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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Interiors dei Vanishing Point

Ci sono spettacoli che si vorrebbe vedere più di una volta ma, di solito, quelli che più meritano l’affluenza e l’attenzione del pubblico sono anche quelli che stanziano meno a lungo nei teatri capitolini. Come nel caso di Interiors, l’ultimo strabiliante spettacolo della compagnia scozzese Vanishing Point, coprodotto dal Napoli Teatro Festival, che è stato ospitato per soli cinque giorni al Teatro Eliseo.

Lo spettacolo è un meccanismo teatrale perfetto, assolutamente originale nell’impianto drammaturgico e nella costruzione scenica e che per giunta ha l’insolito merito di finalizzare lo sperimentalismo formale ad una partecipazione attiva del pubblico. La pièce è il risultato di un lavoro drammaturgico collettivo che prende le mosse dal dramma surrealista di Maurice Maeterlink Interieur e lo trascende relegando la rappresentazione all’interno di uno spazio domestico ermeticamente chiuso e separato dal pubblico da una immensa finestra di plexiglass che impedisce l’ascolto di ciò che dicono i personaggi. La scena di Kai Fish ricostruisce con minuzioso realismo una sala da pranzo di joyciana modestia (vengono subito in mente “I morti” di Dubliners), ma allo stesso tempo la pone in un spazio temporale indeterminato, grazie alla proiezione di immagini equoree e lunari sui quattro lati della cornice che delimita il quadro. Una voce fuori campo, melodiosamente asettica e distaccata, commenta di tanto in tanto l’azione che si svolge sotto lo sguardo del pubblico che viene posto nella felice condizione di chi osserva senza essere visto. Un piacere voyeuristico che concentra l’attenzione su tutto ciò che accade e che costringe a decifrare anche il gesto più insignificante degli attanti che qui agiscono con una naturalezza estrema che di rado si ottiene a teatro.

La piéce non segue lo svolgimento convenzionale di un testo drammaturgico, quello che alla presentazione dei personaggi fa seguire lo sviluppo dell’azione, il punto di crisi, le complicazioni e la risoluzione finale, perché il suo scopo primario è quello di dar forma scenica al flusso stesso della vita quotidiana. I personaggi conservano i nomi dei loro interpreti, ponendosi così sulla linea di confine sottilissima che separa la realtà dalla finzione. L’occasione che li riunisce è la cena abituale che un vedovo, Andrew (Andrew Melville) organizza ogni anno per salutare la notte più lunga del gelido inverno nordico. Con lui vive la giovane nipote Sara (Sara Lazzaro) che prima che arrivino gli ospiti si trastulla con la propria immagine davanti allo specchio, mentre lo zio in mutande fa avanti e indietro dalla cucina alla sala per apparecchiare la tavola. Gli ospiti si presentano ad uno ad uno, tutti imbacuccati e armati di fucili con i quali dicono di difendersi dalle misteriose insidie di una notte da lupi. Una nota surreale e decisamente comica che tuttavia ben si amalgama con il realismo magico che pervade l’intera rappresentazione. In realtà i cinque invitati sono persone molto ordinarie che fanno tutto quello che gli ospiti di solito fanno in circostanze analoghe : chiacchierano, scherzano, flirtano, mangiano, si divertono, si imbarazzano. L’interno racchiude il calore della vita e della condivisione e diviene ben presto il palcoscenico dei piccoli casi del vivere, delle aspettative e delle delusioni, dei desideri inespressi e degli slanci tarpati dall’etichetta e dal galateo. C’è l’amica vegetariana che non sa cosa dire quando si trova la carne nel piatto, c’è la giovanissima nipote che corteggia il ragazzo cercando di non farsi notare dallo zio, ci sono un uomo e una donna che tentano di mettersi insieme ma che poi escono separatamente. Gli sguardi e i movimenti degli attori- tutti davvero straordinari- ritagliano con precisione chirurgica gli stati d’animo dei personaggi, i loro piccoli malumori, i momenti di imbarazzo mentre la voce femminile fuori campo ne svela i desideri, i segreti e le piccole bugie.
L’atmosfera accogliente e festosa è pervasa da un senso di perdita, di solitudine e di occasioni mancate che risulta ancor più tragico perché rimane non detto. L’apice drammatico che in Maeterlink coincide con l’arrivo di due sconosciuti che interrompono la cena per annunciare notizie luttuose, viene qui ironicamente sostituito da una serie di piccoli incidenti che vanno dall’ improvviso sanguinamento dal naso di uno degli ospiti nel bel mezzo della cena, al ballo scatenato di alcuni sulle note di “Video killed the radio star”. Un’ironia benevola e una rassegnata malinconia di fondono in situazioni che ricordano Piccola città di Thorton Wilder e rimandano ad Anton Cechov o a Mike Leigh, soprattutto nella seconda parte dello spettacolo dove si passa quasi impercettibilmente dalla quotidianità al mistero. Si scopre infatti che la voce appartiene ad alla donna che avrebbe dovuto occupare il posto a tavola che è rimasto vuoto e che ora, come il pubblico, guarda la scena dal di fuori. Non si capisce esattamente chi sia ma di certo viene dal mondo dei morti per spiare di nuovo la vita. I comportamenti vengono osservati e analizzati con cura e acquistano rilievo nel momento stesso che, visti dall’esterno, appaiono anche terribilmente vani. Mentre tutti si preparano ad andarsene, la voce diviene onnisciente ed elenca le circostanze della morte di ognuno con il suo dolce tono da cantilena. Tutto sembra più che mai transitorio e relativo,che ma anche miracolosamente irripetibile e degno di essere vissuto.

Sin dalle prime battute lo spettacolo ipnotizza lo spettatore grazie ad una sapiente orchestrazione di immagini, suoni e movimenti. La regia dosa i ritmi dell’azione che si svolge contemporaneamente sul binario degli eventi esterni e visibili e su quello della percezione soggettiva. Ogni piccolo incidente acquista rilevanza per le reazioni che suscita in ciascuno e la tempistica dei gesti e dei brevi commenti della voce narrante guida il pubblico a focalizzare l’attenzione sulla dinamica dei rapporti e sullo scollamento tra essere e apparire. Le incongruenze a volte provocano ilarità, altre volte commuovono profondamente, proprio come accade fuori dal teatro, e mentre si sta lì a spiare la vita degli altri si è portati inevitabilmente a riflettere sulla propria. Anche grazie alla recitazione magistrale di tutti gli attori che, pur misurando ogni singolo movimento, riescono a fare a meno della parola per trasmettere la fugacità e la meraviglia di ogni attimo vissuto. La rappresentazione diviene allora esperienza teatrale totalizzante, di quelle che rimangono impresse nella memoria.



Scheda tecnica

Interiors. Drammaturgia di Matthew Lenton da Interieur di Maurice Maeterlink. Scene: Kai Fisher. Costumi: Eve Lambert. Disegno luci: Kai Fisher. Projection design: Finn Ross. Con: Elpheth Brodie, Sara Lazzaro, Andrew Melville, Aurora Peres, Davide Pini Carenzi, Barnaby Power, Ann Scott-Jones, Damir Todorovic.

Regia: Matthew Lenton. Produzione Vanishing Point e Napoli Teatro Festival Italia in coproduzione con Teatro Stabile di Napoli e Traverse Theatre, in collaborazione con Lyric Hammersmith e Tron Theatre con il sostegno del National Theatre Studio.

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