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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

Fogli e Parole d'Arte

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Testuali parole

M. C. Escher. L'arte del puzzle e il puzzle dell'arte

Analisi dell'opera di Escher 

 

 

(Questo articolo, pubblicato il 19 marzo del 2008 nella precedente edizione della rivista Fogli e Parole d'Arte, al momento della ristampa nella nuova edizione era stato letto da 7742 lettori)

 

A poco meno di quattro anni dall'ultima occasione, la grande mostra “Nell'occhio di Escher” organizzata in Campidoglio, a Roma si torna a celebrare il genio di Maurits Cornelis Escher, uno tra gli artisti moderni più noti al grande pubblico. Leggendo il comunicato stampa apprendiamo la motivazione della nuova mostra: “In occasione della seconda edizione del Festival della Matematica, che quest’anno ha per titolo La regina delle scienze e delle arti”, .... [il Festival dedicherà ad Escher] una sezione con una conferenza del matematico H.W. Lenstra che ha recentemente risolto uno dei problemi posti dall’opera del grande grafico olandese. Escher è considerato tra gli artisti quello che più di altri evidenzia lo stretto legame che lega l’arte alla matematica riuscendo a visualizzare in un contesto surreale strutture matematiche come l’infinito, la geometria non euclidea, i paradossi logici legati all’autoreferenza. La sua originalità matematica la si può riconoscere soprattutto nelle meravigliose tassellature, che racchiudono tutto il fascino matematico della sua genialità... Verranno esposte 66 opere originali tra xilografie, litografie, disegni ed acquarelli. ”. Escher probabilmente avrebbe condiviso questa impostazione, matematica più che artistica (a prescindere dalle incertezze grammaticali contenute nel comunicato...), lui che pretendeva di non essere assimilabile ad altri, e certamente la condividono tutti coloro che ritengono l'arte un'espressione più tecnica che emotiva, più calcolata che istintiva. Tuttavia, qualche dubbio sulla effettiva matematicità dell'opera di Escher e sul suo essere peculiarmente un tecnico, un calcolatore, un iper-razionale, permane in quanti credono che nessun artista possa esistere da solo, cioè senza contatti associativi col suo tempo, e senza componenti di pura irrazionalità creativa nella sua capacità produttiva.

Fig. 1

 

Cinque temi

Prima ancora di seguire o di cercare un percorso, tuttavia, raggruppiamo con qualche approssimazione le ricerche di Escher secondo cinque grandi temi, che ci serviranno per avere un quadro generale introduttivo sulla personalità e sugli elementi tipici dell'artista.

a) Forme naturali. Gran parte della produzione giovanile, in cui è evidente il retaggio espressionista tipico della cultura germanica, molte opere del periodo italiano e non molte opere successive formano il tema degli oggetti naturali.

b) Forme ibrido tra possibile e impossibile. Le immagini in cui sono presenti oggetti regolari insieme a oggetti impossibili o fortemente deformati da complesse prospettive.

c) Coperture. Le composizioni di figure atte a coprire interamente una superficie, senza cioè che s'intraveda lo sfondo tra di esse (Fig. 1).

d) Coperture e volumi. I disegni in cui Escher gioca con le due dimensioni delle coperture e con le tre dimensioni illusorie dei disegni in prospettiva, incrociandole e mescolandole in modo spesso sorprendente, sono le coperture incrociate con volumi. Il sistema di incastro tra le figure e la loro reciproca trasformazione, il gioco e la metamorfosi tra figure della geometria piana e figure prese dalla realtà, il passaggio di scala, la riduzione, la riflessione, rientrano in questa tematica (Fig. 2).

e) Architetture impossibili. Le composizioni basate su costruzioni e spazi impossibili per una qualche aberrazione prospettica voluta dall'artista, in grado di generare doppiezze e sovrapposizioni (Figure 3, 4, 5 e 6).

 

Va sottolineato, senza sorpresa, che nell'evoluzione di Escher è rintracciabile una linearità rarissima e quasi perfetta; dagli esordi figurativi alle tessiture metamorfiche, l'artista segue un percorso in cui i temi si affacciano e quindi si sviluppano con regolarità, approfondendosi e complicandosi fin quasi all'esaurimento, per poi a volte ritornare, anche a distanza di anni, inseriti in nuovi contesti. Escher raggruppava analiticamente i propri soggetti in dieci sezioni e affermava di sentirsi più vicino agli scienziati che agli artisti, una tesi sostenuta, con una certa supponenza verso i critici d'arte, anche da Bruno Ernst, matematico, biografo e amico di Escher. Del resto, i commenti di Escher alle proprie opere, raccolti in varie antologie, sono piuttosto laconici e privi di qualunque relazione o confronto con l'arte del suo tempo.

