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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Il sogno si avvicina, Dalì a Milano

 

Fig. 1

 

C’è chi la vita la subisce, chi la aggredisce, e chi vi trova soluzioni atipiche e le condivide con gli altri.

In questa breve premessa può essere riassunta la vita di Salvador Dalì, genio artistico a cui Milano dedica la prima mostra dopo 50 anni di lontananza del pittore dai musei italiani, a cura di Vincenzo Tione e visitabile dal 22 settembre 2010 al 30 gennaio 2011 presso Palazzo Reale.

La figura di questo grande artista spagnolo è nota, ma una premessa mi pare indispensabile: tra tutti gli aderenti al movimento surrealista, egli è indubbiamente stato il più eccentrico, ma altrettanto fuori di dubbio anche il più metodico e simbolicamente variegato.

Basti pensare infatti al principio stesso della scrittura automatica di Breton, portavoce del movimento, o all’agire impulsivo di artisti quali Ernst e Mirò, che vomitavano quasi i loro quadri dopo provanti viaggi onirici.

Dalì invece no, non concepiva l’arte in questo modo: lui colse il potenziale evocativo dei sogni e ne volle fare veicolo per raccontare tematiche e paranoie, ma sempre passando per un processo metodico in cui nessun dettaglio fosse lasciato al caso.

I temi trattati sono molteplici: si passa dall’evoluzione umana alla scienza, dal soggetto religioso all’amore per sua moglie, dalla guerra alle citazioni artistiche (celebre è la sua voglia di superare Picasso in qualità pittorica), senza disdegnare rimandi ai principali artisti del passato, come Leonardo e Raffaello, e citazioni letterarie, il tutto suggerito con fascino e senza volgarità o estremo senso esplicito.

Lo spirito, depositario dell’amore e del fascino di chi da decenni segue questo versatile surrealista, viene stimolato già all’ingresso antistante l’esposizione con pannelli introduttivi alla storia e le intenzioni narrative del pittore, e mirati consigli poetici del curatore per l’ottimale fruibilità dell’esperienza sensoriale che ci si appresta a vivere.

Come un parente lontano ma mai dimenticato poi, tornato a casa dopo un lungo viaggio, viene ricreata un’atmosfera suggestiva per celebrarlo, un pacchetto emotivo ad hoc si può teorizzare a posteriori, dove i quadri non vengono solo proposti ma spinti in un mondo parallelo, a cui si consiglia di approcciare con occhio socchiuso e mente aperta, dove la luce soffusa che ci accompagna lungo il percorso non fa altro che essere “caronte” sensoriale che guida l’occhio di chi guarda lungo tutta l’esposizione.

La mostra è divisa in stanze, cinque le principali, ognuna atta a raccontare le singole fasi della vita artistica del pittore spagnolo, al di la delle abitudinarie cronologie.

Troviamo subito entrando uno spazio ombroso e angusto, che si prolungherà lungo tutto il percorso e non gioverà alla fruizione dei quadri, tanto che in certi frangenti, se la si somma all’eccessiva presenza di persone, variabile costante, pare essere più tasselli di un domino che visitatori.

Superato lo stupore iniziale creato dall’atmosfera, ci si palesa di frFig. 2onte la prima opera di sicuro impatto: una sfera bianca al cui interno è posto il calco in gesso della Venere di Milo con tiretti (Fig. 1). L’opera fu concepita come rielaborazione avanguardista creata dall’artista come protesta, si racconta, relativa alla mancanza della Venere di Milo all’arrivo di Dalì al Louvre.

Entrando nella prima stanza, avente come tema principale alcuni dei paesaggi di genere storico più importanti nell’opera dell’artista, lo sguardo viene rapito tra gli altri dal quadro Dematerializzazione del naso di Nerone. In questo dipinto si nota come la parte superiore dell’immagine sia ricollegata alla caduta dell’impero romano, simboleggiata appunto dalla caduta del naso di Nerone, con in contrapposizione nella parte inferiore la raffigurazione della scissione dell’atomo, atto da cui nascerà la creazione della bomba atomica, arma terminale della seconda guerra mondiale.

Dalì vuole raccontare le due grandi tragedie mettendole in parallelo, inserendo nella parte centrale del dipinto dei calamai, a rappresentare il gesto di sottoscrizione di un auspicabile accordo tra le fazioni contrapposte nel conflitto.

Il viaggio continua entrando nella seconda stanza, denominata Stanza del male, dove la tematica principale è il dolore vissuto riguardo alle vicende della società dell’epoca attraverso gli occhi dell’artista.

Un quadro desta la mia attenzione su tutti per la sua varietà simbolica e cromatica: Impressioni d’Africa (Fig. 2). Qui l’attenzione si concentra sulle due guerre principali che hanno segnato il diciannovesimo secolo: la guerra civile spagnola e la seconda guerra mondiale.

