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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Testuali parole

Porno-Teo-Kolossal: l’ultimo film di Pasolini

 

Fig. 1

È difficile scrivere qualcosa di nuovo su Pier Paolo Pasolini. Praticamente impossibile, vista la bibliografia critica (giustamente) sterminata su questo artista. Va definito artista, Pasolini. Altre definizioni sarebbero riduttive: poeta, saggista, critico letterario, romanziere, sceneggiatore, regista, drammaturgo, traduttore da greco, latino e francese, scrittore di canzoni, giornalista, pittore. Una figura che per la vastità e precocità degli interessi e la portata consapevolmente rivoluzionaria della sua opera merita di essere paragonata più a Leonardo o a Michelangelo che agli altri intellettuali del Novecento, e che, quando se ne legge la biografia, assume dei connotati quasi mitici: tradusse alcune poesie di Saffo dal greco al friulano; si iscrisse all’università a diciassette anni perché gli avevano fatto saltare un anno al ginnasio: non ne aveva bisogno; scrisse la tesi di laurea con Roberto Longhi, salvo poi cambiare progetto e portare davanti alla commissione esaminatrice un’antologia sulla poesia di Pascoli; appena trentenne, a inizio anni Cinquanta, scrisse due antologie sulla poesia dialettale italiana, un argomento ancora oggi spesso visto come qualcosa di secondario.

Chi scrive non ha quindi la vana pretesa di avere qualche novità su Pasolini: l’obiettivo di queste pagine è però quello di dare spazio a un’opera pasoliniana non molto conosciuta. Tranquillizziamo il lettore, il titolo di questo scritto è mendace: l’ultimo film di Pasolini in ordine di tempo è Salò o le centoventi giornate di Sodoma, presentato postumo il 22 novembre 1975 al Festival di Parigi, a una ventina di giorni dalla morte dell’autore. Porno-Teo-Kolossal è il film che stava nella testa del regista e che secondo i suoi calcoli avrebbe dovuto entrare in lavorazione subito dopo Salò. Ne aveva già scritto buona parte della sceneggiatura, aveva già pensato a quali attori rivolgersi e in quali luoghi girare le scene. La trama, l’ossatura della storia, aveva subito negli anni qualche modifica, soprattutto nel finale, ma era rimasta nel complesso piuttosto definita: protagonista è Epifanio, un re magio che, in compagnia del suo fedele servitore Nunzio, si mette in cammino al seguito della stella cometa per andare a rendere onore al neonato Re dei Re. Durante il tragitto, però, si fa distrarre da ogni richiesta d’aiuto: sfama gli affamati, disseta gli assetati, cura i malati, aiuta i poveri, sotterra i cadaveri dei morti di guerra. Arriva al presepio di Betlemme e non trova il Salvatore: gli fanno sapere che il suo viaggio è durato così tanto che Gesù non solo se ne è andato da lì, ma è cresciuto, ha predicato e probabilmente l’hanno anche già crocifisso. Per il dolore, il cuore di Epifanio, ormai vecchio e stanco, non regge. A questo punto, Nunzio rivela la sua vera natura: è un angelo che prende per mano l’anima di Epifanio e la conduce in Paradiso. I due ascendono verso il cielo, ma Nunzio non trova il Paradiso. E con la notizia della mancanza del Paradiso avrebbe dovuto terminare il film.

Sono soprattutto due i motivi che rendono questo progetto non paragonabile alle altre numerose (infinite) idee che giravano per la mente di Pasolini e che gli conferiscono un particolare interesse. Anzitutto, sembra che Porno-Teo-Kolossal avrebbe dovuto essere l’ultimo film di Pasolini, il film con cui il regista avrebbe voluto chiudere la sua carriera cinematografica. Non possiamo ovviamente essere certi che questo intento sarebbe stato effettivamente seguito fino in fondo, anzi ultimamente erano molti i progetti di film che in qualche modo attiravano le attenzioni pasoliniane (pensava per esempio da tempo a un film sulla vita di san Paolo e a uno sulla vita di Socrate); ma durante i suoi ultimi mesi di vita, Pasolini ha più volte dichiarato ad amici e conoscenti la sua volontà di chiudere con il cinema1. È soprattutto un’intervista che sembra fugare ogni dubbio in questo senso:

