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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Testuali parole

Norman Rockwell. Illustrare come narrare

Fig. 1

Norman Rockwell è l’artista più amato d’America. A dispetto del giudizio dei critici d’arte che per molto tempo hanno ignorato o denigrato le sue opere, in quanto realizzate per la riproduzione in copertine di riviste, biglietti d’auguri, calendari e pubblicità, egli ha realizzato i più affascinanti ritratti degli americani del XX secolo. L’arte “a libro paga” di Rockwell ha raggiunto un consenso di pubblico senza precedenti tra gli artisti figurativi del Nuovo Mondo e il suo cosiddetto realismo romantico ha fatto scuola e influenzato tutti gli illustratori venuti dopo di lui.

Nato nel 1894 a New York, il piccolo Norman sognava la campagna e temeva l’ambiente cittadino, amava la calma delle serate domestiche durante le quali suo padre leggeva ad alta voce i romanzi di Dickens alla famiglia e, mentre lui leggeva, Norman amava disegnare i personaggi. Il suo senso narrativo e la sua spiccata abilità nel cogliere i dettagli, sono germogliati certamente nel corso di queste lunghe serate d’infanzia. Negli anni a seguire Norman frequentò corsi nelle mFig. 2igliori scuole d’arte del tempo e proseguì, poi, nel ambito dell’illustrazione, sotto la guida di Thomas Fogarty. Quest’ultimo, nei suoi corsi, proponeva anche insegnamenti come il rispetto delle scadenze e la disponibilità nei confronti del cliente, formando la professionalità dei suoi allievi, che poi verificava procurando loro incarichi veri. Nel 1913, per esempio, Norman ottenne grazie a lui il posto di direttore artistico della rivista per l’infanzia Boy’s Life.

La vita di Rockwell si è caratterizzata per i continui spostamenti, prima al seguito di una madre problematica e poi a causa di crisi creative, matrimoni o divorzi. Costante è rimasto il suo amore per la tranquillità della vita di campagna, sebbene spesso il mestiere di illustratore per riviste lo costringesse ad abitare nei paraggi delle redazioni, e mai nelle sue opere troviamo segnali dei suoi problemi personali.

I suoi lavori più noti sono quelli per le copertine del Saturday Evening Post. Nel 1916 il giovane Rockwell, prese coraggio e portò a Philadelphia, all’allora direttore della rivista George Horace Lorimer, due dipinti e tre bozzetti, che vennero subito accettati e pagati (ogni dipinto venne pagato $ 75.00, una cifra davvero buona per uno sconosciuto illustratore diciottenne!). La prima copertina di Rockwell per il Post fu quella del 20 maggio 1916, intitolata Bambino con carrozzina (fig. 1). Essa ritrae un ragazzino, vestito con gli abiti buoni, che spinge una carrozzina e viene umiliato da due coetanei in uniforme da baseball, i quali lo prendono in giro per le sue mansioni e per l’aspetto da damerino. Tutto questo in un’immagine semplice ed immediata che aveva già tutto ciò che l’America imparò, poi, ad aspettarsi da questo artista: humor delicato, bambini graziosi ed uso sapiente del colore per attirare l’attenzione sui particolari. Per realizzare questo dipinto, Rockwell si servì di un solo modello, Billy Paine, che posò per tutti e tre i personaggi. L’arte di Rockwell era così legata al mondo dell’americano medio che i modeFig. 3lli in carne e ossa erano, secondo l’artista, indispensabili. Tra i suoi favoriti è da ricordare Dave Champion, proprietario di un’edicola, magro e dall’aria scontrosa, che Norman usava ritrarre accentuando gli spigoli della sua figura, per conferire un tocco umoristico alle pubblicità dei calzini Interwoven (fig. 2) o alle illustrazioni di Tom Sawyer, in cui interpretava un allampanato maestro di scuola.

Nonostante la sua predilezione per i modelli reali, Rockwell, a differenza della maggior parte degli illustratori come lui, non negò mai di fare uso della macchina fotografica ad ausilio della sua arte. Egli non realizzava personalmente le fotografie, ma si occupava della scelta dei soggetti e, in caso, della messa in posa. Il lavoro successivo consisteva nella fusione delle varie parti immortalate in una sola immagine. Le fotografie erano per lui una memoria visiva, servivano a tenere a mente particolari interessanti, scorci di paesaggio, scene divertenti o posture complicate, da copiare, magari, molti anni dopo averle scattate. Questo archivio di quasi ventimila immagini è, fortunatamente, conservato presso il Norman Rockwell Museum di Stockbridge (città in cui l’artista morì nel 1978), che raccoglie anche più di settecento dipinti dell’artista; proprio grazie ai curatori del museo in questo periodo è stata allestita una mostra fotografica al Brooklyn Museum di New York, intitolata Norman Rockwell: Behind the Camera (19 novembre 2010 – 10 aprile 2011, Brooklyn Museum, Robert E. Baum Gallery).

