Statistiche dal 2010

Visite agli articoli
4406763

Abbiamo 235 visitatori online

Cerca nel sito

Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

Fogli e Parole d'Arte

non ha scopo di lucro, non propone alcuna pubblicità e ha come unico interesse la diffusione della cultura.
Pertanto, le immagini pubblicate si attengono all'a
rticolo 70, comma 1bis della legge sul diritto d’autore, dove si afferma che è possibile la "libera pubblicazione attraverso la rete Internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro".


Iscriviti al nostro
canale WhatsApp
sul cellulare

 - Nuova informativa sui cookie -

 


Testuali parole

Lo straordinario viaggio di Marcido Marcidorjs nell’astronave di Loretta Strong

 

Il teatro del fumettista, scrittore e drammaturgo argentino Raul Damonte Taborda, in arte Copi, è tra i più eversivi e difficili da rappresentare che gli anni sessanta ci abbiano lasciato in eredità. Il mondo fantastico di Copi è un mondo alla rovescia dove le coordinate spazio-temporali vengono scardinate e i nessi logici divengono arbitrari. La scena è abitata da personaggi dalla identità sessuale poco definita e che sfidano il concetto stesso di individualità psicologica, e da animali di ogni specie (acquatici, volatili e terrestri) che sbucano d’improvviso sulla scena per essere divorati, inghiottiti o per penetrare i corpi degli umani. Povere di didascalie che, per lo più, si limitano a registrare le entrare e le uscite, le sue commedie affidano soprattutto alla punteggiatura il compito di stabilire i toni del recitato e il ritmo della rappresentazione di situazioni paradossali e ferocemente comiche. I personaggi sono piatti proprio come la “Donna seduta” delle sue vignette e spesso fanno pensare agli eroi dei cartoon per la meccanicità dei gesti e per la loro straordinaria capacità di reviviscenza. Capita, infatti, che si infliggano masochistiche automutilazioni o che esplodano in mille pezzi per poi ricomporsi all’istante o che subiscano i più atroci abusi fisici o compiano i più efferati delitti senza batter ciglio. Assassini, infanticidi, atti di cannibalismo e stupri a ripetizione accadono sul filo del rasoio di un linguaggio raffinato che ricalca i modi e le cadenze del teatro di conversazione. Si danno del lei e scandiscono l’agile alternanza di botta e risposta con esclamazioni e neologismi snob origliati nei salotti della Parigi bene. E’ un teatro che spiazza e che provoca spasmi di ilarità liberatoria.

I luoghi dell’azione sono indefiniti e spesso taciuti dalle didascalie, lasciando alle parole pronunciate dai personaggi il compito di nominare luoghi e oggetti che mutano nel loro immaginario. L’abitacolo dell’astronave di Loretta Strong, ad esempio, si trasforma nei suoi pensieri in un interno domestico con tanto di frigo, forno e water che, verso la fine, la risucchia giù per le tubature. La visionarietà apocalittica e da effetti speciali di Loretta le fa vedere i resti della Terra galleggiare nello spazio in una girandola si immagini in perenne movimento e mutazione. Tentare di dare forma visiva alle situazioni raccontate, magari affidandosi a tecnologie multimediali, significherebbe tradire Copi e imprigionare il suo universo inventivo. Azzardare poi interpretazioni di carattere sociologico o ancor peggio di carattere psicoanalitico(basterebbe la seduta di L. dallo psichiatra in Il frigo a far passare la voglia) non porta lontano. Perché il teatro di Copi fa a pezzi il potere in ogni sua forma, frantuma i palinsesti della cultura borghese e rivendica la libertà dell’artista in modo giocoso e irresponsabile, creando fantasmagorie dove le anomalie divengono semplicemente normali. L’antenato di alcuni dei suoi personaggi può essere Ubu Roi di Alfred Jarry e il genere teatrale più vicino ad alcune sue commedie può essere il vaudeville. Ma, per il resto, il teatro di Copi è uguale solo a se stesso.

La visionarietà e le geometrie formali del monologo di Loretta Strong ben si incastrano con lo stile dei Marcido Marcidorjs che ne inscenano una versione di notevole impatto visivo ed emotivo e che, soprattutto, traduce nella performance ogni singolo segno di interpunzione di un testo caratterizzato dal ritorno periodico di esclamazioni e parole chiave. La regia di Marco Isidori fa leva sul gigantesco disco rotante ideato da Daniela Del Cin e sulle straordinarie doti attoriali di Paolo Oricco che interpreta la parte di Loretta in uno stato di totale costrizione fisica. Il disco è posto in posizione verticale e, manovrato sul retro da Maria Luisa Abbate e Stefano Re, è capace di ruotare in più direzioni. Per tutto il tempo della rappresentazione l’attore è legato alla macchina scenica da cinghie di cuoio che lo assicurano all’Astronave anche quando, girando su se stessa, gli impone di recitare a testa in giù. La straordinaria macchina scenica è un tutt’uno con il personaggio, l’estensione del suo essere, la metafora visiva del gorgo dei suoi pensieri. Le vorticose strisce di colore del dipinto propagano le falde arricciate della gonna a pois indossata dall’attore tra le quali si infilano grossi topi neri in fuga verso il centro del cerchio variopinto. Oricco - capelli rossi corti, volto pallido da mutante, pantaloni attillati sotto il gonnellino alla Minnie e stivaletti rossi con tacco 12 - non ha nulla della drag queen o della diva del varietà che Copi aveva in mente quando recitò la parte di Loretta nella prima messinscena della piéce a Parigi diretta da Javier Botana nel 1974. Pare infatti che indossasse un vestito eccentrico e sfarzoso e che si sventolasse con un prezioso ventaglio, sia nella prima versione che in quella da lui stesso diretta e recitata in italiano al Teatro Gerolamo di Milano nel 1978.

