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Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)
1973-2635
il 23 ottobre 2007.
Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).
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S’è fatto un nome. Artista di gran nome. Sono espressioni comuni per designare il raggiunto successo nella professione. In questo caso il nome, la firma, diviene il marchio, l’attestato di garanzia. Per il fatto stesso d’essere autografa del tale, un’opera d’arte è o non è tale. Ė un concetto genealogico vecchissimo, anzi antico, classico: qualis pater, talis filius. Riposa sulla convinzione che il sangue non sia acqua, che da leone non nasca pecora; o viveversa. E rappresenta l’essenza dell’arte italiana, che è figlia legittima di artefici, artefici singoli e uomini concreti; non di fenomenologie dello spirito. La vita autonoma delle forme, la storia dell’arte senza nomi, sono idee estranee alla sua componente psicologica, impostata sulla personalità, e difatti non son venute in mente ad italiani, affaccendati piuttosto nelle faccende dello stile. Gli italiani inventarono, nel Manierismo influenzato dal neoplatonismo, l’Idea, e affinarono il concetto nella temperie classicista del Bellori. Mai però gli artefici lo caricarono di una portata metafisica distinta e autonoma, di una realtà in sé indipendente e parallela all’opera concreta dell’artista.
Tra i due poli del nomina sunt conseguentia rerum e del nomina nuda tenemus la storia dell’arte italiana si è barcamenata a petto di fome materiali, uomini e oggetti. Anzi, si potrebbe dire che il carattere italiano della storia dell’arte sia precipuamente, fra le possibili dilatazioni interpretative dei due termini, quello di connettere l’uno con l’altro. Il conoscitore, l’attribuzionista, collega l’oggetto al nome, il quadro al pittore. Ė stato, dal Cavalcaselle (ma sarebbe agevole risalire di molto addietro), l’assillo o il fine della storia dell’arte italiana. L’arte è una cosa e la storia dell’arte un’altra: la prima fa le cose, le mette per così dire al mondo, la seconda le ordina e le interpreta. Ma prima di interpretarle le deve, appunto, ordinare; e per questo occorre, prima ancora, riconoscerle, nominarle. In principio, com’è sempre stato, c’è il caos o un nome. Da una parte tante opere senza certificato anagrafico, dall’altra tanti nomi senza opere. Gli uni tramandati dalle fonti, dai biografi, dai corollari documentari, le altre conservate più o meno intatte in ogni piega del territorio. Questi due insiemi coprono due aree che solamente in parte si sovrappongono, e in quel caso ai nomi corrispondono le opere; nella mente del conoscitore il nome è la funzione di un definito campo formale, uno stile. Quando è così il gioco è aperto: basterà individuare le altre opere sorelle o cugine per vie di stile. In tal modo un’acquisizione ne richiamerà un’altra, e così via. Ė scontato che se la testa di serie è sbagliata, tutto il resto segue. E anche che più la parentela si allarga, più l’impronta di famiglia si slava. Non a caso sono in uso varie gradazioni, formule precise, un po’ iniziatiche, le quali, in cambio di minimi segni grafici, comportano macroscopiche variazioni di valutazione economica. Giotto secco è una cosa, Giotto (?), attr. a Giotto un’altra. Giotto e bottega non è Bottega di Giotto, né scuola di Giotto e meno ancora maniera di Giotto. Per gli addetti ai lavori le ultime tre vogliono anzi dire chiaro che Giotto non è.
Per connettere un insieme con un altro ci vuole di necessità almeno un elemento comune, altrimenti le due entità rimangono distinte. Nessuna biografia, per precisa che possa essere, e nessuna descrizione mi potrà rappresentare la maniera di un autore di cui non conosco opere. Anche se posso immaginarmi per via ipotetica i connotati o perlomeno i contorni culturali dell’autore dalle notizie di secondo livello che ho sulla sua formazione e sul suo preciso ambiente professionale. Dall’altra parte potrò raggruppare un certo numero di opere omogenee stilisticamente: riconosco in esse la stessa mano, ma non so dargli nome e cognome. Così sono nati i vari maestri, Maestro del Trionfo della Morte, Maestro del Bambino Vispo, Maestro degli occhi spalancati, Maestro delle Tavole Barberini, Maestro delle figure anemiche, Maestro ironico, Maestro esiguo; e così si sono formati gli amici: Amico di Sandro, o si sono trovate altre figure collaterali: Pensionante del Saraceni, Parente di Giotto ecc. Più tardi si troverà forse un dentello di congiunzione, e magari sotto Amico di Sandro, Sandro Botticelli, si individuerà il figlio molto avventuroso del suo maestro Filippo Lippi, Filippino.