«dopo Salò farò un film che mi sta molto a cuore e quindi mi isolerò nella mia casa di campagna per scrivere il libro della mia vita. È una decisione maturata con molta riflessione. Non rispettare questo ultimatum significherebbe rimandare ulteriormente il romanzo, un sacrificio al quale non voglio assolutamente rassegnarmi: non sono forse poeta prima ancora di essere un cineasta? La vita, come si vede, è un eterno ricominciare da capo. Diciamo che metterò la parola fine alla mia carriera cinematografica con Salò e il prossimo film»2.

Sembra quindi che Pasolini avrebbe di lì a poco impresso (o almeno avrebbe voluto imprimere) una svolta alla propria carriera nel senso di un ritorno a tempo pieno alla letteratura: effettivamente stava scrivendo Petrolio, romanzo che l’autore stesso ha più volte indicato come l’opera più importante della sua vita.

Fig. 2

Il secondo motivo che rende particolarmente interessante Porno-Teo-Kolossal è la sedimentazione di lunga data di questo progetto nella mente di Pasolini. Com’era dunque nata l’idea della storia del viaggio Epifanio e Nunzio al seguito della stella cometa che sembra essere così ben definita e imminente nel 1975? Serve un passo indietro, di almeno una decina d’anni. Secondo una testimonianza dell’amico e collaboratore Sergio Citti3, l’idea iniziale risale al periodo delle riprese di Uccellacci e uccellini (figura 1 e 2): in quel 1966 di lavoro, Pasolini rimase colpito dal volto e dalle caratteristiche attoriali di Totò e pensò a un soggetto per l’attore napoletano che avrebbe dovuto chiamarsi Il re magio randagio. È sempre Citti a riportare un secondo aneddoto sulla questione4: alla fine del 1966, quando Pasolini sta girando per la De Laurentiis Cinematografica l’episodio La terra vista dalla luna (novembre 1966) per il film Le streghe, è proprio il produttore Dino De Laurentiis a proporre a Pasolini un lavoro per la televisione americana a tema natalizio. È probabile che in tale occasione il regista abbia pensato di utilizzare la storia del quarto re magio ritardatario. Un’idea che, almeno al momento, muore lì. Il successivo lavoro cinematografico pasoliniano porta però in sé il seme di quest’idea; Che cosa sono le nuvole?, episodio del film Capriccio all’italiana (1968), è stato girato verso la primavera del 1967. Andrebbe ricordato anche solo per il gruppo di attori che vi presero parte: Totò, Ninetto Davoli, Laura Betti, Adriana Asti, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Carlo Pisacane, Domenico Modugno. La storia parla di un piccolo teatrino e di un gruppo di marionette che lì lavorano: stanno mettendo in scena l’Otello (la marionetta di Otello, alias Ninetto Davoli, è appena nata ed è alla sua prima recita). Durante la recita, però, il pubblico non approva il piano di Iago (Totò) per uccidere Desdemona (Laura Betti): si crea così la bieca e cieca reazione degli spettatori, che irrompono sul palco per difendere la dama. Ne fa le spese anche Otello, spinto all’omicidio della sua amata dalle menzogne di Iago. Nel tumulto causato dal pubblico, le marionette di Iago e Otello vengono spezzate: ormai inutilizzabili, sono gettate nei rifiuti: qui passa il netturbino (Domenico Modugno), che li raccoglie e li carica sul camion alla volta della discarica cantando la canzone Tutto il mio folle amore (scritta dalla coppia Pasolini Modugno, brano che si trova anche in apertura di episodio). Una volta tra i rifiuti nella discarica, Iago e Otello, per la prima volta, non vedono sopra le loro teste il soffitto del teatrino, ma il cielo. Così, l’ultimo attimo della loro vita diventa anche il più bello, il più intenso e, in un certo senso, il più vero, persi nella contemplazione di quelle nuvole che non avevano mai visto prima.

