresentazione. Se “la grande corruttrice” mediatica non avesse modificato la percezione della comicità.


Scheda tecnica

Il Mare, due tempi di Paolo Poli da Anna Maria Ortese.
Scene : Emanuele Luzzati. Costumi: Santuzza Calì. Consulenza musicale: Jaqueline Perrotin.Coreografie: Claudia Lawrence. Con: Mauro Barbiero, Fabrizio Casagrande, Alberto Gamberini, Giovanni Siniscalco. Regia: Paolo Poli.

Al Teatro Eliseo di Roma dall’11 gennaio al 6 febbraio 2011

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