Notiamo in primo piano la figura dell’artista che si rappresenta con un autoritratto con la mano tesa a carpire l’attenzione dello spettatore; sulla destra troviamo invece i simboli dell’infanzia di Dalì (la barca e l’azione del pescare), mentre sul fondo si intravede la moglie Gala, dipinta per velature allo scopo di rievocarla in sogno.

Il pittore spagnolo per colpa della sua mancata presa di posizione riguardo alle guerre, e il mai nascosto fascino subito nei confronti dei grandi leader, venne allontanato dal gruppo dei surrealisti.

Sempre in riferimento alla sua ossessione per la figura della moglie, troviamo nella stessa sala Spagna, quadro in cui rimangono cari all’artista i temi della donna e dei cassetti, soggetto quest’ultimo già visto nella Venere di Milo con tiretti presente a inizio mostra. Nell’analisi iconografica dell’opera notiamo come la raffigurazione di cavalli e cavalieri insieme sia atta a ricreare il volto di Gala, palese è la citazione della Battaglia di Anghiari di Leonardo, mentre dai cassetti presenti sul lato sinistro del dipinto vediamo spuntare un drappo rosso, simbolo della guerra civile in corso: sono questi i due elementi che tengono la mente del pittore sempre legata alla sua terra, la Spagna appunto.

Fig. 3Il viaggio continua, passando dall’espressione del male al tema dell’uomo e della sua evoluzione antropologica e sociale. Siamo nella Stanza dell’immaginario, dove mi preme analizzare il quadro più pittoresco a mio dire di questo frangente della mostra: Le tre età. Qui viene trattato, come suggerisce il titolo, e lo sviluppo dell’uomo nelle sue tre età della vita: infanzia, età adulta e vecchiaia. La curiosità dell’opera sta, al di là della simbologia mai doma nell’opera daliniana, nella lettura del quadro che viene proposta, che non è da sinistra a destra come suggerisce la cultura europea, ma da destra a sinistra, avendo l’opera come raffigurazione posta sull’estrema destra appunto il volto di un bambino. Vi è un continuo rimando alla roccia, evocativa dei luoghi dell’infanzia di Dalì, e un collegamento attuale, se vogliamo toccare l’ambito cinematografico, al film Il curioso caso di Benjamin Button, dove l’evoluzione della vita di un uomo va a ritroso, per cui nasce vecchio e muore giovane, una visione quindi da destra a sinistra della vita stessa.

Si arriva così alla stanza dove come protagonista troviamo il mondo onirico: siamo nella Stanza dei desideri.

Tra le opere più interessanti spicca indubbiamente la Sala Mae West (Fig. 3). Dedicata a una delle attrici più famose degli anni ’50 in America, questa composizione tridimensionale mostra da un lato il legame che il pittore spagnolo ebbe con il cinema e gli Usa, e al contempo il suo concetto di arte a tutto tondo; in questo frangente si diletta come architetto e usa le fattezze dell’attrice per creare un salotto, il cui design d’arredo risulta derivante dalle singole parti anatomiche del viso della donna.

Continuando il nostro percorso nella penombra - scelta curatoriale opinabile in quanto se da un lato favorisce il senso di sogno e angoscia delle opere, dall’altro rende poco fruibili alcuni quadri -, passiamo per la penultima stanza: la Stanza del silenzio, che accompagna l’ultima fase della vita del pittore.

Fig. 4Tra le varie opere, una è di particolare rilevanza perché riguarda in maniera innovativa il tema della passione: Crocifisso (Fig. 4). Non abbiamo i segni della passione (non vediamo chiodi per esempio), ma l’occhio è attratto solo dal corpo e non dalla sofferenza di Gesù, c’è un rimando al senso estetico dell’opera e del Cristo, al senso di prospettiva che viene offerto nella rappresentazione, non dimenticando poi rimandi letterari, in quanto possiamo sulla parte inferiore del dipinto notare una citazione del personaggio romanzesco di Don Chisciotte.

Nella stessa stanza troviamo poi Il cammino dell’enigma. Vi notiamo raffigurato un sacco vuoto centrale, a rappresentare l’imminente morte della moglie Gala, per cui l’artista si sente come un sacco vuoto senz’anima, mentre sul fondo vari sacchi vanno verso la luce, come a simboleggiare che presto anche lui lascerà questa terra. Nella parte centrale in basso invece, viene dipinto un sacco pieno di monete, a rappresentazione dell’attaccamento di Dalì al denaro, tanto forte che nell’ambiente artistico il pittore si era guadagnato l’appellativo di “avida dollars”.