Fig. 3

Fig. 4

È anche l’ultima scena per Totò, morto solo pochi giorni dopo, il 15 aprile del 1967. All’inizio di questo episodio, un movimento di macchina ci fa vedere l’esterno dell’umile teatrino: su una parete di lamiera sono stati affissi i manifesti delle recite. Se ne vedono in tutto quattro, ognuno stampato su un quadro di Diego Velasquez. Uno è caduto a terra: vi si legge “La terra vista dalla luna” (episodio girato nel 1966) sopra il Ritratto di Diego de Acedo, el Primo (1644). Dei tre manifesti appesi, invece, quello di sinistra reca scritto sopra Las Meninas (1656): “oggi / Che cosa sono le nuvole / regia / Pier Paolo Pasolini”. Quello di destra rimane un po’ più laconico: la scritta sopra il quadro Il Principe Don Baldassar Carlos con un nano (1632) recita solo “prossimamente Mandolini”. Il manifesto centrale è per noi il più interessante, perché vi si legge sopra il Ritratto di Filippo IV a Fraga, uno dei tanti che Velàzquez fece a questo monarca: “Domani / le avventure del re magio randagio / e il suo schiavetto Schiaffo” (figura 3 e 4). Sembra quindi che già nel 1967 Pasolini ci abbia dato un’indicazione sull’imminenza del progetto legato alla storia del re magio. Doveva esserci inoltre una sorta di unità di intenti, un qualcosa che accomunasse i quattro titoli che si leggono sui manifesti del teatrino: tra i già realizzati La terra vista dalla luna e Che cosa sono le nuvole? da un lato e i futuri Le avventure del re magio randagio e il suo schiavetto Schiaffo e Mandolini dall’altro. In effetti, queste quattro opere hanno (avrebbero dovuto avere) molto in comune e, stando alle parole dello stesso Pasolini in un’intervista rilasciata ad Adriano Aprà5, nascono tutte da un filone che ha preso vita con Uccellacci e uccellini: dalla voglia di un racconto puro, fiabesco e picaresco, quasi fumettistico, dallo stile debole un po’ alla Rossellini, costruito sui volti di Totò e Ninetto6. È ovvio che il tema del viaggio, presente in tutte queste opere, sia particolarmente indicato a un racconto per coordinate, a una serie di episodi l’uno dopo l’altro senza un forte rapporto di causalità tra le scene. Parte della critica è concorde nel vedere in Uccellacci e uccellini l’inizio di una nuova fase della cinematografia pasoliniana proprio sulla base di questi elementi. Porno-Teo-Kolossal (o, meglio, Le avventure del re magio randagio) avrebbe dunque dovuto appartenere a questa nuova fase. Ma poi le cose cambiarono: «Probabilmente, se Totò fosse vissuto, avrei continuato sulla linea di Uccellacci e uccellini»7, dichiara lo stesso Pasolini. Erano molti i ruoli che Pasolini aveva pensato per quella che ormai era la coppia fissa di attori del suo cinema, Totò e Ninetto (figura 5 e 6): un film tratto dal libro L’attenzione di Moravia, un Pinocchio (i ruoli: Totò-Geppetto, Ninetto-Pinocchio, Franca Valeri-la volpe, Pasolini-grillo parlante), un film a episodi intitolato Che cosa è il cinema o Smandolinate (anzi, per un certo periodo, la storia del re magio, con il titolo Magi randagi, doveva entrare a far parte proprio di questo film a episodi)8.

