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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

Fogli e Parole d'Arte

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Un maestro e una città. Mario Ridolfi e Terni

 

Se si sfoglia un manuale di storia dell’architettura, il nome di Mario Ridolfi risulta quasi sempre associato alla sua attività a Roma, con il famoso edificio delle Poste Italiane di piazza Bologna, in epoca fascista, e con gli interventi residenziali al quartiere Tiburtino e su viale Etiopia, nel dopoguerra. A mio parere, Ridolfi è stato spesso sottovalutato e se esistono articoli, saggi e monografie sul Ridolfi romano, solo in pochi testi si dà spazio alla sua importante attività a Terni. In generale, i principali riferimenti per l'opera dell'architetto sono i volumi Tutte le opere e Mario Ridolfi Architetto pubblicati nel 2004 dall'Accademia di San Luca di Roma (cui Ridolfi donò nel 1980 l'intero suo archivio professionale) per celebrare i cent'anni dalla nascita, il testo dell'editrice Electa Le Architetture di Ridolfi e Frankl, pubblicato nel 2005 e il catalogo della mostra del 2004 La città di Mario Ridolfi. Sicuramente, l'attività del maestro fu molto più ampia e variegata di quanto non risulti dalla manualistica comune.

Mi sembra necessario riflettere, prima di occuparmi di Ridolfi a Terni, su alcuni aspetti dell’urbanizzazione italiana negli ultimi 75 anni, ovvero a partire dal dopoguerra sino ad oggi. I temi dominanti sono stati la crescita demografica, la speculazione edilizia e l’assenza di piani per il futuro. Le città e cittadine cresciute di popolazione nel dopoguerra hanno sì saputo fornire case ai nuovi abitanti, ma senza progetti urbanistici tali da mettere ordine nelle nuove strutture e soprattutto nelle necessarie infrastrutture. La maggior parte dei comuni si è dotata di veri e propri quartieri-dormitorio malamente collegati con il resto della città, senza reti ferroviarie, senza sevizi sociali, costruiti secondo la regola unica della speculazione: si trasforma un terreno agricolo dividendolo in lotti densamente edificabili autorizzati dal comune, si evita di costruire ciò che non porta utili, e si moltiplica per cento il capitale iniziale. E se un piano regolatore o di fabbricazione prevede magari strade, giardini, scuole, parcheggi, ospedali, centri commerciali, quasi sempre quel piano resta disatteso senza che nessuno ne paghi le conseguenze.

 


Dettaglio del piano particolareggiato per Terni

 

Cercare in Italia città cresciute e controllate da autorità politiche dotate di buon senso e di un minimo di cultura è difficile; non a caso le eccezioni si trovano in quelle poche regioni sfuggite al malgoverno democristiano anche nel tempo in cui sembrava inattaccabile, e quindi in Emilia-Romagna, in Toscana e in Umbria, le cosiddette regioni rosse.

Tra queste eccezioni, Terni - capoluogo di provincia umbro - ha potuto e saputo approfittare della cultura e dell’intelligenza architettonica di Ridolfi, associato all’amico e collega di una vita, l’italo-tedesco Wolfgang Frankl, due ottimi architetti che a partire dal piano regolatore solo progettato negli anni Trenta e poi da quelli effettivi degli anni Cinquanta e Sessanta, hanno letteralmente improntato l’architettura del centro città e la struttura della sua periferia.

Vale allora la pena di fare una passeggiata a Terni, città oggi di oltre centomila abitanti, separata dai grandi flussi di traffico nord-sud ma raggiungibile facilmente in treno o in automobile, cercando le tracce del maestro.

Ridolfi, nato a Roma nel 1904, dopo una carriera di successo divisa tra la capitale e Terni, si era trasferito nel 1961 a Marmore, il paese di sua madre, proprio a ridosso delle celebri cascate artificiali dovute al genio ingegneristico degli antichi romani. Nella fase matura, concentrata più su Terni che su Roma, la vita dell’architetto fu segnata da incidenti e tragedie, in particolare la prematura scomparsa nel 1970 della moglie Lina, cui aveva dedicato a Marmore la nuova casa di famiglia, e infine la più che prematura morte di un figlio. Nel 1984, a ottant’anni Ridolfi scelse di lasciarsi morire nelle acque del Velino, che formano sia il lago di Piediluco sia le cascate. Nelle sue biografie si legge anche della delusione per alcuni progetti non realizzati, ma ogni architetto sa bene quanto sia difficile il passo tra l’idea e la sua realizzazione e, a fronte dei drammi famigliari e delle condizioni di salute, le delusioni professionali appaiono meno significative.