 

Fig. 2

Significati e predecessori

Chi si è occupato di Escher ha spesso cercato di capire se nelle immagini create dalla matita e dalla sgorbia del geniale artista olandese si nascondano, nonostante le sue stesse affermazioni, simboli, allegorie, enigmi, crittografie, rebus o comunque qualcosa di segreto. Tentativi non riusciti a quanto si sa. Se ne è dedotto che Escher non voleva dire nulla di più di quanto si vede nelle sue opere e che, pertanto, da un lato la sua ricerca estetica si identifica con la ricerca geometrico-formale, dall'altro la sua idea di bellezza risiede nella purezza del segno, nell'armonia anche apparente delle composizioni e nei paradossi illusionistici che solo la matita può creare. Eppure, al di là delle intenzioni consapevoli o inconsapevoli dell'artista e al di là dell'adesione ufficiale a un gruppo, corrispondenze stilistiche e metodi non sono nuovi e portano a un movimento preciso, il Surrealismo. Le affinità di Escher con Magritte in particolare sono notevolissime, eppure Escher non viene di norma citato nè tra i surrealisti nè tra gli epigoni del movimento, mentre risulta a volte inserito nell'Optical Art, insieme ad Albers e a Vasarely. C'è sicuramente un problema di contenuti, perché se l'olandese appare nel complesso vicino alle scelte figurative surrealiste di Ernst, Magritte, Dalì, Delvaux, Mirò e Calder, è invece difficile apparentarlo alla ricerca interiore, psicanalitica e onirica che trasuda in particolare dalle pagine esplicative di Breton o di Roussel.

Molti saggisti hanno anche cercato di identificare i predecessori di Escher negli inganni e nelle illusioni ottiche, nei pezzi di bravura legati alla specularità e nella costruzione di oggetti impossibili. I nomi più di frequente accostati a Escher sono Jan Van Eyck, il Parmigianino, l'Arcimboldo, Bosch, i Bruegel, Velazquez, Vermeer, Piranesi e alcuni pittori gotici di scuola toscana. Tra tutti questi, l'unico esplicitamente indicato da Escher è Hieronymous Bosch, del quale esistono citazioni documentate in alcune opere (i personaggi di Belvedere ad esempio) e una copia litografica dell'Inferno, eseguita da Escher nel 1935. Le radici fiamminghe, sorprendenti come lo specchio convesso di Van Ejck nei Coniugi Arnolfini, rappresentano sicuramente una matrice evidente del lavoro di Escher, ma la ricerca analitica di simili particolari, se non addirittura di errori prospettici della pittura del passato che potrebbero averlo influenzato, non sembra portare molto più in là di un esercizio accademico. Forse è più stimolante invece chiedersi quali altri pittori prima di Escher abbiano così profondamente privilegiato il rapporto tra pittura e geometria, tra superficie e volume, tra illusione e realtà; i nomi di Paolo Uccello, di Piero della Francesca, ancora di Bosch e Velazquez naturalmente, di Caravaggio, di Andrea Pozzo, di George Seurat, di Paul Cezanne, vengono sùbito alla mente insieme ai contemporanei Malevic e Mondrian, ma un altro grande genio meriterebbe innanzitutto di essere con Escher confrontato e studiato, nei suoi disegni tecnici in particolare: Leonardo da Vinci. Tutte pagine di storia e di critica ancora da scrivere.

 

Fig. 3

La copertura, ovvero il puzzle

Sin dal principio della sua attività Escher, stando a quanto si legge sulle sue biografie ufficiali, era interessato, per non dire ossessionato, dai problemi geometrici e formali legati alla copertura di una superficie con elementi identici o serialmente identici. Le decorazioni moresche dell'Alhambra di Granada, visitata nel 1922, lo illuminano e lo entusiasmano al punto da dedicare una notevole parte della sua ricerca a questo aspetto, che -se vogliamo- ha un'origine artigianale, legata ad esempio alle tassellature ceramiche, alle pavimentazioni in marmo o in mosaico, alle tarsie lignee di mobili e infissi. La tessitura della superficie con figurine intrecciate, tali da coprirla interamente senza lasciare scarti, viene ottenuta da Escher in molteplici e varissimi esempi sino alla fine della sua vita; si può partire dalle Otto teste (xilografia, Fig. 1) del 1922 per arrivare a una geometria dei frattali ante-litteram nel 1956 con Sempre più piccolo (xilografia) o nel 1959 con Limite del cerchio III (xilografia), due lavori in cui sono protagonisti il concetto matematico di limite e l'essenza stessa della geometria del piano, desunta dagli studi di Poincaré e forse di Peano, e che sono ispirati soprattutto ai disegni del matematico anglo-canadese Donald Coxeter. In questo ambito, Escher ha ottenuto successo e stima sia tra gli scienziati, grazie al rigore grafico e alle intuizioni geometriche, sia tra il grande pubblico, soprattutto per l'imprevedibilità e complessità delle sue soluzioni; l'artista rivela d'altro canto una sorta di disinvoltura o di estatica leggerezza, quando sembra lasciare vita propria alle sue stesse creazioni, che si incontrano, si trasformano e si lasciano davanti ai nostri occhi, come in Metamorfosi III, xilografia del 1967-1968.

