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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Testuali parole

Pittura e scultura attraverso il critofilm di Carlo Ludovico Ragghianti

Piero della Francesca e Michelangelo Buonarroti.
 Pittura e scultura attraverso il critofilm di Carlo Ludovico Ragghianti

Fig. 1

 

Il film sull'arte, il documentario d'arte e infine il critofilm. Con quest'ultimo termine Ragghianti distingue il suo lavoro, fondendo in un tutt'uno la sua essenza di teorico d'arte e teorico di cinema.

Il critico lucchese firma il suo primo critofilm dedicato alla Deposizione di Raffaello nel 1948, da allora andrà costruendo un corpus di pellicole che affronteranno temi della storia dell'arte fra i più disparati e significativi: dai "magistri Antelami" del Medioevo, ai pittori del Quattrocento fino ai luoghi custodi dell'arte antica, come è Pompei città della pittura (1958), e dell'arte rinascimentale come si dimostra il critofilm del 1962 sul Tempio Malatestiano, per poi concludere il suo percorso di cineasta con Michelangiolo nel 1964. E mentre l'opera d'arte stava servendo a Luciano Emmer per la creazione di un dispositivo che muovesse emozionalmente lo spettatore, Ragghianti accettava sì in certe soluzioni la spinta emotiva di un'immagine, eppure assegnava il ruolo principale al suo concetto di arte quale forma conoscitiva, che svolge un'azione educativa e si pone come parte attiva della cultura e della società. La giustificazione della presenza del parlato, di contro dunque ai filmati espressivi dei suoi contemporanei che solcavano una strada parallela alla sua, viene trovata da Ragghianti nella costituzione di un percorso critico, senza per questo giungere all'obliterazione del suo iniziale assunto secondo cui "il cinematografo è arte visiva". Egli si lascia guidare da un'intenzione critica, quale atto di comprensione della forma artistica. Una critica "organica, storica, integrale" che rispondaall'opera d'arte (Ragghianti 1948).

Fig. 2Ed allora la parola all'interno del film agisce con funzione comunicativa e d'informazione. Il luogo dell'immagine apre i suoi confini al luogo della prosa, rinviando alle "categorie" rievocatrici della matrice crociana di Ragghianti.
Redatti dopo aver filmato le immagini, ci tiene a sottolineare egli stesso, i testi sono volti a "condurre il pubblico alle diverse forme d'arte e al valore delle opere" (Ragghianti 1980).

Si svela l'innovazione: il critofilm precursore dell'ipertesto e del museo virtuale.
Nel suo documentario d'arte " Lo stile di Piero della Francesca", girato nel 1954, Ragghianti inaugurò il suo modus operandi da regista e critico d'arte.

Uno spazio dalla rigorosa metrica che sublima il dramma nella pittura di Piero crea uno scenario che si presta in modo particolare alla resa cinematografica. La sintesi visuale porta Ragghianti a formulare con la cinepresa un'analisi critica dello stile del maestro.Il compendio del corpus pittorico di Piero diviene un'immersione nelle "forme incorrotte" create dal pittore e conduce l'occhio dello spettatore attraverso il passaggio dalle figure rigorosamente geometriche ai dettagli, nati proprio dalla chiara sintesi che è la vera firma apposta da Piero. Qui il "parlato" s'immette sulle immagini a calzare le forme trasformandosi in una dimostrazione descrittiva e tecnica. Il critico si fa regista. Monta motivi, elementi, dettagli differenti, dipingendo una "figura ideale e informe", all'apparenza unica. Piega la temporalità dell'opera e la temporalità della visione fino a giungere alla crasi tra arte figurativa e arte cinematografica: quell'istante che la pittura ha fissato il cinema sviluppa nella dimensione del tempo. Impressa sulla pellicola, la pittura entra nella dimensione temporale: è lo sguardo dello spettatore che segue la fissità di linee e spazi, segni tracciati dal pennello.

Fig. 3L'opera d'arte ha una sua interna e costitutiva temporalità, che l'ha portata alla sua realizzazione. Il critico- regista lo sa e la fa riemergere nella decifrazione critica del fare artistico, concludendo questo percorso con le "figure imponenti e pensose, illuminate di spiritualità, tutte connesse in una composizione unitaria" della Sacra Conversazione di Brera, così come Piero "conchiude un canto che dura perpetuo nella purezza e continuità dello stile".

Dieci anni dopo Ragghianti volge la cinepresa alla scultura. E al riguardo sceglie il massimo protagonista del Rinascimento. È Michelangelo Buonarroti il suo soggetto.