Il nome, nell’arte, è importante e si paga. Se la medesima opera cambia di considerazione e prezzo quando si scopra che è di Bronzino piuttosto che di Pontormo, o di Penni o Giulio Romano piuttosto che di Raffaello, è evidente che quella nozione di valore non dipende dalla qualità pura della forma, da quello per cui l’arte è quello che è. Si tratta piuttosto di valore aggiunto, una considerazione che porterebbe molto lontano. Basti dire che gli investimenti si fanno sull’autore, sulla sua quotazione e sono spesso considerati quali titoli, da chiudere in banca. Il valore dell’arte visiva diviene la causa della sua invisibilità. Una volta che un artista è registrato all’anagrafe come tale ciò che produce, sia quel che sia, riceve il marchio dell’arte. Ecco allora il gesto neoavanguardista ironico e polemico di Piero Manzoni con le sue famose scatolette di Merda d’artista, prodotto naturale garantito all’origine il cui prezzo era stato computato sull’equivalenza della quotazione dell’oro. Inutile sottolineare che oggi, rispetto a questo parametro provocatorio, quel prezzo è enormemente e del tutto seriamente, cresciuto. Ma non lo si creda un salto in avanti! In tal modo la qualità intrinseca dell’opera non è la base del valore dell’arte; ma l’opera è il solo e unico dominio dell’artista, che ha potere su ciò che fa, mentre ciò che la sua opera rappresenta è invece affare, in definitiva opera, altrui – del critico, del gallerista, del mercato, della contingenza economica, della Fortuna -. L’artista, autore dell’opera, è divenuto opera egli stesso.
Accanto ai nomi feticcio, da consumo culturale di massa, quanti nomi ci ha tramandato la storia dell’arte che quasi nessuno più ricorda? Sono nomi curiosi e fantasiosi, icastici e dissacranti che parlano di una realtà vissuta nel fare e in un preciso territorio. Ne riesumiamo alcuni, accostati a colleghi più noti, dalla penombra della storia. Una buonafonte d’insieme è la monumentale Storia dell’arte italiana di Adolfo Venturi, i cui volumi uscirono a Milano presso lo Hoepli dal 1906 al 1940. Ė ancora un importante repertorio di foto d’epoca e nomi, non necessariamente ammessi per esservi magnificati. Tra i tanti riporto l’esempio di Girolamo dal Toso “insignificante imitatore vicentino del Palma Vecchio in forme arcaistiche e stente”. Non si dimentichi che parecchi nomi d’artisti che usiamo d’abitudine sono contrazioni, Giotto, Maso; toponimi, Pontormo, Caravaggio; soprannomi, Calandrino, Buffalmacco, Caparra, Pilucca; diminutivi o vezzeggiativi, Donatello, Giottino o forme composite, come il peggiorativo del diminutivo che partendo da Tommaso – Maso –arriva a Masaccio, non già, ricorda Vasari “perché e’ fusse vizioso, essendo egli la bontà naturale, ma per la tanta traccurataggine”. Infine per i tre grandi, Leonardo, Michelangelo, Raffaello, è da tutti considerato sufficiente, come con i regnanti, il solo nome proprio. La loro altezza, reale e assoluta, non teme alcuna confidenza.
