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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Testuali parole

A proposito di traffici illeciti

Fig. 1


Nel febbraio 2006 è stata posta una pietra miliare della lotta per la restituzione delle opere d’arte illecitamente trafugate: il Metropolitan Museum of Art di New York ha firmato un trattato col Ministero dei Beni e delle Attività Culturali di Roma, che presuppone il ritorno in Italia delle opere di proprietà del museo di cui si possa provare la fuoriuscita illecita dal Paese. La maggior parte dei musei americani, dopo la firma del Met, ha modificato la propria politica di acquisizione di opere, allineandosi ai principi della Convenzione UNESCO 1970, la quale stabiliva che qualunque oggetto acquistato dovesse avere provenienza sicura.

L’articolo 2 di questo importante documento sanciva, infatti, che: “The States Parties to this Convention recognize that the illicit import, export and transfer of ownership of cultural property is one of the main causes of the impoverishment of the cultural heritage of the countries of origin of such property and that international cooperation constitutes one of the most efficient means of protecting each country’s cultural property against all the dangers resulting there from.”1

Queste circostanze riflettono una cambio di atteggiamento da parte del pubblico generico, degli archeologi e della stampa statunitensi a riguardo. In seguito all’accordo col Met, infatti, altri ne sono stati firmati con il Boston Fine Arts Museum, col Cleveland Museum of Art e con il Fordham Museum of Art. Inoltre, molte altre collezioni private hanno spontaneamente restituito oggetti maltolti al patrimonio italiano nel corso degli anni. È nato così un cosiddetto “ITALIAN MODEL” di accordi per la restituzione di oggetti del patrimonio (per lo più archeologico) nazionale.

L’Italia si è impegnata a sua volta attivamente nello stesso senso, come nel caso della restituzione della Venere di Cirene (fig. 1) alla Libia, il 31 agosto 2008. Questa statua di marmo del II secolo d.C. fu trovata nel 1913 dalle truppe italiane e portata a Roma. Nel 1998 l’Italia e la Libia hanno firmato un patto di restituzione di ogni oggetto preso nel corso ed in seguito alla colonizzazione della Libia, in accordo con la Convenzione UNESCO del 1970. Restituire effettivamente l’opera, però, è stato più complicato e lungo del previsto, a causa del processo intentato dalla Regione Lazio, attraverso l’associazione Italia Nostra, per verificare la reale necessità di restituire l’opera al “contesto di appartenenza” (trattandosi di una copia romana di una statua ellenistica, era probabilmente più vicina al contesto italiano che a quello islamico). Il giudizio finale ha sancito ad ogni modo la restituzione, sottolineando che la rimozione della statua nel 1915 era stata un unicum eccezionale nella tradizione italiana di conservazione dei ritrovamenti archeologici nel luogo d’origine.

Lo strumento più diffuso di risoluzione di questo genere di questioni sono i trattati (agreements), veri e propri contratti stesi tra due Nazioni, o tra uno Stato e un’istituzione, riguardo alle rispettive proprietà culturali. Le linee guida generali riguardo alla restituzione di queste proprietà giocano a favore dello Stato di origine dei beni. Ad ogni modo, nel considerare i singoli casi possibili, altre considerazioni potrebbero essere rilevanti per una soluzione equa. Per esempio potrebbe accadere che l’acquisizione del bene non fosse formalmente illegale al momento in cui avvenne, o che lo Stato di destinazione abbia preservato, conservato e valorizzato per secoli un oggetto che altrimenti sarebbe stato a grande rischio di distruzione. È difficile determinare in che modo il fattore tempo sia da valutare per giudicare la posizione del Paese d’origine rispetto a quello di destinazione. Per queste ed altre ragioni, sembra la cosa migliore valutare caso per caso le situazioni. Nel ambito del giudizio su ogni singola situazione, però, gli Stati devono potersi appoggiare a principi di base, inviolabili dagli agreement particolari tra due parti, che aiutino a sciogliere le dispute e stimolino il dialogo.

La Convenzione del 1970 è stata ad oggi firmata da 120 stati del mondo2, ma non sempre applicata con l’attenzione che meriterebbe, in quanto strumento base, cui i singoli accordi possano fare da rifermento. Ogni museo dovrebbe formalmente aderire alla Convenzione che, se applicata con cura, preverrebbe di per sé l’acquisizione di antichità trafugate prima del 1970.

Fig. 2

Un esempio importante di restituzione allo Stato italiano da parte di un museo americano di antichità trafugate, avvenuta anche grazie alla Convenzione 1970, è quello dei Grifoni di Ascoli Satriano (Fig. 2), tornati in Italia nel 2007, dopo una lunga permanenza nelle collezioni del Getty Museum. Le indagini condotte dal Comando dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale3, infatti, ne avevano documentato la provenienza illegale. Il territorio da essi cui provengono è estremamente ricco di tesori archeologici e, negli anni passati, è stato sistematicamente depredato dai tombaroli. Altri 19 elementi di marmo, coerenti per epoca e contesto con i Grifoni, erano sono stati sequestrati già nel 1978 dalla Guardia di Finanza. Grazie al ritorno dei marmi nel territorio di provenienza, è stato possibile effettuare accurati studi che hanno ricondotto tutti questi ritrovamenti allo stesso contesto. Si tratta di pezzi di rara bellezza, facenti parte del corredo della tomba di un personaggio di alto rango. Lo studio delle caratteristiche peculiari di questi oggetti nel loro contesto di provenienza ha permesso di formulare un’ipotesi di datazione alla seconda metà del IV secolo a.C., che non sarebbe assolutamente stata possibile prima della restituzione del pezzo mancante. La restituzione al territorio di provenienza, ovviamente, ha reso necessario un progetto di valorizzazione (redatto dall’archeologo Giuliano Volpe) da parte del Comune di Ascoli Satriano, che ha offerto lo spazio espositivo del polo museale di Santa Maria del Popolo, in seguito ad una prima esposizione temporanea a Roma (Palazzo Massimo, 16 dicembre 2009 – 23 maggio 2010, “Il segreto di marmo: i marmi policromi di Ascoli Satriano”), e che ha organizzato un itinerario di visita articolato, che comprenda anche altri siti di interesse archeologico, di cui è ricco il territorio.