Fig. 5

Fig. 6

 

La morte di Totò deve quindi avere arenato tutti questi progetti, compresa la storia del re magio, che per un po’ sembra nuovamente finire in secondo piano; così, l’attenzione di Pasolini si volge ad altro. Dopo aver ultimato le riprese di Che cosa sono le nuvole?, Pasolini comincia subito a girare il prossimo film, Teorema, uscito nel settembre del 1968. Comunque, anche le sorti di questo film si intrecciano con quelle del progetto che poi prenderà il nome di Porno-Teo-Kolossal: alcune sequenze di Teorema sono infatti girate nella residenza di Zelata di Bereguardo, nel pavese, di Giulia Maria Crespi, proprietaria per conto del padre Aldo, allora malato, del Corriere della Sera, oggi presidentessa onoraria del FAI e amica di Pasolini. La Crespi chiede a Pasolini, come ideale risarcimento per avergli concesso la casa per le riprese del film, un testo che i propri figli potessero recitare in occasione del Natale del 1968. Cosa che Pasolini, nonostante fosse in partenza per un viaggio che lo avrebbe portato in Africa, puntualmente scrive. Recuperando la storia del re magio ritardatario.

Siamo finalmente arrivati a un testo scritto che dà consistenza fisica a un’idea che fino a questo momento era rimasta nel cassetto delle intenzioni. Il testo viene spedito all’interno di una lettera che Pasolini scrive a Giulia Maria Crespi nel dicembre del 1968 e che fortunatamente è stata conservata fino alla pubblicazione nel 20019. Pasolini tratteggia in queste poche pagine un racconto breve e fortemente vivace, senza troppe descrizioni, con uno stile, ancora una volta, volutamente debole, proprio più della tradizione orale che di quella scritta. Una favola tramandata oralmente, che ricorda per la schiettezza e la velocità quasi istintiva alcuni dei suoi lavori cinematografici: da La ricotta (episodio del film Ro.Go.Pa.G., 1962), ad alcune sequenze di Uccellacci e uccellini (1966), fino a Che cosa sono le nuvole? (1968). È interessante il paragone che lo stesso Pasolini, nella lettera, indica tra il suo re magio e Camillo Torres, lo storico sacerdote-guerrigliero colombiano assassinato nel 196610; pure interessante è la citazione del film L’arpa birmana del 195611, pellicola di Kon Ichikawa, in cui il soldato protagonista rimane talmente scosso dalle distruzioni della guerra da consacrare la propria vita alla causa degli ultimi. La vicenda del re magio che ritarda il suo incontro con il Salvatore per prestare soccorso a chi ne ha bisogno diventa così il pretesto, anche in un racconto di pochissime pagine, per introdurre e trattare temi di vastissima portata: la situazione sudamericana, la guerra in Vietnam, la carità cristiana, la demagogica isterìa di massa del Natale. Tutto questo, in una corrispondenza privata. Alcune righe del racconto contenuto nella lettera:

«E cammina e cammina, ecco che i due s’imbattono… in una guerra… Be’, sarà stata una guerricciola tra Pandizucchero di Sopra e Pandizucchero di Sotto: comunque sempre una guerra era. […]

Il re Scucchione e il suo servo Baffetti si trovano davanti a un campo di battaglia pieno di morti, sotto la luna. Come ne L’arpa birmana, i due cominciano a sotterrarli, sono tanti, e quante buche da fare. Ma poi, dopo averli sotterrati, vuoi fargli un piccolo monumento in ricordo […]. Così cominciarono a rosicchiare sul tesoro da portare al Re dei Re. Dopo i morti sarà la volta degli ignudi che verranno vestiti. E così bisogna rosicchiare ancora un po’ sul Tesoro della Fede […]. Dopo gli ignudi ecco gli affamati, e dopo gli assetati, ecco i malati. Quanto ha dovuto aspettare quella Stella! Quando il re chiacchierone e il suo servo musone ricominciarono a seguirla, il Tesoro non c’è più. Vanno a mani vuote. […]».

Finalmente, i due arrivano al Presepio, colpevolmente in ritardo.