Per una volta presentiamo i nomi degli artisti non secondo le ragioni della storia e della cronologia, bensì in piena libertà creativa, secondo le suggestioni dell’arte e della parola, in una versione giocosa del nomina sunt omina. Li componiamo in gruppi, lasciando al lettore il piacere di individuarne il denominatore comune, semantico o poetico. Ė un modo per sottolineare la grande famiglia ideale dell’arte, la cui vena vitale oggi rischia di perdersi tra gli scavi freddi della scienza, della burocrazia e dell’economia. Questi nomi curiosi e polverosi ci ricordino allora che l’arte è opera di uomini e ne condivide il destino di vanità e oblio. Ma anche che questa debolezza è la sua forza, e che l’arte sola è capace di trasportare l’eterno presente della contemplazione attraverso il fiume del tempo, a patto che essa sia autenticamente sentita e partecipata, il che non può accadere nel rapporto disinfettato, interessato o timoroso dettato da analisi, cifre e norme.
Ercole Seccadenari
Cristoforo Stoparone
Giovan Tommaso Malvito
Antonio Ferraro, detto Imbarracocina
Vannuccio Biringuccio
Cesare Tamaroccio
Antonio delli Abbondi, detto lo Scarpagnino
Vittore Carpaccio, Scarpaccio per Vasari
Francesco Smeraldi detto Fracà
Nicolò di Cecco del Mercia
Francesco d’Angelo detto la Cecca
Andrea d’Assisi detto l’Ingegno
Antiveduto Grammatica
Bastiano da Sangallo detto Aristotele
Lorenzo della Sciorina
Cristoforo Gherardi detto Doceno
Giovan Battista Discepoli
Tommaso Masini, Zoroastro
Antonio di Massaro detto il Pastura
Francesco di Castello detto il Tifernate
Nicolosio Granello detto il Figonetto
Giovan Battista Gaulli detto il Baciccia
Bernardino Gatti
Enea Talpino
Leone Leoni
Bartolomeo della Leonessa
Bartolomeo Neroni, detto il Riccio
Riccio de’ Pericoli
Giovanbattista del Tasso
Paolo Uccello
Zuan Maria Padovano detto il Mosca
Simone Mosca
Guido Cagnacci
Lionello Spada detto Scimia del Caravaggio
Lorenzo Brazzi detto il Rustico
Girolamo Magagni detto Giomo del Sodoma
Zuan Zorzi detto Pirgotele
Giovanbattista Cambi detto il Bombarda
Pietro Marescalchi detto lo Spada
Biagio Pupini, detto Biagio delle Lame
Simone delle Spade
Lo Spadarino
Domenico Gargiulo detto Micco Spadaro
Antonio da Negroponte
Il Tamaroccio
Il Moccio
Nicolò di Sarsozzo
Andrea Calamecca
Rocco di Rapi
Pietro Gian Maria Bagnadore
Bartolomeo Ramenghi, detto il Bagnacavallo
Il Maestro di Serumido
Lorenzo Pecheux
Domenico Ricci detto il Brusasorci
Francesco Primaticcio
Vittorio Amedeo Raposo
Agostino de Fondutis
Antonio e Pietro Pollaiolo
Bernardino Fungai
Gian Giacomo Dolcebuono
Nicolò Frangipane
Bernardino Poccetti
Sandro Botticelli
Francesco Botticini
Jacopo da Empoli detto l’Ėmpilo
Benozzo Gozzoli
Coriolano Malagavazzo
Bernardo Strozzi detto il Cappuccino
Paolo Geri detto il Pilucca
Giovan Battista Trotti detto il Malosso
Francesco Marmitta
Carlo Dolci
Carlo Ceresa
Perino del Vaga
Antonio Circignani detto il Pomarancio
Antonio Susini
Altobello Meloni
Simone Martini
Margaritone d’Arezzo
Philibert Torret detto Narciso
Mario dei Fiori
Rosa da Tivoli
Benvenuto Tisi detto il Garofalo
Andrea Lilio
Ludovico Mazzolino
Girolamo del Pacchia
I Pacchiotti
Girolamo Pacchiarotti
Allegretto Nuzi
Vincenzo Pellegrini detto Pittor Bello
Bernardo Bellotto