E giungiamo all’ultima stanza, denominata la Stanza del vuoto, dove ogni opera propone un riassunto tetro ma impattante di tutta la simbologia daliniana. Tra i vari quadri rapisce lo sguardo per la ricchezza simbolica Tavola solare (Fig. 5). In pochi cm di tela pare essere condensata la simbologia della storia di una vita: l’attenzione sul mondo, un tavolino da caffè con sopra crema catalana, la costa della catalogna, il tema del viaggio, il concetto di sostegno (con la raffigurazione della stampella), più vari oggetti archeologici per non dimenticare quanto Dalì amasse citare non solo artisti e letterati, ma anche la stessa storia dell’Europa.

Fig. 5Altra opera, questa volta parliamo di scultura, densa di contenuti, soprattutto per la forte indicazione dello scontro tra Dalì e suo padre, è Coppia con la testa piena di nuvole. I due personaggi sono rappresentati dalle sagome di due uomini che assumono fattezze di specchi apposti uno di fianco all’altro, contenenti ognuno i principali simboli delle singole inquietudini. Così vediamo raffigurate le nuvole, segno di angoscia del padre per la carriera ambigua del figlio, e di Dalì stesso, sempre tormentato dalla figura del fratello morto a cui fin da bambino fu sostituito per volere dei genitori, con in aggiunta la presenza delle rocce, legame costante alla terra natia del pittore, e le giraffe in fiamme, che rappresentano la guerra civile spagnola.

La mostra termina poi con un ciclo relativo a un tema molto caro al pittore catalano: il destino.

A questo sono ricollegabili molteplici quadri che si dipanano nell’ultima sala della mostra, tutti disposti in senso circolare, con al centro un grosso pannello dove viene proiettato Destino, un cortometraggio di animazione prodotto da Walt Disney ( di cui vengono proposti lungo il percorso della mostra filmati di incontri privati con l’artista spagnolo), contenente in forma animata tutti i principali temi dell’opera del pittore, con riferimenti a De Chirico, Botticelli e Picasso.

Alla fine della sua vita Dalì pare divenire astratto, molti dei suoi lavori lo svelano, soprattutto con l’incontro dello studio sulla teoria delle catastrofi (terremoti), e l’allusione verso le forme femminili.

Ogni quadro andrebbe raccontato in questa mostra, non ci si può discostare da questa consapevolezza; ne ho voluti citare solo alcuni, ritenuti più emblematici, ma questa non vuole essere una selezione ma un suggerimento emotivo atto a incuriosirsi al mondo surrealista e all’evento sopra citato.

Val la pena visitare la mostra? Se ci riferiamo ai singoli quadri il giudizio è soggettivo: Dalì può piacere o non piacere, perché se pur geniale spesso cade nel ridondante e nell’assurdo, con un senso del dipingere a tratti “leccato” all’estremo, quindi non vi può essere un giudizio oggettivo. Ma non ci si deve chiedere se la mostra va vista, la vera domanda da porsi è: la mostra va vissuta? Sì, indubbiamente, perché per la prima volta non si propone l’ingresso a un evento, ma il viaggio dentro un modo di essere magico.

Joseph Conrad diceva “ Come spiego a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?”. Ecco, Gala sicuramente non avrebbe avuto bisogno di spiegazioni, ma questo evento vuol semplicemente narrare come, per Dalì, che si guardi fuori da una finestra, attraverso un sogno o dentro noi stessi poco importa, il mezzo è solo una scusa per agire, La cosa semmai che a lui premeva maggiormente, e di cui far tesoro tutt’oggi, è che l’arte non va solo vista, ma concepita nell’assorbire il vivere quotidiano, aggredita, attenti a ogni situazione che evochi pensieri.

Questa mostra allora ci serva da monito per vivere percorsi nuovi, affinché gli occhi curiosi della mente divengano occhi del pensare comune, quelli di ognuno di noi.

 

Didascalie delle immagini

Fig. 1, Venere di Milo con tiretti, scultura, 1936-1964, Museum Boymans-van Beuningen, Rotterdam
Fig. 2, Impressioni d'Africa, 1938, olio su tela, Museum Boymans-van Beuningen , Rotterdam
Fig. 3, Sala Mae West, adattamento della Sala Mae West (Teatro Museo Dalí, Figueres) autorizzato dalla Fondazione Gala-Salvador Dalí, Figueres 1975 - Milano 2010
Fig. 4, Crocifisso, 1954, olio su tela, Musei Vaticani, Collezione d’Arte Religiosa Moderna, Roma

Fig. 5, Tavola solare, 1936, olio su tela, Museum Boymans-van Beuningen; già collezione Edward James, Rotterdam

Scheda tecnica

Il sogno si avvicina, Palazzo Reale, Milano, dal 22 settembre 2010 al 30 gennaio 2010
Orari: lunedì 14.30 – 19.30, martedì – domenica 9.30 – 19.30, giovedì e sabato 9.30 – 22.30.Costi biglietto: € 9,00, ridotto € 7,50, ridotto speciale € 4,50

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