 

Fig. 4

Mondi paralleli

Escher scriveva a proposito di un'opera tra le sue più note, Relatività (litografia del 1953, Fig. 6): "Sulla scala superiore procedono due persone, una accanto all'altra nella stessa direzione. Evidentemente è impossibile che queste persone entrino in contatto perché vivono in due mondi diversi e, per questo, l'uno non è a conoscenza dell'esistenza dell'altro". Per Escher quindi l'immagine non è ambigua, ma doppia, cioè sovrapposta: la sua intenzione non è di rappresentare un mondo in cui non si sa se si sale o se si scende, ma di rappresentare contemporaneamente due mondi intersecati tra loro in uno dei quali, su quella rampa di scale, si scende, mentre nell'altro, su quella stessa rampa di scale, si sale. Per ottenere questo effetto mirabolante, Escher manipola da maestro gli oggetti e costruisce, ad esempio, gradini che hanno, a differenza di quasi tutti i gradini del mondo, l'alzata uguale alla pedata (di solito il rapporto è invece nettamente diseguale, anche di uno a due) e non sono rivestiti. Detto in altri termini: Escher qui come in tanti altri quadri ci inganna, gioca con l'architettura come con le montagne, con le ali degli uccelli come con i volti degli uomini, e ci rende partecipi dell'inganno. Per questo ha bisogno di semplificare le immagini, perché le sfumature o i dettagli renderebbero impossibile il trucco, la sovrapposizione, la doppiezza; e anche quando la struttura prospettica non è complessa, il suo segno di intagliatore rimane netto, pulito, quasi da grafico pubblicitario, con figure che sembrano definite - sia detto senza alcuna intenzione dispregiativa - in guisa di fumetto.

Una cifra stilistica e una scelta tecnica molto precise, che tuttavia lo hanno limitato in qualche modo, lo hanno escluso dalla Pittura intesa come grande arte della rappresentazione o dell'astrazione, arte dei mille colori del mondo o della fantasia, arte della ricchezza della natura o dei sogni, e che di fatto lo hanno escluso da buona parte dei manuali di Storia dell'Arte. Un paradosso, se si guarda alla grande e vasta popolarità di Escher, ma anche un segnale del suo essere considerato, da molti addetti ai lavori, più un virtuoso che un vero grande artista, più un disegnatore che un pittore autentico, erede in questa sorta di declassamento storicocritico tanto di un altro grande eccentrico, il manierista Arcimboldo, quanto di un altro fantasioso incisore, il romantico-neoclassico Giovanni Battista Piranesi.

 

Fig. 5

Obiettivi

Ecco allora proporsi in modo intuitivo, ma su basi senz'altro ragionevoli, una spiegazione alla curiosa negligenza degli storici nei confronti di Escher: nel contesto dell'arte del Novecento, Escher non ha proposto temi espliciti legati al pensiero politico o sociale, al disagio esistenziale, all'ambiguità della cultura, e non ha proposto soluzioni e invenzioni tecniche, anzi si è comportato da provetto artigiano. Eppure, le sue immagini sono utilizzate spesso per illustrare, in articoli o libri, proprio quello che Escher non voleva proporre, allegorie, simbologie, metafore, schizofrenie. Ma se l'artista vuole rimanere al di sotto della soglia dell'indicibile e proporre esclusivamente paradossi grafici e matematici a un pubblico curioso, è lecito utilizzare i suoi disegni per illustrare tutt'altro? è lecito investirli di altri significati e simbologie? La domanda è retorica, perchè chiunque si occupi di arte sa bene che tutto ciò è lecito e anzi inevitabile. Anche Escher lo sa, ma sembra entrare in antagonismo addirittura con tutti, quando scrive che "anche se la maggior parte dei miei temi mi sembrano obiettivi e impersonali, ho constatato che quasi nessuno percepisce nello stesso mio modo ciò che si può osservare nel nostro ambiente". E' la sottile polemica di un raffinato disegnatore che, al pari del professor Coxeter, vorrebbe con i disegni fare scienza e non arte? Di certo, si avverte in tutte le affermazioni di Escher una voluta trascuratezza verso gli aspetti psicologici della percezione, che pure è il tema principale delle sue ricerche.