Pietro Rozzolone
Il Graffione
Jacopo di Giovanni detto Jacone
Francesco Squarcione
Giorgio Schiavone
Girolamo Curti detti il Dentone
Alessandro del Barbiere
Maestro del Biadaiolo
Pippo del Fabbro
Andrea del Sarto
Bartolomeo Cavaceppi
Pompeo, Francesco e Gerolamo Frigimeliga
Dalmasio di Jacopo degli Scannabecchi
Domenico Bigordi detto il Ghirlandaio
Giuseppe Paglia detto il Bastaro
Giovan Francesco Penni detto il Fattore
Ascensidonio Spacca detto il Fantino
Bartolomeo di Paolo del Fattorino (ovvero Fra’ Bartolomeo)
Giovanni Mazzuoli detto il Bastarolo
Giovan Francesco Bembo detto il Vetraro
Giovanni Buonconsiglio detto Marescalco
Taddeo di Francesco Curradi detto il Battiloro
Jacopo del Sellaio
L’Ortolano
Rosso Fiorentino
Antonio e Bernardo Rossellino
Ottone Rosai
Salvator Rosa
Giuseppe Vermiglio
Baccio del Bianco
Isidoro Bianchi
Neri di Bicci
Jacopo detto l’Indaco
Cristoforo Solari, detto Il Gobbo
Giovanbattista da Sangallo detto il Gobbo
Vincenzo Guercio
Giovan Francesco Barbieri, il Guercino
Antonio Viviani, detto il Sordo
Antonio Maria Lari, detto il Tozzo
Marco e Giovanni Zoppo
Lo Zoppo di Gangi e lo Zoppo di Lugano
Mecatti ossia Capaccio
Manetto Ammannatini, il Grasso legnaiolo
Jacopo Robusti (Tintoretto)
Monocolo di Racalmuto
Cristofano dell’Altissimo
Giovanni Carnovali detto il Piccio
Vitale da Bologna
Morto da Feltre
Giuseppe d’Alvino soprannominato il Sozzo
Nicolò de’Pericoli detto il Tribolo
Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma e il Mattaccio
Joos di Cleef detto il Pazzo
Peter Van Laer detto il Bamboccio
Cerruti detto il Pitocchetto
Il Barbone, e il Barbalonga
Gherard Seghers
Giovanni del Sega
Andrea del Minga
Saturnino de’ Gatti
Munsù Bernardo
Agostino Busti, Bambaja
Pietro de Ingannatis
Giuliano Bugiardini
Angelo Inganni
Abate Baboccio da Piperno
Fra’ Giovanni Giocondo
Felice Ficherelli, detto il Riposo
Fra’ Marco Pensaben
Francesco Zen
Fra Diamante, Jacopo Vighi detto l’Argenta, Bernardino di Mariotto dello Stagno,
Agnolo di Cosimo detto Bronzino,
Sebastiano del Piombo, Palladio
Francesco Torbido detto il Moro
Domenico Beccafumi (da fanciullo soprannominato Mecherino)
Cesare Nebbia
Baccio e Francia Bigio
Nanni di Baccio Bigio
I tenebrosi
Jacopo Tintoretto
Gherardo delle Notti
Giovanni Claret
Giovan Gioseffo dal Sole
Topolino (scalpellino)
Giulio Cromer detto Croma
Zanetto Bugatto
Francesco Perezzoli detto Ferrarino
Francesco Malagrida
Antonio Tempesta
Francesco e Giuseppe Dattaro detti Picciafuoco
Antonio e Francesco Morandi, detti Terribilia
Pasquale Massacra
Antonio Tenerello
Annibale Caccavello
Il Rondinello
Il Temperello
Lorenzetto, Mariotto, Pinturicchio
Il Boccaccino, Masolino
Raffaellino, Mecherino, Bramantino
Didascalie delle immagini
Fig. 1, Pinturicchio (Bernardino di Betto), Disputa di Gesù con i dottori, affresco, Spello
Fig. 2, Parente di Giotto, Presentazione al Tempio, affresco, Assisi
Fig. 3, Maestro dagli occhi spalancati, Giugno, affresco, Ferrara
Bibliografia
G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori scultori ed architetti, 1° ed Firenze 1568
F. Baldinucci, Notizie de’ Professori del Disegno da Cimabue in qua, 1° ed Firenze 1681.
A. Venturi, Storia dell’arte italiana, Milano 1906-40
F. Corrado e P. San Martino, Scherzi d’artista, Torino 2008