A quattrocento anni dalla morte del Maestro, Ragghianti ricompone l'intera vita dell'artista attraverso la ripresa filmica delle sue opere: “per esse rivive il passato del genio che le concepì”.
Un compendio di pitture, architetture e sculture, disegni e progetti, firmati dal Buonarroti si dipana dalla fine del Quattrocento fino ai suoi ultimi giorni di vita.
La pellicola vive della predilezione michelangiolesca per la scultura, le cui forme come corpi emersi dalla prigionia dell'antro platonicoaffiorano dall'ombra attraverso il candore del marmo.
Dopo ore trascorse a scrutare e studiare le opere dal vivo, Ragghianti le filma creando “angoli impossibili”, campi di ripresa che nessun punto di vista vogliono lasciare insoddisfatto. Mentre il “parlato”, che asseconda le immagini, spiega il lavorio di scalpello, trapano e gradina che hanno dato forma al marmo.

Con questo che è il suo ultimo critofilm, lo storico lucchese redige un'analisi della figura di un'artista e della sua opera, tentando di arricchire la struttura del documentario d'arte a film con preciso tessuto narrativo. L'oggetto della ripresa non è più lo “stile”, come era stato un decennio prima per Piero della Francesca, ma la vita dell'autore che ha firmato le opere. Ci si trova dunque di fronte ad una monografia fedele. A cominciare dagli esordi di Michelangelo non ancora ventenne, con opere come la Madonna della scala e l'Angelo per l'arca bolognese di San Domenico, Ragghianti si presta a far conoscere la formazione artistica e concettuale dell'artista che, partendo dalla tradizione fiorentina e donatelliana, farà gradualmente propri i concetti neoplatonici, conosciuti nel giardino di San Marco di Lorenzo il Magnifico.

Fig. 4

Fig. 5

Lungo una linea narrativa che segue fedelmente la biografia michelangiolesca emerge costante la lettura critica della sua opera. Così avviene per la Battaglia dei Centauri, oggi in Casa Buonarroti a Firenze, “tumulto di corpi incuneati, in cui nessuna figura è libera”. Si va oltre la pura comunicazione informativa, quando la cinepresa sceglie di soffermarsi su determinate immagini, come ad esempio sulla figura dell'angolo in basso a sinistra, chiusa nella sua disperazione con la testa fra le mani, le dita che si perdono tra i capelli, senza un volto. I piani di ripresa scelti da Ragghianti colgono toni drammatici per proseguire nella carrellata che si perde nell'intreccio di forme anatomiche che prorompono energicamente.

Non lasciarsi vincere dall'espressione del dramma umano michelangiolesco avrebbe impedito al critico di ottenere ciò che si era prefissato all'inizio della messa in opera: “una lettura ed un'analisi[...] del linguaggio artistico compiute col linguaggio visivo del cinema”.

Fig. 6Al rilievo fiorentino segue il Bacco, scolpito nell'ultimo quinquennio del Quattrocento a Roma ed oggi conservato al Museo Nazionale del Bargello. Un “efebo languido” che non ha soggezione dell'antico, anzi compete con l'ideale classico, facendosi espressione della padronanza tecnica raggiunta dal giovane Buonarroti. La tradizione fiorentina permane nella scultura della Madonna col Bambino di Bruges, dove il volto severo di Maria conchiude in sé la consapevolezza della sorte cui è destinata la vita che stringe tra le braccia. È nel presentarci la Pietà vaticana (149899), che Ragghianti fa emergere la propria concezione dell'arte come ‘forma conoscitiva’: la composizione michelangiolesca diviene per il critico oggetto di un'attenta descrizione formale tutta volta a rendere la visione tesa e drammatica, terribile della madre che piange il figlio morto; il regista sceglie un decoupage chescavanel dettaglio l'intera composizione: l'inquadratura “impossibile” scende negli angoli dove lo scultore ha scavato la materia con il trapano e scorre dove con subbie e gradine ha levigato le superfici. La chiusura della scena si ha con la sequenza che inquadra il Cristo, spunto per la spiegazione del concetto di mondo intellegibile inteso da Michelangelo: “La vita prigione mortale, sforzo di liberazione interiore” .

Per l'opera che segue, il David (1504), Ragghianti utilizza una ripresa in continuità, rotta da alcuni primi piani frontali. L'unità di forme, raggiunta dal Buonarroti nei diversi ‘linguaggi visivi’, è ricostruita dal critico lucchese attraverso lunghe riprese di disegni e progetti. A sculture e disegni segue la pittura: il Tondo Doni degli Uffizi ci è presentato tramite schemi che propongono in rilievo queste figure dipinte, chiarendo uno dei fondamenti su cui poggia l'arte di Michelangelo: la buona pittura è quella che tende alla scultura.
L'effetto del distaccamento delle figure in primo piano dallo sfondooffertoci dal regista tramite un grafico tridimensionale— serve ad esprimere la superiorità della scultura sulla pittura riconosciuta dal Buonarroti.