A Escher il proprio gioco appare esplicito e trasparente, obiettivo e impersonale; non crea angosce o dubbi, deve solo stupire e divertire, come una prestidigitazione. Ma nel momento in cui un'opera non resta nello studio dell'artista e viene consegnata al pubblico, quell'opera apparterrà a tutti ed è assolutamente legittimo trovare nelle opere di Escher ambiguità o ironia, incertezza o liricità, ottimismo o disperazione, nei limiti ovviamente di interpretazioni calibrate e razionali. E se quindi, come si diceva prima, Escher non ha coscientemente proposto determinati temi, ci hanno pensato le sue opere a farlo.

L'intuito e alcuni dati concreti sembrano allora volerci dire che Escher, seppure isolato, seppure alieno dai movimenti, non esce fuori dal nulla; era un artista indipendente, che va comunque collocato in una dimensione parallela alle Avanguardie del Novecento, tra Surrealismo e Optical Art. Non si tratta di una novità, mille altri personaggi difficili e difficilmente etichettabili sono sempre esistiti, e non sembri incongruo ricordare qui per tutti il nome non di un pittore, ma di un poeta e narratore tra i più grandi, Jorge Luis Borges, accomunabile a Escher anche per altre vie. Se, infine, nei manuali di Storia dell'Arte del futruro Escher sarà compreso o no, e se nel 2108 sarà organizzata una mostra a Roma per ricordare quella di oggi, è impossibile a dirsi naturalmente, ma le impronte lasciate da Maurits Cornelis Escher nella storia della pittura, e non solo della grafica, sono probabilmente più profonde di quanto oggi potremmo immaginare.

Fig. 6

Note

M. C. Escher. L'arte del puzzle e il puzzle dell'arte riprende alcuni brani del breve saggio La Pinacoteca di Babele, pubblicato nell'ottobre del 2004 sulla rivista on line di filosofia Kainos, cui si rimanda per un approfondimento. Non essendo cambiato nulla, da allora, per quanto riguarda la nostra conoscenza di Escher, quel saggio rimane espressione compiuta di una riflessione e di una proposta di rilettura nei confronti dell'opera del celebre incisore olandese.

Per le citazioni si veda: M. C. Escher, Grafica e Disegni, Köln, Taschen 1990

Tutte le opere di M. C. Escher riprodotte in questo articolo sono protette da copyright (c) 2005 e appaiono grazie al permesso della M. C. Escher Company, Olanda. All M.C. Escher works (c) 2005 The M.C. Escher Company - the Netherlands. All rights reserved. Used by permission. www.mcescher.com

 

 

Didascalie delle immagini

Fig. 1 - Otto teste, xilografia del 1922 (Eight Heads)

Fig. 2- Mani che disegnano litografia del 1948 (Drawing Hands)

Fig. 3- Altro mondo, xilografia del 1947 (Other World)

Fig. 4- Belvedere, litografia del 1958

Fig. 5- Cascata, litografia del 1960 (Waterfall)

Fig. 6- Relatività, litografia del 1953 (Relativity)

 

Bibliografia

Nell'occhio di Escher. Catalogo della mostra, Milano, Electa 2004

Marco Bussagli, Escher, Firenze, Giunti 2004

Michele Emmer, Il fascino enigmatico di Escher, Napoli, CUEN 1989

Bruno Ernst, Der Zauberspiegel des M.C. Escher, Berlin, TACO, 1986

M. C. Escher, Grafica e Disegni, Köln, Taschen 1990

M. C. Escher, Esplorando l'infinito, Milano, Garzanti, 1991

Douglas R. Hofstadter, Gödel, Escher, Bach. Un'eterna ghirlanda brillante. Una fuga metaforica su menti e macchine nello spirito di Lewis Carroll, Milano, Adelphi, 1990

J. L. Locher, M.C. Escher: His Life and Complete Graphic Work, New York, Thames and Hudson, 1992

Doris Schattschneider, Visioni della simmetria. I disegni periodici di M. C. Escher, Bologna, Zanichelli, 1992

 

Sitografia

The Oldest Escher Collection on the Web

http://home.comcast.net/~eschermc/

The Official WebSite of M. C. Escher Foundation

http://www.mcescher.com/

The Mathematical Art of M. C. Escher

http://www.mathacademy.com

Professor Emeritus H.S.M. Coxeter

http://www.math.toronto.edu/~coxeter/

La pinacoteca di babele. Periodicità e limiti di Maurits Cornelis Escher, di Andrea Bonavoglia, sezione Non-luogo-di-transito della rivista on line di filosofia Kainos

 

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