Statistiche dal 2010

Visite agli articoli
4386977

Abbiamo 215 visitatori online

Cerca nel sito

Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

Fogli e Parole d'Arte

non ha scopo di lucro, non propone alcuna pubblicità e ha come unico interesse la diffusione della cultura.
Pertanto, le immagini pubblicate si attengono all'a
rticolo 70, comma 1bis della legge sul diritto d’autore, dove si afferma che è possibile la "libera pubblicazione attraverso la rete Internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro".


Iscriviti al nostro
canale WhatsApp
sul cellulare

 - Nuova informativa sui cookie -

 


Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Il salto del desiderio, la gabbia di Narciso.

 

Le scene di Flavia Mastrella, fosforescenti, zebrate in bianco-nero, rosso-nero, ci accolgono con geometrica nudità suprematista, e le linee di un separé finestrato di fondo scena si prolungano sul pavimento, sul quale, nel buio, avanza gattonando, ectoplasmatico, lo stralunato ‘dodecafonico’ Pierrot lunaire in panni bianchi, con una piccola lucina verde. Poi è luce, salti scomposti con braccia a croce, sghembi, e un urlacchiare con voce chioccia, burattinesco. Pinocchio comincia la danza senza fili dello sconquasso esistenziale etere-auto diretto. A destra c’è una croce, col braccio orizzontale diagonalizzato come le zebrature, ad imprimere dinamica e distorsione, e contro ad essa, contro altro attore crocefisso, si sbatterà di culo Rezza, declamando con sberleffo, “Se non ci mettevo il culo io, dava una capocciata!”.


Data cornice di profanazione, di carnevale ribelle, si riporta al centro, a terra dove, intervallando con brusche maschere fisse di interpunzione, silenzi di stupore e stralunamento comico (con funzione ritmica, di suspence e di facilitazione del pensiero), comincia una delirante e surreale improvvisazione apparentemente nonsense, usando come trampolino di lancio associativo, stravolgendolo per contesto e letteralità, il linguaggio della matematica e della fisica. E si parla di dubbi elevati alla potenza, di dissociazione, di patologia personale, di cateteri per cateti, di mani legate, irridendo al contempo la scienza il potere la psicologia ed in complesso se stesso e qualunque discorso di presunta verità. Il mondo si scompone e lui è scomposto. E in questa scomposizione, come si vedrà, emergono poi come denegate e ironizzate àncore salvifiche, narcisismo e sessualità, denegate dalla grammatica di fondo di quella che giustamente Rezza pone come cifra dello spettacolo, da una ‘angoscia anatomica’ fatta di spasmi: spasmi fisici, comici, cerebrali. Spasmi del desiderio.

Non bisogna dimenticare infatti che lo spettacolo si chiama ‘Anelante’, come dire desiderante, ma con una consonanza con lo spagnolo ‘adelante adelante’. Come dire, “corri corri, burattino del nulla” intorno al cerchio disperato del desiderio e del nonsenso.


Perché tutto è spasmo dissociato, e ogni affermazione si nega per schismogenesi ed estremizzazione, e si denega nella gestualità della maschera fissa che si auto irride. Una comicità da Petrolini stroboscopico, dove però lo sberleffo critico si desostanzia di silenzi lunari e di tristezze latenti, alla Buster Keaton. Una critica fatta attraverso l’irrisione frenetica delle proprie inadeguatezze, e che per frenesia aggressivo patetica ricorda spettacoli e testi di Gaber (a mio parere anche fisicamente citato nella scena finale del palombaro, con quel fischio di asfissia che ricorda paro paro la canzone ‘La bombola’)

Tutto quanto detto non rende però ancora appieno l’energia e la ricchezza dello spettacolo. Ne abbiamo infatti mostrato il lato espressionistico esistenziale. Su cui torneremo. Ma forse la dote più preziosa è quella ritmica. E’ come Wagner. Sa come ripartire sempre, per crescere costantemente, trascendendo lo spasmo in intelligente ilarità costante, riuscendo con costanza a far ridere sgangheratamente il pubblico. Oltre al tessuto verbale (fatto di gag televisive stralunate per distorsioni linguistico logiche vertiginose, a scivolo ), abbiamo il registro ginnico gestuale, sempre parossistico, talora provocatorio (culi, coiti, nudi, morti ), da lui moltiplicato per coreografie in quattro comprimarii di scena. E poi gli ‘stop motion’, che permettono la ricarica, ed introducono come una quarta dimensione mimica.

Le tematiche che si susseguono sono tante, dall’irrisione dei summit dei potenti, mai realizzabili, per latitanza, al rovesciamento dell’ingiustizia sulle pensioni in inutile pretesa di chi tanto deve solo morire, allo sfottò su Dio e su Freud e sull’Edipo (“…come faccio ad amare mio padre, che allora amerà mio nonno… tranquillo … il nonno non camperà in eterno… non è sesso …si amano i genitori per opportunismo, perché ti mantengono … “ ).

Ma poi, restando comico, e crescendo, cresce nella dimensione ‘noir’, e nelle patologie personali, denunciando la ferita individuale che genera il comico.

Così abbiamo un coito in presenza di un morto. Poi una imperturbabile tavola da conferenza dove (con sottofondo straniante degli altri che parlottano razionali ) pontifica sulla propria solitudine narcisistica. ”… parlo sempre … quando leggo, quando faccio l’amore, quando parlano gli altri …” – Quindi non legge, non coita, non ascolta. Insomma, non si relaziona. Non dorme. Fa impazzire anche Morfeo, e Freud con lui non avrebbe spazio (è notorio che Freud reputava il narcisismo patologia non aggredibile dalla psicanalisi, e al di là delle nevrosi ).

Dunque critica anche alla società del sesso commercio e dell’incomunicabilità e del narcisismo, per auto sacrificio comico coscienziale.

E la conclusione, sempre intrisa di gag comiche, è la definitiva dichiarazione di impotenza, con per altro non originale ma canonica teoresi freudiana. Da palombaro fetale, a terra, al buio, dentro un casco fosforescente a lampada cinese, si immerge in una regressione all’infanzia, per scoprire che il padre non c’entra niente (non c’era), e tutto è colpa di una persecutoria e controllante ‘madre castratrice e saponificatrice’.

Insomma, una perfetta concertazione e coreografia di tragicomico surreale, ‘ben temperato’, con polifonia e basso continuo. Applausi finali torrenziali e, ultimo tocco da re dei guitti, all’urlo di un … ‘Bravo!!!’ … risponde certo che non c’era certo bisogno di dirglielo perché lo sapesse. Mantiene così il punto ‘narcisistico’ dello spettacolo, senza uscir di cornice per la gioia dell’ovazione. Non perde mai ritmo e lucidità. E vale sempre vederlo.

 

Scheda tecnica

ANELANTE, di Flavia Mastrella e Antonio Rezza, una produzione TSI La Fabbrica dell'Attore Teatro Vascello - Fondazione TPE –- RezzaMastrella, 
con Antonio Rezza  e con Ivan Bellavista, Manolo Muoio, Chiara A. Perrini, Enzo Di Norscia, 
(mai) scritto da Antonio Rezza, 
habitat di Flavia Mastrella, assistente alla creazione Massimo Camilli, disegno luci Mattia Vigo, organizzazione Stefania Saltarelli, macchinista Andrea Zanarini. 

Teatro del Vascello, Roma, lo spettacolo verrà replicato eccezionalmente lunedì 18, martedì 19 e mercoledì 20 gennaio 2016 ore 21,00

abbiamo aggiornato l'informativa sui cookie