A questo punto il confronto con il marmoreo Tondo Pitti del Bargello, secondo Ragghianti, s'impone come diretta conseguenza riguardo all'inchiesta sul “Paragone delle arti”. In questa composizione a bassorilievo, il fondo indistinto e i tratti dei volti rimasti segnati dai colpi di gradina denunciano ricordi di sfumato leonardesco: la diatriba tra scultura e pittura diviene dialogo.

Fig. 7

Da Firenze si passa a Roma, alla Cappella Sistina. Michelangelo lavora alla volta fra il 1508 ed il 1512. Lo sguardo di Ragghianti si muove tra le diverse scene, muta punto di vista secondo la posizione dei corpi, seguendo dettagli e motivi, quasi col fine di affiancare il pittore che rimase sospeso per quattro anni sulle impalcature della volta. Lo studioso indaga i cambiamenti del linguaggio pittorico del Buonarroti e coglie il passaggio dalla composizione simmetrica delle scene dipinte all'inizio del lavoro a quella basata su forme divergenti dell'ultima parte della volta. Nel riprendere queste ultime scene il movimento vertiginoso è accentuato da brevi inquadrature e rapide dissolvenze. Seguendo con la cinepresa il pennello di Michelangelo, Ragghianti ci fa vivere il “passaggio dalla corporeità del peccato alla salvazione”. Dalla volta sistina il critico passa alla vicenda del monumento sepolcrale di Giulio II Della Rovere“la tragedia della sepoltura” la chiamò Michelangelo iniziata nel 1505 e ripresa alla morte del pontefice nel maggio 1513. Da allora e per tre anni l'artista scolpì il prometeico Schiavo ribelle, lo Schiavo morente ed il Mosè: la delucidazione ragghiantiana unita alla tecnica di ripresa mostrano passione e furia insieme. Più avanti il critico riprenderà il racconto della vicenda soffermandosi sulla Vittoria, oggi in Palazzo Vecchio a Firenze, e sui Prigioni, iniziati intorno al 1532: lo Schiavobarbuto, lo Schiavogiovane, l'Atlante e lo Schiavochesidesta, oggi conservati alla Galleria dell'Accademia fiorentina. “Solo pochi poterono vedere” queste figure gigantesche, perché non furono mai portate a termine, e nella loro mancata compiutezza Ragghianti coglie i preamboli del “non finito” michelangiolesco. La cinepresa a questo punto esce dai fondali scuri da cui emergono le figure michelangiolesche e si apre ai paesaggi intorno a Carrara e alle sue cave dove l'artista reperiva il marmo.

Dall'excursus carrarese e fiorentino, la voce del commento ci conduce nella Sagrestia Nuova di San Lorenzo a Firenze preceduta dalla presentazione dei progetti. I campi di ripresa si agganciano alla descrizione architettonica e proseguono inquadrando i sepolcri dei duchi Giuliano di Nemours e Lorenzo di Urbino, sui quali si distendono le allegorie del Tempo: il Giorno e la Notte, il Crepuscolo e l'Aurora. Chiude la sequenza dedicata a questa che Ragghianti definisce “cripta magica” la Madonna allattante il Bambino.

Nel tessere il suo percorso visivo di lettura Ragghianti prosegue affrontando il concepimento del progetto della Biblioteca Laurenziana.
Nel 1530, caduta la Repubblica fiorentina, Michelangelo torna a Roma, dove attende per cinque anni alla parete d'altare al GiudizioUniversale per la Cappella Sistina(1536—1541). Il documentario di Ragghianti raggiunge qui l'apice della narratività. La ripresa in continuità si spezza in favore di un vivace decoupage. Montaggio e piani di ripresa accentuano la brulicante coralità e il drammatico dinamismo dalle spirali d'angeli, di profeti, martiri, scendendo sino alla “bufera infernale”, osservata dagli eletti attoniti. In questa scena si può cercare la nota evolutiva dell'ultimo critofilm di questo studioso, ovvero la ricerca di un incontro con il film d'arte di Emmer: un incontro che si ferma all'uso della cinepresa come una stilografica, punto di partenza per il cineasta milanese, punto d'arrivo per Ragghianti.

A chiusura del “Michelangiolo”, il critico ci offre le riprese della Pietà del Duomo fiorentino e della PietàRondanini, scolpita a sei giorni dalla morte nel 1564. Nel suo ultimo “non finito” Ragghianti legge il manifesto dello stile elaborato dal Buonarroti, che, tanto avanzato su ogni tempo, con una ricerca intrepida propria dell'anima moderna giunge a conquistare la forma che spiritualizza la materia, in una “contemplazione segreta e solitaria”.