«Il Re dei Re è nato, è cresciuto, e se ne è andato: forse è già morto in croce. Lì in quella vecchia stalla non c’è che l’inutile luce della stella. Disperato, eccolo là, il re tira le cuoia. A questo punto, colpo di scena: il servo Baffetti, musone e faccia da schiaffi, si stacca i baffetti, getta via il vestitaccio guitto, si leva il berrettaccio malandro da Fraccanappa e ne viene fuori un ragazzo radioso, tutto un sorriso, fulminante e inesauribile. Suona una bella musica, una danza celeste. L’Angelo, perché di un angelo si tratta, prende per mano il re morto, che si risveglia, si rende conto, felice e contento, di ciò che sta succedendo, e così i due, tenendosi per mano e ballando, si allontanano…ma sì, verso il Cielo».12

Negli anni successivi, la produzione cinematografica pasoliniana toccherà il culmine: tra la fine degli anni Sessanta e la prima metà della decade successiva, il regista realizza sette lungometraggi. I viaggi in Africa e in India sfoceranno rispettivamente in Appunti per un film sull’India (1968) e Appunti per un’Orestiade africana (1970); inoltre, il regista realizzerà: Porcile (1969), Medea (1970), Il Decameron (1971), I racconti di Canterbury (1972), Il fiore delle mille e una notte (1974). A questa già consistente mole di impegni vanno aggiunte tutte le faccende non strettamente cinematografiche, dall’attività come giornalista (gli impegni presi con il Corrieredella Sera e Il Mondo), a quella di scrittore (nel 1971 pubblica la raccolta di poesie Trasumanar e organizzar, nel 1972 nascono le prime righe di Petrolio e pubblica la raccolta di saggi Empirismo eretico) e, non ultima, l’incombenza più fastidiosa e dolorosa: quella processuale legata al sequestro che più o meno puntualmente colpisce i suoi film. Per qualche tempo, quindi, la storia del re magio viene nuovamente accantonata, almeno per quello che possiamo presumere, persa tra mille altri progetti di film, soggetti, sceneggiature (incombente sembra in questa fase il San Paolo, che ora ha preso il titolo di Bestemmia, pensa poi a una trilogia sull’Enrico IV di Shakespeare, a un film sul genocidio dei sanniti e, ancora, a uno sulla vita di Socrate).

La ritroviamo verso la fine del 1973: il 29 dicembre, in un articolo pubblicato su Il Giorno, Pasolini, appena ultimata quella che la critica chiama la Trilogia della vita, ossia i tre film IlDecameron, I racconti di Canterbury e Il fiore delle mille e una notte, parla anche del suo prossimo progetto. Il regista dichiara di aver scritto un trattamento di cinque cartelle dal titolo Il cinema in cui si narra la storia del viaggio di un re magio; aggiunge anche che la vicenda sarebbe stata ambientata a Napoli, come pure napoletani avrebbe voluto i due protagonisti: non potendo più servirsi dell’arte di Totò, morto da ormai cinque anni, il regista pensa ora di proporre la parte a Eduardo De Filippo (figura 7). L’attore è però in una fase critica, sia perché in tournee con la propria compagnia teatrale lungo tutta l’Italia, sia per i problemi cardiaci che lo porteranno di lì a breve a sottoporsi a un intervento al cuore per avere un peace-maker. La collaborazione Pasolini De Filippo, nonostante la grande e reciproca stima, rimane quindi in sospeso.

Fig. 7

 

Il cinema rappresenta il primo vero testo in cui viene messa nero su bianco e con una certa precisione la storia del re magio:

«Due personaggi che fanno un viaggio (scoperta del mondo, cfr. Don Chisciotte). Il viaggio è guidato da una escatologia ideologica: lo scopriremo senza volerlo, guidati da un altro falso scopo. Credendo di raggiungere un fine, si scopre la realtà così com’è senza alcun fine»

Nel finale di questo soggetto c’è una piccola ma rilevante novità rispetto alla storia così come era stata narrata nella lettera a Giulia Maria Crespi del 1968; infatti, quando i due protagonisti ascendono al cielo, ora scoprono che il Paradiso non c’è:

«egli [il servo] è un Angelo e prende per mano il Re Mago per portarlo nel Paradiso, che si è comunque meritato. Ma il Paradiso non c’è. I due si voltano indietro come la Figlia di Lot e restano di sale. (Si voltano indietro verso il mondo della realtà, di cui hanno scoperto i valori cercandone altri)»13.