La città adottiva di Ridolfi, Terni, ha una storia rara per l’Italia, passata da importante municipio romano a villaggio medievale di scarso rilievo, e dall’Ottocento identificata con le sue industrie di produzione elettrica e di acciaio, oltre che come patria di San Valentino. L’acqua delle cascate determinò il passaggio da borgo a moderna cittadina di quarantamila abitanti tra XIX e XX secolo; tuttavia, sino al secondo conflitto Terni non seppe trovare aggiustamenti e concordia tra la sua borghesia arricchita e la classe lavoratrice, costretta addirittura a costruirsi da sola le proprie case.

La sorte di Terni moderna è quindi segnata nel bene e nel male dal suo ruolo chiave nella produzione di acciaio, che la segnala come bersaglio per l’aviazione alleata durante la seconda guerra; la città viene bombardata a tappeto e perde quasi metà dei suoi edifici. Ciò che accade dopo la guerra non è quindi un semplice riparare i danni, ma una ricostruzione vera e propria. Ridolfi, Frankl e il giovane ex-allievo Domenico Malagricci sono gli artefici dei piani regolatori che ridanno vita a Terni; i tre sono anche gli architetti di alcuni palazzi destinati a fare da riferimento obbligato per tutti gli interventi edilizi contemporanei e successivi.

Si legge nelle analisi dei piani urbanistici degli anni Cinquanta e Sessanta che Ridolfi e il comune avevano previsto una ulteriore forte crescita della popolazione, non avvenuta, e questo ha contribuito a non affollare la periferia e a garantire un certo respiro tra le strade. Ma nel disegnare e gestire un piano regolatore non si tratta di fare miracoli: il programma deve essere preciso, ordinato, basato su fatti e pieno di buon senso; il vero problema è seguirlo e farlo seguire. E Terni, pur con molti ritardi e qualche correzione, c’è riuscita. Si entra in città tramite i grandi viali e gli spazi ariosi di una periferia pensata e non improvvisata, per raggiungere un centro storico ben strutturato, con una sua precisa fisionomia che bilancia antico e moderno. Nel confronto con la vicina Viterbo, dal centro ben più ricco di storia eppure quasi abbandonato nel caotico intreccio di una periferia costruita senza criterio, Terni esce vincente con facilità: qui gli abitanti continuano a vivere la loro città, affollano il centro, forse si sentono un po’ ai margini della storia ma il loro orgoglio è tuttora nell’industria locale. Unica vera pecca, come sempre, la presenza eccessiva del traffico privato.

Ridolfi, Frankl e Malagricci formarono uno studio di architetti affiatati e attivi, pronti al contatto con il Comune e alla continua selezione di varianti ai progetti. La matita da disegno era lo strumento preferito da Ridolfi, che a mano libera schizzava, rivedeva, approfondiva i rapporti di luce e ombra, le dimensioni, le proporzioni, e dalle grandi cubature scendeva a dettagli sorprendenti, il ferro delle ringhiere, le piccole maioliche, i mattoni e i blocchetti di pietra.

La pietra di Terni, come di gran parte dell'area che dal Lazio interno procede sino all’Adriatico marchigiano e abruzzese, è un travertino non particolarmente bello, perché pieno di porosità e quindi di vuoti neri che lo rendono grigiastro all’aspetto; viene detto la pietra sponga, cioè spugnosa, ed è molto più robusta e solida di quanto non appaia a prima vista. Usata con accortezza risulta gradevole e di effetto rustico, più o meno come il tufo.

Ridolfi in molte sue case ternane mantiene una sorta di stilema: il telaio a vista in cemento armato, le tamponature in pietra sponga, piccoli elementi decorativi in maiolica. Decine di case a Terni hanno poi replicato questo modello, creando un'omogeneità sorprendente nel paesaggio urbano; la nostra passeggiata nel centro e nella prima periferia della città ce lo conferma senza ombra di dubbio.

Lo studio Ridolfi-Frankl-Malagricci ha lasciato in eredità all'accademia di San Luca di Roma un patrimonio straordinario, fatto di centinaia di disegni relativi alla sua lunga attività progettuale. E il sito dell'Accademia mette a disposizione – pur se coperti da copyright – questa mole impressionante di tavole a china, disegni tecnici, schizzi e fotografie in un sito web ben fatto e di facile consultazione. Le mie personali brevi considerazioni su quattro architetture ridolfiane a Terni può, o meglio deve essere integrata tramite i link diretti al materiale informativo e grafico dell'Accademia. Per l'opera complessiva di Ridolfi e compagni dal 1923 al 1984 la voce corrispondente è “opere e progetti”.