 

 

Nota biografica su Carlo Ludovico Ragghianti (Lucca, 1910- Firenze, 1987)

Il critico lucchese iniziò la sua formazione universitaria con Matteo Marangoni a Pisa, città in cui avrebbe insegnato fino al 1972. Durante la seconda Guerra Mondiale fu in linea con la lotta antifascista e militò nella Resistenza. Tra i fondatori del Partito d'Azione, fu presidente del CNL e capo del governo provvisorio che liberò Firenze l'11 agosto del 1944.

Nel dopoguerra fu attivo nell'organizzazione dell'istruzione e della gestione del patrimonio culturale italiano. Negli anni Sessanta istituì la prima cattedra di Storia e critica del cinema presso l'Università di Pisa.

Influenzato già dagli anni della sua prima formazione dalle teorie di Benedetto Croce e da quelle purovisibiliste, con particolare riguardo per Konrad Fiedler, Alois Riegl, Julius Von Schlosser, sin dal suo primo esordio, allorchè nel 1933 pubblica sulle colonne di Critica di Croce, un saggio sui Carracci e la critica d'arte in età barocca, manifesta il suo vivo interesse per il fenomeno del linguaggio visivo, occupandosi da subito di cinema (Cinematografo rigoroso 19).

Nel 1935, insieme a Ranuccio Bianchi Bandinelli, fondò la rivista Critica d'arte, alla quale collaborò anche Roberto Longhi. Dal 1952 al 1965, insieme alla moglie Licia Collobi, diresse la rivista SeleArte, finanziata da Adriano Olivetti. Proprio nell'ambito di questa rivista e in questo stesso arco temporale, Ragghianti dette vita alla serie SeleArte cinematografica, per cui produsse diciotto dei suoi ventuno critofilm (il primo, la Deposizione di Raffaello, è del 1948).

Nel 1980 con la moglie ha fondato a Lucca la Fondazione Centro Studi sull'arte Licia e Carlo L. Ragghianti, alla quale ha donato la sua biblioteca e fonoteca.

 

Filmografia

Lo stile di Piero della Francesca, regia: C. L. Ragghianti, A. Mortara e A. Baruffi; Produzione Este film, Ferrara- Romor film, Milano, Titanus, Roma 1954, 11', col., 35 mm;

Michelangiolo, regia: C. L. Ragghianti, produzione: A. Mortara per Romor Film, Milano, 1964, col., 78', 35 mm.

 

Bibliografia

- AA. VV., Carlo Ludovico Ragghianti e il carattere cinematografico della visione, catalogo della Mostra, Lucca, 28 novembre 1999- 30 gennaio 2000, Fondazione Ragghianti, Lucca, Charta, Milano, 2000

- AA. VV., I critofilm di Carlo Ludovico Ragghianti, GAM/ Galleria civica d'arte moderna e contemporanea, Torino; Associazione Archivio Storico Olivetti, Ivrea, 2000

- A. Costa, Carlo L. Ragghianti. I Critofilm d'arte, Campanotto Editore, Udine, 1995

- L. Cuccu, Cinema e pittura nell'esperienza teorica e critica di Carlo Ludovico Ragghianti, in Cinema/ Pittura dinamiche di scambio a cura di L. De Franceschi, Lindau, Torino- Università degli Studi Roma Tre, 2003

- M. Gasparini, Conversation avec C. L. Ragghianti, 1980, in AA. VV., Histoire de l'art et cinéma: les critofilms de Carlo Ludovico Ragghianti, Auditorium du Louvre, Parigi, 1994

- V. La Salvia (a curadi), I Critofilm di C. L. Ragghianti. Tutte le sceneggiature. Desunte da Valentina la Salvia, Ed. Fondazione Ragghianti Studi d'Arte, Lucca, 2006

- C.L.Ragghianti, Cinema arte figurativa, Einaudi, Torino, 1952

- C.L. Ragghianti, Arte della visione, I: Cinema, Einaudi, Torino,1975

 

Didascalie delle immagini

Fig. 1, Piero della Francesca, La regina di Saba in visita a re Salomone, 1452- 1466, Arezzo, Chiesa di San Francesco;

Fig. 2, Piero della Francesca, Battesimo di Cristo, 1440- 45 (?), Londra, National Gallery;

Fig. 3, Piero della Francesca, Pala Montefeltro, Milano, Pinacoteca di Brera;

Fig. 4, Michelangelo Buonarroti, Battaglia dei Centauri, 1492 circa, Firenze, Casa Buonarroti;

Fig. 5, Michelangelo Buonarroti, Tondo Taddei, 1502 circa, Londra, Royal Accademy of Arts

Fig. 6, Michelangelo Buonarroti, Lorenzo de' Medici Duca d'Urbino, 1519- 1534, Firenze, San Lorenzo, Cappelle Medicee, Sagrestia Nuova;

Fig. 7, Michelangelo Buonarroti, La Notte, 1519- 1534, Firenze, San Lorenzo, Cappelle Medicee, Sagrestia Nuova

 

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