Fig. 4E non è questa l’unica mostra attualmente dedicata a Norman Rockwell negli Stati Uniti. Oltre alle esposizioni tematiche spesso organizzate all’interno del Norman Rockwell Museum - attualmente ve ne sono due: Norman Rockwell: home for the holidays e The problem we all live with) – lo Smithsonian American Art Museum di Washington ha organizzato una mostra particolare dal titolo Telling Stories: Norman Rockwell from the Collections of George Lucas and Steven Spielberg (2 luglio 2010 – 2 gennaio 2011, Smithsonian American Art Museum,Washington), che riunisce opere provenienti dalle collezioni private dei due famosi registi, che hanno sempre definito l’illustratore una fonte d’ispirazione per i loro film. Rockwell, in effetti, lavorava come un regista alla creazione delle sue scene: cercava i suoi modelli, li metteva in posa per realizzare schizzi e fotografie preliminari alla “messa in scena definitiva” e il risultato di questo lavoro erano immagini capaci di trascinare l’osservatore nella scena, inconsapevole degli artifici tecnici che le costituivano.

Questo artista è stato più un narratore che un illustratore puro e semplice. La sua abilità era quella di ritrarre realisticamente, anche se con forte sostrato romantico, gli americani nelle loro attività comuni e in particolari evocativi della vita di ognuno. Le illustrazioni, quindi, per quanto apparentemente semplici, avevano una forte spinta narrativa data dall’azione, dal contesto e dai particolari, che egli era così bravo a mettere in evidenza (figg. 3 e 4). In alcuni casi Rockwell si è avventurato anche nella descrizione di vere e proprie storie, con personaggi che il pubblico riconosceva e di cui seguiva l’evoluzione. L’esempio più noto risale agli anni della seconda Guerra Mondiale, in cui disegnò per il Saturday Evening Post una straordinaria serie di undici copertine, che avevano per soggetto le avventure di guerra di un giovane soldato semplice, Willie Gillis (fece la sua prima comparsa nell’ottobre 1941 e l’ultima apparizione nell’ottobre 1946). Rockwell scelse come modello per il suo personaggio il giovane Robert Buck, conosciuto ad una serata di quadriglia nel Vermont, di cui realizzò moltissime fotografie in posa, da utilizzare negli anni a seguire, quando Robert fu reclutato. Nel corso di cinque anni di copertinFig. 5e, il giovane Willie attraversava le tappe di una giovane recluta: tornava a casa in licenza, attirava l’attenzione di due belle volontarie, leggeva i giornali della sua città mentre preparava il rancio, trascorreva le ore di oscuramento con una ragazza carina e stringeva amicizia con un fachiro indiano. Nella sua ultima apparizione, a casa dopo la fine della guerra, Willie è rappresentato alla finestra, mentre studia per il college grazie al programma per militari sancito dal “G.I. Bill” (fig. 5).

Norman Rockwell lavorò costantemente per il Post fino al 1963 e realizzò le più memorabili copertine. Ritratti dell’America del Novecento come non se ne sono visti altri, ispirazione folgorante per tutti gli illustratori del periodo, anche quando la fotografia cominciava a soppiantare l’illustrazione nell’ambito delle riviste e delle pubblicità. Un personaggio da ricordare e da apprezzare, quindi, non solo per l’inconfondibile abilità nel ritrarre i bambini o per le innumerevoli deliziose cartoline di Natale che ha prodotto ogni anno e che fanno ormai parte del patrimonio iconografico di questa festa, ma per il ruolo centrale avuto nel raccontare l’America agli americani, con grazia, leggerezza ed innegabile abilità artistica.

 

Didascalie delle immagini

Fig. 1:
Bambino con carrozzina, 1916, olio su tela, cm. 53 x 47 (Stockbridge, The Norman Rockwell Museum).
Fig. 2:
Festa del papa, 1930 ca., olio su tela 84 x 66, pubblicità per i calzini Interwoven (collezione privata).
Fig. 3:
I cascamorti, 1941, copertina per il Post del 26 luglio 1941 (Stockbridge, The Norman Rockwell Museum).
Fig. 4:
Giorno di elezioni, 1948, copertina per il Post del 30 ottobre 1948 (Stockbridge, The Norman Rockwell Museum).
Fig. 5:
Willie Gillis al college, 1946, copertina del Post del 5 ottobre 1946 (Stockbridge, The Norman Rockwell Museum).

 



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