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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Battlefield, di Peter Brook

 


Presentato al Teatro Argentina di Roma, Battlefield di Peter Book condensa al suo interno gli elementi fondanti dell'arte teatrale del grande maestro. Spazio scenico quasi vuoto, essenzialità assoluta del gesto, partitura performativa studiata al millimetro, ritmo scandito da musica eseguita dal vivo e dal perfetto fluire di una scena nell'altra, cast multietnico di attori a piedi scalzi che interpretano più parti, passando dall'una all'altra con naturalezza estrema. Il teatro come rito collettivo, sacrale e laico allo stesso tempo.

Peter Brook e Marie-Hélène Estienne ritornano al Mahabharata per creare uno spettacolo di settanta minuti che di quel capolavoro sembra costituire l'epilogo. Nulla a che vedere con l'andamento epico e la grandiosità dell'impianto di quello spettacolo di nove ore che sconvolse il pubblico di Avignone nel lontano 1985 e che segnò una svolta nel modo di fare teatro.

Battlefield è una pièce prevalentemente narrativa dove gli attori agiscono anche come cantastorie. I dialoghi sono brevi, non una parola di troppo, e si alternano a vere e proprie parabole che hanno per protagonisti gli animali. Il comico e il tragico si fondono al modo di Shakespeare in questa intensa meditazione sulla morte e sulla atrocità delle guerre.

Battlefield inizia con la fine della sanguinosa guerra tra i Kaurasavas e i Pandavas per il trono di Hastinapura nel regno di Kuro. La scena è occupata da un immenso tappeto color ocra che evoca terre desolate e intrise di sangue bruciato da un sole implacabile. Una schiera di canne di bambù si allinea sulla parete di fondo. Tre parallelepipedi neri e ampi scialli colorati costituiscono gli unici oggetti di una scena marcatamente simbolica. Gli attori, solo quattro, sono affiancati dal musicista giapponese Toshi Tsuchitori che li accompagna con il suono implacabile del suo tsuzumi. Nel bagliore rossastro della luce che inonda il palcoscenico, il linguaggio del corpo rasenta l'immobilismo mettendo in risalto la sonorità e il significato delle parole.

La storia è raccontata con semplicità estrema, ma la partitura performativa ne rende profondo l'impatto.

Dhritarashtra (Sean O'Callaghan), il vecchio re cieco di Hastinapura e patriarca degli sconfitti Kauravas, lamenta la morte dei suoi cento figli. Yudhishthira (Jared McNeill), un Pandava e nuovo erede al trono, contempla il campo di battaglia insozzato di sangue e di cadaveri fatti a pezzi. La sua vittoria è una sconfitta e l'uomo stenta ad indossare una corona ottenuta al prezzo di una strage. E' schiacciato dal dolore e dalla tragica consapevolezza che il mondo non sarà mai più lo stesso ma che continuerà a girare nonostante l'incalcolabile perdita di vite umane. L'accettazione della morte e quella del dovere diventano i temi cardine di un dramma che assume la struttura di un gioco di scatole cinesi. La storia principale contiene infatti una serie di racconti nel racconto incentrati sul tema del destino e dell'inevitabilità del male. Sono le tre parabole che il saggio Brishma, (Ery Nzaramba) racconta al nipote Yudhishthira che è giunto al suo cospetto su consiglio della madre Kunti (Carol Karemera). La narrazione dello ieratico Ery Nzaramba, ammantato da un ampio scialle arancione, è animata dalla rappresentazione mimica delle storie che gli altri tre attori realizzano con semplici ma efficacissimi mezzi. Il minimo gesto amplifica i volumi e le forme ipnotizzando lo sguardo dello spettatore. Nella prima parabola del serpente che ha ucciso con il suo morso un bambino, la grande Carole Karemera si moltiplica nei ruoli della Morte, del Tempo e del Destino, utilizzando i poveri oggetti di scena a sua disposizione, ma soprattutto modulando la sua mimica facciale e le tonalità della voce. Nella seconda parabola l'attrice impersona l'amato piccione del re che è disposto a farsi tagliare un pezzo di carne equivalente al peso dell'animale, pur di salvarlo dalle brame del falcone assetato di sangue, mimato dal versatile Sean O' Callaghan. L'attore drammatico dà vita anche al verme del terzo racconto. Una sciarpa allungata e il gesto ritmico del piede dell'attore bastano ad evocare il movimento dell'animale che preferisce sfidare il pericolo di essere schiacciato da un carro piuttosto che starsene ai lati della strada.

 

La comicità ingenua di alcune immagini non sminuisce la drammaticità del racconto sospeso nell'atemporalità del mito. Il momento più intenso arriva quando il vecchio re chiede a Yudhishthira di potersi ritirare nella foresta insieme a Kunti. Vogliono rinunciare al mondo e quando un incendio divampa tra gli alberi, i due decidono comunque di andare. L'intensità dell'immagine finale impressiona per la sua perfezione formale.

La semplicità del racconto pecca a tratti di ingenuità ma nulla toglie alla sua profondità e alla sua problematicità. Lo spettacolo lascia insoluti molti interrogativi sul senso della vita e della morte, sull'inevitabilità delle guerre e delle distruzioni che ciclicamente ritornano a mietere vittime. Universale e un po' datato allo stesso tempo, lo spettacolo è anche una grande lezione sull'arte del fare teatro.

 

 

Scheda tecnica

BATTLEFIELD, tratto da Il Mahabharata e dall'opera teatrale di Jean-Claude Carrière. Adattamento Peter Brook e Marie-Hélène Estienne. Musiche: Toshi Tsuchtori. Costumi: Oria Puppo. Luci: Philippe Vialatte. 
Con: Carole Karemera, Jared McNeill, Ery Nzaramba e Sean O' Callaghan.
Regia di Peter Brook e Marie-Hélène Estienne.
Produzione C.I.C.T.- Théatre des Bouffes du Nord
Spettacolo in lingua inglese con sopratitoli in italiano, adattamento e traduzione a cura di Luca Delgrado.sto al Teatro Argentina di Roma nel maggio 2016.
Prima nazionale: 6 maggio 2016 al Teatro dell'Aquila di Fermo.

 

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