 

Casa Chitarrini a Terni 1949-1951

Considerata l'architettura di riferimento per la città nuova, casa Chitarrini è l'archetipo delle scelte ridolfiane nel capoluogo umbro. Non è una casa bella o brutta, elegante o rustica: è la casa giusta nel posto giusto al momento giusto. Una casa quindi che non suscita attenzione, ma di fatto determina una scelta urbana precisa, nitida, esemplare. Costruita in uno slargo creato dai bombardamenti, la casa propone lo schema ridolfiano di telaio in cemento e tamponature in pietra, con l'inserimento originale di balconi semicoperti, con l'aggetto a base triangolare.

Al piano terra, destinato alle attività commerciali, gli architetti lungimiranti definiscono la posizione delle insegne dei negozi creando una fascia di cemento che segue una linea spezzata.

L'analisi dei disegni del Fondo Ridolfi pubblicati dall'Accademia rivela le varianti progettuali e soprattutto i dettagli di lavoro previsti, dalle ringhiere alle serrande dei negozi, dai particolari delle finestre alla porta degli ascensori.

 

Fotografia di Casa Chitarrini (da Google Maps)

 

Fotografie di dettaglio di Casa Chitarrini (Giovanni Pinch)
 

 

Scuola media “Leonardo da Vinci” a Terni 1951-1961

La scuola media “Leonardo da Vinci” (alla quale oggi è stato aggiunto il nome di Osvaldo Nucula) segue la progettazione di Casa Chitarrini e ne ripropone il telaio, con l'importante aggiunta di due ali sporgenti, adibite a balconi (per la ricreazione dei ragazzi) che individuano gli ingressi e creano due forti emergenze dallo schema generale. Sotto ogni finestra, maioliche bianche e azzurre creano disegni geometrici sempre diversi, non esuberanti ma non irrilevanti, grazie a quel buon senso comune che gli architetti dimostrano in tutte le loro scelte.
La scuola si trova accanto a una chiesa romanica storica della città, San Francesco, e nella sua tranquilla eleganza si accorda bene alla severità del vecchio edificio.


La scuola e l'ingresso dal transetto della chiesa di San Francesco (da Google Maps)

  

 

Fotografie di dettaglio e facciate posteriori della scuola (Giovanni Pinch)

  

Case Franconi a Terni 1959-1962

Il corso del Popolo, dovuto ai piani di Ridolfi e Frankl del dopoguerra, è una delle arterie di ingresso al centro storico, con punto di riferimento il medioevale palazzo Spada sede del Comune di Terni. Segnato da edifici nuovi non del tutto allineati, il Corso entra nel centro raggiungendo due piazze collegate tra loro, circondate da edifici antichi e da edifici controllati dallo “stile Ridolfi”. Nei piani originali dello studio Ridolfi era anche previsto un nuovo palazzo per il Comune, che non è (ancora) stato costruito. Poco prima di quella che oggi giustamente si chiama piazza Mario Ridolfi, le due case Franconi chiudono il Corso del Popolo con estrema eleganza. I balconi qui diventano logge coperte, il telaio si mostra con maggior evidenza e l'aspetto massiccio, cubico, risulta smorzato dai vuoti delle logge e delle rientranze nei piani superiori. L'intero Corso del Popolo appare disegnato quasi dalla stessa mano, e si pone come asse amministrativo della città, tra sedi comunali e tribunale.

 

 Vista dall'alto (Google Maps) del corso del Popolo con evidenza sulle case Franconi

 Le case Franconi (Giovanni Pinch)

 

Complesso “Fratelli Briganti” a Terni 1959-1964

Destinato in partenza ad un ampio esercizio commerciale e ad un albergo ai piani superiori, il palazzo dispone di un porticato a piano terra per la visione delle vetrine e per una volta si serve di un rivestimento ceramico. Si è detto che l'affaccio verso la vecchi chiesa di San Pietro, rivestita di pietra sponga, spinse i progettisti ad evitare un confronto diretto e all'utilizzo di materiali diversi. Lo schema generale della facciata resta peraltro simile ai precedenti, apparentemente più piatto ma in realtà enfatizzato dalla lucentezza delle piastrelle e soprattutto dall'eleganza delle ringhiere che proteggono le porte finestre. Gli interni, viste le destinazioni, sono particolarmente curati e proponevano, nel 1965, la novità delle scale mobili per i visitatori. I disegni conservati all'Accademia rivelano ancora una volta l'ampio respiro della visione urbana dei progettisti e insieme l'attenzione millimetrica per i dettagli.


Il complesso "Briganti" e un dettaglio progettuale delle ringhiere esterne

 

 

 

 

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