Altra novità: il viaggio del re magio è ora scandito da cinque tappe, raggiunte da Epifanio e Nunzio in treno (tra cui la patria del protagonista, una Napoli intrisa di religiosità popolare spinta fino al fanatismo e alla superstizione, una Milano-Gomorra in preda al caos e alla violenza, una Roma-Sodoma in cui vige la più libera pratica omosessuale, e una Parigi democratica e socialista, assediata da un esercito che ricorda quello dei marines americani e che si rispecchia in Numanzia, la città che si ribellò ai Romani e che preferì il suicidio di massa che la resa a Scipione l’Emiliano nel 133 a. C.). Inoltre, cambia anche l’agire nel mondo del re magio: aiuta, è vero, le persone, ma le aiuta a realizzare tutti i loro peggiori vizi: dà soldi ai drogati affinché si possano comprare le dosi, aiuta coppie di amanti a incontrarsi, finanzia alcuni terroristi. È il culmine della carità cristiana, il gesto totalmente disinteressato, il compatire (cioè, patire insieme, partecipare alla sofferenza) più puro, più genuino. Il Cinema rappresenta quindi una fase già piuttosto avanzata e ben definita nell’elaborazione della storia del re magio. Ma ancora una volta, altri progetti passano avanti in quel 1974: Pasolini torna sul progetto del San Paolo, ora chiamato Bestemmia, dando una sistemata a questa sceneggiatura. Alla fine, prevale però un altro progetto ancora, più recente: la stesura della sceneggiatura assieme a Pupi Avati e Sergio Citti di Salò o le centoventi giornate di Sodoma. Il produttore Antonio Grimaldi assicura il finanziamento, le riprese partono a marzo 1975 e impegnano Pasolini per tutta l’estate. Mentre sta ultimando i lavori di Salò, sembra quindi finalmente pronto a dedicarsi a Il Cinema, che nel frattempo chiama Porno-Teo-Kolossal (un kolossal pornografico-teologico): ribadisce questo intento anche durante la conferenza stampa per Salò. Il 24 settembre 1975 spedisce una lettera a Eduardo De Filippo per proporgli (nuovamente) il ruolo del re magio. Deve collocarsi agli stessi giorni l’ultima stesura della sceneggiatura di Porno-Teo-Kolossal; non è scritta, ma dettata al registratore. Certo, mancava una sceneggiatura vera e propria e mancava pure qualsiasi certezza sui finanziamenti (chi avrebbe finanziato ancora il regista dopo un film come Salò o le centoventi giornate di Sodoma?). Ma Porno-Teo-Kolossal era ormai ben definito nella mente di Pasolini, abituato tra l’altro a lavorare senza sceneggiatura, seguendo i propri appunti, affidandosi più a un canovaccio che a un copione, “inventando” di giorno in giorno le sue opere cinematografiche, così come era accaduto almeno per le più recenti. A novembre il film sembra davvero essere imminente: la sera del 2 novembre Pasolini e Ninetto Davoli si incontrano per discutere del ruolo del servo Nunzio, l’aiuto regista Umberto Angelucci avrebbe dovuto cominciare i sopralluoghi a Roma il giorno dopo. Ma non li cominciò: la mattina del 3 novembre, l’Italia si sveglia con la notizia della morte di Pasolini.

