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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Antonio Donghi. La magia del silenzio

 

 

La qualità più importante dell’arte di Antonio Donghi (1897-1963) riguarda quella che oseremmo definire una sorta di “armonia degli ossimori”, nel senso che, per alcuni aspetti, i soggetti popolari alle prese con azioni ordinarie (Le lavandaie, La pollarola, Donna alla toletta…) posseggono un’aura comune ai quadri di uomini e donne borghesi ripresi in salotto, intenti nelle loro attività pratiche, negli svaghi, oppure in scene familiari o all’aperto. Tale tendenza è stata definita realismo magico, Magischer Realismus – ecco l’ossimoro – grazie al felicissimo conio avvenuto nel 1925 per opera del critico tedesco Franz Roh, entro cui viene compreso il pittore romano, il quale, pur mantenendo una visione realistica del mondo aggiunge elementi “magici” che sfumano i confini tra fantasia e realtà.

Non a caso, dunque, continuando con gli ossimori, la mostra ospitata a Palazzo Merulana, in Roma, dal 9 febbraio al 26 maggio 2024, e curata da Fabio Benzi, porta il titolo Antonio Donghi. La magia del silenzio, e comprende trentaquattro capolavori provenienti dalla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Roma, dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna (GNAM), dalla Banca d’Italia, da UniCredit (la parte più cospicua, già patrimonio della Banca di Roma), da collezioni private e dalla Fondazione Elena e Claudio Cerasi, che nel loro insieme rappresentano l’intero percorso dell’artista, toccandone tutti i temi principali: i paesaggi di campagna e quelli urbani, le vedute romane e le nature morte, i ritratti e le figure in interni ed esterni, i personaggi del circo e dell’avanspettacolo. È presente perfino un olio su tela che ritrae Benito Mussolini, in uniforme militare, in sella a un cavallo bianco (Ritratto equestre del duce, 1937), che susciterà, di sicuro, più di qualche interrogativo…

Intanto c’è da ricordare che il pittore aderì al Partito Fascista nel 1925, ma riteniamo più per conformismo e per non essere intralciato nei suoi lavori, che prevedevano in quel periodo frequenti puntate all’estero, che per convinta adesione ideologica. Difatti, era un’artista schivo, introverso, poco incline alla loquela, a tratti misterioso, impenetrabile come i personaggi dei suoi quadri, così come l’evoluzione della sua pittura, che dal tradizionalismo ottocentesco nel giro di pochi mesi, tra il 1922 e il 1923, attuò una svolta repentina avvicinandosi all’ambito dell’avanguardia europea, che lo riconobbe subito come uno dei maestri più significativi del realismo magico e lo proiettò nell’orbita del successo internazionale. Nel dopoguerra e negli anni Cinquanta Donghi si viene a trovare in una posizione d’isolamento, dato che ribadisce il suo figurativismo (prevalgono i paesaggi laziali, toscani e liguri) proprio quando assistiamo al trionfo della ricerca astratta. “Astrattismo. Astrattismo. Astrattismo. Ovunque ti giri nun vedi che quadri astratti. E allora? Che dipingi a fa?” si chiede l’artista.

 Fig. 1, Caccia alle allodole

 

Fig. 2, L’ammaestratrice di cani


Fig. 3,  Donna alla toletta

Egli morì nel 1963, a soli 66 anni, ma la sua produzione era già da un decennio rarefatta, anche a causa dei vari problemi esistenziali, di salute (abbassamento della vista) e per via di vari disturbi nervosi. Successivamente, l’arte di Antonio Donghi cadde nell’oblio (a parte una retrospettiva dedicatagli nel 1965 nell’ambito dellaIX Quadriennale di Roma)forse perché ritenuta adiacente al ventennio fascista (?), per ritornare in auge negli anni Ottanta e Novanta. Ma soltanto nel 2007, prima a Roma, nel Complesso del Vittoriano e poi a Milano, a Palazzo Reale,si è realizzata una grande mostra monografica con 80-90 opere esposte tra olii, pastelli e disegni.

Ma anche l’esposizione in esame va apprezzata per rigore e completezza visto che si pone come approfondimento di uno dei principali nuclei pittorici rappresentati nella Fondazione Elena e Claudio Cerasi, che possiede ed espone in permanenza nella meravigliosa cornice di Palazzo Merulana, oltre a importanti opere di De Chirico e Severini, Mafai e Trombadori, Balla e Sironi, Scipione e Casorati, Antonietta Raphaël e Caprogrossi, tre fondamentali capolavori donghiani: Le lavandaie(1922), uno dei vertici assoluti del maestro; Gita in barca (1934), dal forte potere ipnotico ed evocativo, utilizzato peraltro, come manifesto dell’esposizione e copertina del catalogo; e Piccoli saltimbanchi (1938), dedicato al mondo circense.