Perché questi passi in avanti, ottenuti dalle autorità italiane nella lotta al traffico illecito di antichità rubate abbiano un valore internazionale sono necessari, però, numerosi altri passi. Il primo di questi potrebbe essere la formale e pubblica accettazione della Convenzione UNESCO 1970 da parte dei musei e dei collezionisti privati di tutto il mondo, nonché la sua formale internazionalizzazione nel contesto del diritto mondiale.

Le investigazioni dei Carabinieri italiani hanno, tra l’altro, rivelato chiaramente quanto siano strettamente legati al traffico illecito di antichità i musei e altre istituzioni culturali, quali le università. Non tutte, ovviamente, ma è innegabile che alcune collaborino con collezionisti e mercanti facilitando il commercio illegale. Ci sono diversi modi in cui questo può avvenire. In alcuni casi gli accademici si prestano all’identificazione di oggetti dalla provenienza sconosciuta, stabilendo la rarità e l’importanza di antichità e determinandone il prezzo e la immissione (o meno) sul mercato. L’expertise di accademici del settore rende il commercio decisamente fruttuoso, aumentando la credibilità del mercante. In altri casi, gli accademici chiudono deliberatamente gli occhi davanti alla provenienza “sconosciuta” di qualche antichità che viene loro sottoposta, per evitare complicazioni legali, interessati di più all’interesse storico-artistico che il bene può avere per loro. Il coinvolgimento di professori e studiosi è particolarmente importante nel settore dei manoscritti antichi e dei materiali scritti. Molti di questi accademici identificano materiale di provenienza sconosciuta nella convinzione di salvarne la conoscenza per il beneficio collettivo e nell’apparente inconsapevolezza dell’illegalità del loro ruolo di supporto al commercio illegale. Nella maggior parte dei casi, però, come si può ben immaginare, il guadagno è il motore di questo ingranaggio che coinvolge università e musei.

È fatto noto che i criminali del settore del contrabbando di opere d’arte e antichità traggano vantaggio dagli anelli deboli dei sistemi legislativi locali, usando vari sistemi di triangolazione del mercato per inserirsi negli anfratti maggiormente permeabili al traffico illecito. È indispensabile, per questo motivo, la realizzazione di archivi coordinati tra magistrature e polizia, anche a livello internazionale, oltre che una continua vigilanza su quelle Nazioni che hanno ratificato le convenzioni che impongono di fornire spontaneamente alle autorità investigative (anche straniere) ogni informazione utile su traffici illeciti di beni culturali. Questa sarebbe l’unica effettiva soluzione per scoraggiare il traffico clandestino, avvantaggiare il mercato legale e proteggere questo tipo così peculiare di beni, i quali perdono la propria anima e la ricchezza culturale al di fuori del contesto che li ha prodotti.

 

Note

1 “Gli Stati parte della Convenzione riconoscono che l’importazione, l’esportazione ed il trasporto illecito di proprietà culturale è una delle principali cause dell’impoverimento del Patrimonio delle Nazioni d’origine e che la cooperazione internazionale costituisce uno dei modi più efficaci di proteggere la proprietà culturale di ciascuna nazione da ogni pericolo.”

3Neil Brodie, archeologo inglese, ha dichiarato, nell’ambito di una diatriba sulla posizione dello stato cinese nel combattere il traffico illegale di beni culturali, che l’Italia ha avuto successo in alcune restituzioni di beni trafugati solo perché “they’ve got the largest dedicated team in the world. It’s a question of investment”; v. http://www.ft.com/cms/s/0/be1859ba-9caf-11e0-bf57-00144feabdc0.html#axzz1RwNul4Lt .

 

 

BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA

Convention on the Means of Prohibiting and Preventing the Illicit Import, Export and Transfer of Ownership of Cultural Property 1970: http://portal.unesco.org/en/ev.php-URL_ID=13039&URL_DO=DO_TOPIC&URL_SECTION=201.html

Paul Sassman, Antiquities smuggling: 'A crime against humanity', in CNN.com, 12 Dicembre 2006. http://www.cnn.com/2006/WORLD/europe/12/11/illegal.antiquities/index.html

AA. VV., International meeting on illicit traffic of cultural property. Rome 16/17 December 2009, Gangemi Editore, Roma 2009.

Giuseppe Inserra, Benvenuti ad Ascoli Satriano “città dei grifoni”, in “Diomede. Tra passato e futuro”, 28 febbraio 2010. http://www.diomede.koine-srl.it/?p=294

Stephen Wilmot, Antiquites: the war of art, in “Financial Times Wealth”, 23 Giugno 2011, pp. 44-45. http://www.ft.com/intl/cms/s/0/be1859ba-9caf-11e0-bf57-00144feabdc0.html#axzz1RwNul4Lt

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