Non avendo la controprova dei fatti, non possiamo dire con sicurezza se Pasolini avrebbe davvero dato vita a Porno-Teo-Kolossal o si sarebbe concentrato ancora una volta su altri progetti. Una parte della critica vede l’ultimo film di Pasolini, Salò, come il primo capitolo di una Trilogia della morte che avrebbe dovuto continuare con Porno-Teo-Kolossal e con Bestemmia, da contrapporre idealmente alla Trilogia della vita di inizio anni Settanta (Il Decameron, I racconti di Canterbury e Il fiore delle mille e una notte). Il film su san Paolo, in effetti, ha molto in comune con Porno-Teo-Kolossal: anzitutto, sono nati nello stesso periodo, sul set di Uccellacci e uccellini (1966) ed entrambi hanno quindi avuto una elaborazione lunga dieci anni; condividono anche la tematica del viaggio ideologico religioso, un viaggio che ben si presta a illustrare violenza, conformismo, superstizione, corruzione dilaganti. Ed è interessante notare che i due protagonisti di questi film mai realizzati hanno avuto, nella mente del regista, un’evoluzione del tutto simile: san Paolo, nella versione di Bestemmia che risale al 1974, ed Epifanio, nella versione de Il Cinema del 1973 e nella versione di Porno-Teo-Kolossal nel nastro registrato del 1975, smettono di essere eroi positivi; non si tratta più di paladini che combattono le ingiustizie del mondo, ma di piccoli uomini che di quelle ingiustizie si rendono partecipi e complici: Epifanio aiuterà ogni tipo di criminale, mentre san Paolo fonderà una Chiesa che è solo autoritarismo e sopraffazione, inconsapevolmente aiutato da Satana travestito da Dio. Al di là dei legami con le opere precedenti, come per esempio la tematica del viaggio, l’ideologia religiosa, la passione per il racconto puro, la rappresentazione di un’umanità cinica, infernale e quasi dantesca all’interno di un grande affresco corale, quello che sembra davvero dare un altro passo a Porno-Teo-Kolossal e Bestemmia è questa rinnovata ottica negativa: il mondo di Pasolini sembra ormai essere costruito su fondamenta marce, su contraddizioni senza soluzione. Una sorta di discesa negli Inferi del mondo che trova una puntuale corrispondenza in alcuni passi di Petrolio, come i racconti Il Merda e I Godoari. Un’ottica che trova la sua massima espressione, ovviamente, in Salò o le centoventi giornate di Sodoma. E in effetti, Salò, con la sua sofferenza e le sue morti così senza motivo, assolutamente inutili e superflue, sembra segnare un nuovo corso nella concezione pasoliniana, in cui la morte non ha più alcun senso, alcuna necessità14. Gli ultimi personaggi cinematografici di Pasolini muoiono senza un perché, in modo assolutamente gratuito e superfluo. Doveva andare nella stessa direzione il finale di Porno-Teo-Kolossal: anche se molto più dettagliata, la versione del 1975 (quella dettata al registratore) presenta più o meno lo stesso svolgimento della versione del 1973, quella intitolata Il Cinema, ma una sfumatura nel finale acuisce il senso di amaro in bocca e disillusione. Nunzio, dopo aver rivelato la propria natura di angelo, prende per mano l’anima di Epifanio, appena spirato, e gli dice:

«Namo, omo de bona volontà!».

I due cominciano a salire verso il Cielo e, come nella versione del 1973, non trovano il Paradiso. Ma adesso Nunzio pronuncia una battuta che getta una nuova luce sul finale:

«Nunzio si guarda inquietamente intorno, nelle altezze vertiginose del cosmo, come cercando di orizzontarsi.“Eppure stava qua”»15.

Se Epifanio e Nunzio possono ancora entrare nel Regno dei Cieli nel 1968, nel 1973 questa ricompensa è del tutto negata, perché il Paradiso non esiste. Ma nel 1975, la prospettiva è ulteriormente e definitivamente peggiore: il Paradiso, prima esistente, ora non c’è più, come se qualcosa o qualcuno ne avesse decretato la scomparsa. Con questa nota di amara beffa, di contraddizione irrisolta, doveva chiudersi il film16.

 

 

Didascalie delle immagini

Figura 1 e 2, Due scatti che ritraggono Pasolini, Totò e Ninetto Davoli sul set di Uccellacci e uccellini.

Figura 3 e 4, Fotogrammi del film Che cosa sono le nuvole? che mostrano i manifesti appesi fuori dal teatro in cui si svolge la vicenda.

Figura 5, Totò e Pasolini sul set di Uccellacci e uccellini.

Figura 6, Ninetto Davoli e Pasolini.