Fig. 4, Figura di donna

 

Fig. 5, Fruttiera su un tavolo

Fig. 6, Il Giocoliere

Comunque, come già accennato in precedenza, seguendo l’ordito delle opere di Donghi provenienti dalle altre collezioni è possibile ricostruire interamente il suo percorso artistico, dal Minatore (1922) al Cacciatore (1924), da La Fontana dei cavalli marini (1922) al Paesaggio romano del 1923, da Ponte Cestio a Via del Lavatore, entrambi del 1924. E poi La pollarola (1925), altra opera paradigmatica, e il raffinato Ritratto di Lauro De Bosis (1924), il marchese, noto poeta e amico (morto nel Tirreno dopo il celebre volo su Roma del 1931) che lo favorirà traghettandolo in America, presso la New Gallery di New York, che gli dedicherà una personale: è l’affermazione decisiva su scala mondiale, che produrrà riscontri assai positivi anche dal punto di vista economico.

L’avvincente itinerario tra le sale del terzo piano di Palazzo Merulana (edificio splendidamente recuperato all’arte, già Ufficio di Igiene di via Merulana, 121) continua con Donna alla toletta del 1930, nella quale risaltano gli oggetti ordinari, disposti in un ordine prestabilito, quasi maniacalmente. E del 1935 sono Vaso di fiori Fruttiera su un tavolo, cui seguiranno i grandi dipinti della maturità: Il Giocoliere, del 1936, Figura di donna, dell’anno successivo, Caccia alle allodole e Ritratto di madre e figlia, entrambi del 1942, Ritratto di donna (1944), L’ammaestratrice di cani, del 1946, e a seguire tutti gli altri…

La maggior parte di queste tele possiede svariati elementi in comune, come la grammatica limpida e la costante attenzione al tratto, ai dettagli, alla nitidezza del disegno, forse per l’ansia di comunicare chiarezza agli spettatori. Sosteneva infatti il pittore romano: Nell’esecuzione ho voluto sempre finire, anche con scrupolosità, sperando che l’osservatore potesse leggere con chiarezza quello che io ho visto e sentito.”. Un altro elemento rilevante della poetica di Donghi riguarda l’atmosfera di fredda indifferenza, il richiamo alla poesia ermetica, la rappresentazione di un “silenzio rumoroso” (altro ossimoro), specchio del malessere del tempo, una sorta di male di vivere montaliano espresso nella fissità delle espressioni, nella malinconia di un’umanità sospesa. Si vedano a tale proposito gli sguardi femminili in Gita in barca, in Figura di donna del 1937,o negli altri meravigliosi ritratti.

 Fig. 7, Le lavandaie

 

Fig. 8, Vaso di fiori

Fig. 9, Ritratto equestre del duce

Nel contempo, tale staticità figurativa si può tradurre in primis in un’adesione alla tradizione di Giotto e Piero della Francesca e, in secondo luogo, alla familiarità con i tipi umani e le atmosfere del cinema e del teatro a lui contemporaneo. Un altro tema ricorrente della pittura – e del cinema – del primo ventennio del Novecento è quello circense, e delle maschere della commedia dell’arte (Arlecchino e Pierrot specialmente), ma l’influenza di Picasso si scorge pure nella monumentalità delle figure in opere come Le lavandaie La pollarola, veri e propri inni alla romanità popolare, e anche nel capolavoro Il Giocoliere, che appare bloccato nel suo movimento, con il cilindro in bilico, in precario equilibrio, sospeso tra classicismo e modernità, presagio di imminenti tragedie. Mistero, incertezza, “ambigua chiarezza” (ancora un ossimoro): era questo lo spirito del tempo?

 

Didascalie delle immagini

Fig. 1, Caccia alle allodole, 1942, olio su tela, 107x80 cm;

Fig. 2, L’ammaestratrice di cani, 1946, olio su tela, 93x71 cm;

Fig. 3, Donna alla toletta, 1930, olio su tela, 71 x 48 cm;

Fig. 4, Figura di donna, 1937, olio su tela, 76 x 50 cm;

Fig. 5, Fruttiera su un tavolo, 1935, olio su tela, 45x45 cm;

Fig. 6, Il giocoliere, 1936, olio su tela, 116x86,5 cm;

Fig. 7, Le lavandaie, 1922, olio su tela, 148x95 cm

Fig. 8, Vaso di fiori, 1935, olio su tela, 50x40 cm;

Fig. 9, Ritratto equestre del duce, olio su tela, 70x100 cm

 

Scheda tecnica

Antonio Donghi. La magia del silenzio a cura di Fabio Benzi, Palazzo Merulana, via Merulana 121, Roma. Dal 09/02/2024 al 26/05/2024, aperta dal mercoledì al venerdì con turni di ingresso ogni ora dalle 12 alle 20 (ultimo ingresso alle 19), sabato e domenica: dalle 10 alle 20 (ultimo ingresso ore 19.00). Biglietto intero euro 12.00, ridotto euro 10.00

Si ringrazia l'ufficio stampa di Palazzo Merulana per i materiali forniti
https://www.palazzomerulana.it/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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