Figura 7, Eduardo De Filippo, «il più grande attore italiano».

 

Note con rimando automatico al testo

1 E. Siciliano, Vita di Pasolini, Rizzoli, Milano 1978, p. 381. A. Bertini, Teoria e tecnica del film in Pasolini, Bulzoni, Roma 1979, p. 160.

2Intervista a Dino Taranto in Pier Paolo Pasolini. Le regole di un’illusione. I film, il cinema, a cura di Laura Betti e Michele Gulinucci, Roma 1991, p. 315.

3 F. Faldini e G. Fofi, Il cinema italiano d’oggi 1970-1984, Mondadori, Milano 1984, pp. 18-19.

4 Note e notizie sui testi, in P.P. Pasolini,Per il cinema, a cura di W. Siti e F. Zabagli, 2 volumi, Mondadori, Milano 2001, p. 3233, II volume. Cfr. anche T. Subini, La necessità di morire. Il cinema di Pier Paolo Pasolini e il sacro, EdS editore, Roma 2007, pp. 102-103.

5 Intervista rilasciata ad Adriano Aprà in P.P. Pasolini,Per il cinema, a cura di W. Siti e F. Zabagli, 2 volumi, Mondadori, Milano 2001, p. 2944, II volume.

6 Per capire cosa è Mandolini: il 17 novembre 1975 viene pubblicato su Gente uno scritto postumo di Pasolini con il titolo Quasi un testamento; ci sono alcune righe su De Filippo, che viene definito il più grande attore italiano, in cui si legge che Pasolini aveva pensato per lui a un testo teatrale in napoletano intitolato Mandolini: lo stesso titolo che si legge su questo manifesto in Che cosa sono le nuvole? nel 1967. È lecito immaginare che, a quest’altezza cronologica, Mandolini sia stato pensato per Totò. Pasolini non poteva ancora sospettare che alla fine entrambe le vicende, quella de Le avventure del re magio randagio e quella di Mandolini, sarebbero state immaginate sul volto di De Filippo a causa della morte di Totò (1967): per un caso, quindi, le sorti di Porno-Teo-Kolossal e di De Filippo si erano incrociate prima ancora di quanto lo stesso Pasolini potesse immaginare.

7 Intervista rilasciata ad Adriano Aprà in P.P. Pasolini,Per il cinema, a cura di W. Siti e F. Zabagli, 2 volumi, Mondadori, Milano 2001, p. 2942, II volume.

8 L. Salvini, I frantumi del tutto, CLUEB, Bologna 2004, p. 25.

9Lettera a Giulia Maria Crespi, in P.P. Pasolini,Per il cinema, a cura di W. Siti e F. Zabagli, 2 volumi, Mondadori, Milano 2001, pp. 2758-2760 , II volume.

10 Ibidem, p. 2758.

11Ibidem, p. 2758.

12Ibidem, pp. 2758-60.

13Note e notizie ai testi, in P.P. Pasolini,Per il cinema, a cura di W. Siti e F. Zabagli, 2 volumi, Mondadori, Milano 2001, p. 3231, II volume.

14 Su questa mancanza di senso della morte degli ultimi personaggi pasoliniani, specchio di una visione più cupa e forse più pessimistica da parte di Pasolini sul mondo, cfr. T. Subini, La necessità di morire. Il cinema di Pier Paolo Pasolini e il sacro, EdS editore, Roma 2007, pp. 98-104.

15Porno-Teo-Kolossal, in P.P. Pasolini,Per il cinema, a cura di W. Siti e F. Zabagli, 2 volumi, Mondadori, Milano 2001, pp. 2751-52, II volume.

16 Ultimo capitolo della storia di Porno-Teo-Kolossal: Sergio Citti prese spunto da questo progetto pasoliniano per realizzare il film I magi randagi, uscito nel 1996. L’esito finale di questo film è però molto lontano dalla vicenda del re magio ritardatario così come era stata pensata da Pasolini e, per questo, l’opera di Citti non può essere considerata la realizzazione di Porno-Teo-Kolossal.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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