IsidoriLa Loretta dei Marcido è un ermafrodito pop, a metà tra il replicante alla Blade Runner e l’eroe dei fumetti alla Lichtenstein, ma che tuttavia emana una dirompente, seppur celebrale, sensualità. Quasi immobilizzato sullo sfondo del disco, Oricco affida la sua recitazione a piccoli movimenti delle mani, a gesti trattenuti e ad una mobilissima mimica facciale che, insieme ad uno straordinario contrappunto vocale e al sapiente controllo del ritmo e dei timbri, trasmettono fisicamente allo spettatore l’energia vitale del personaggio e la sua cocciuta volontà di esistere a dispetto del cataclisma.

Loretta è la pronipote interspaziale della Winnie beckettiana che invece di sprofondare nel cumulo di terra, si inabissa nell’universo. E’ una specie di signora omicidi borghese, tanto frustrata da far subito fuori il marito Steve Morton (lo si legge nella didascalia iniziale e lo si deduce dalle primissime battute) per lanciarsi nello spazio e starsene finalmente “ qui, sola con i topi!”. La sua missione consiste nel disseminare oro su Betelgeuse, ma la spedizione è costantemente minacciata da alieni assatanati che tentano di concupirla e da un’orda di topi, pipistrelli e pappagalli che la penetrano e la posseggono, costringendola a partorire e ad allettare orribili creature. Lo sproloquio delirante, con chiari risvolti cabarettistici, alterna momenti di monologo interiore, a tentativi di comunicare con l’altro da sé. Loretta è letteralmente appesa alla cornetta del telefono per parlare con l’amica lesbica Linda o con Uomini Scimmia della Stella Polare e venusiani o plutoniani di vario genere. I suoi continui “Pronto?”, “Dove sei?”, “ Sei tu?” scandiscono i tempi del recitato e segnalano i cambi di tono e timbro vocale necessari a dar corpo scenico alle varie fasi della lotta intrepida di Loretta contro la solitudine, la deriva del senso e l’annullamento di se stessa. Oricco è maestro nel sottolineare tutti passaggi da un interlocutore o da uno stato d’animo all’altro attraverso variazioni vocali e mimiche ben dosate e volutamente contrastanti con il linguaggio iperbolico. L’intercalare un po’ affettato, farcito di esclamazioni di sgomento o di indignazione, fanno sembrare ordinarie e perfino banali situazioni parossistiche. Per Loretta, ad esempio, non c’è nulla di strano nel mangiare il cervello di un cadavere, “perché si scioglie in bocca !” e quando è colta da un attacco di vanità, esclama sdegnata :”

Su questi satelliti non c’è neanche uno specchio!

Vado a specchiarmi nell’acqua del water!”

Oricco

 

Sulla pagina scritta battute come queste suonano demenziali. Ma il punto è che nel testo palpita la voce viva dell’autore che lo ha scritto immaginando se stesso sulla scena e che pertanto la regia deve saper ascoltare questa voce. Una voce attraversata da una sferzante autoironia, e da uno humor molto singolare che i Marcido hanno colto in flagrante e fatto rivivere sulla scena in modo mai scontato (imitando ad esempio gli eccessi parodistici legati al travestitismo del personaggio e del suo autore). L’umorismo di Copi non giudica ma scherza con il tragico strizzando l’occhio allo spettatore e invitandolo a partecipare al rito crudelmente comico del suo teatro con leggerezza e irriverente distacco. In questo senso il preludio al monologo pensato dalla Marcido è un invito ad entrare nello spirito di Copi. Ad accogliere il pubblico in sala ci sono infatti cinque attori camuffati da astronauti che parlottano tra loro in un linguaggio incomprensibile. Con i loro movimenti impacciati e il borbottio inarticolato fanno subito pensare a Wall-E o a qualche altro pupazzo dell’immaginario infantile, predisponendo lo spettatore ad entrare nel fantastico gioco del teatro. Ma l’intera piéce, anche grazie al movimento del disco volante, ridisegna sulla scena il moto drammatico del testo che, da un inizio piuttosto verboso, si assottiglia gradualmente per riprodurre lo sforzo estremo di Loretta di “infilare una parola” nel vuoto comunicativo che la inghiotte. Quando la Terra esplode, e tutto sembra andare in mille pezzi dentro e fuori da lei, le immagini si riducono e si frammentano per lasciare posto alla reiterazione ossessiva di frasi tronche e di richieste di ascolto e parola (Stammi a sentire ! Mi sente?). Peccato che le parole non riescano a dire la forza con la quale Oricco sia riuscito ad esprimere la ribellione di Loretta e il suo sforzo immane di far prevalere comunque la vita nel suo viaggio verso la morte e di lasciare tracce umane in un cosmo in frantumi. Il tutto senza prendersi sul serio, come, credo, sarebbe piaciuto a Copi.

 

Scheda tecnica

Loretta Strong di Copi, con Paolo Oricco e con Maria Luisa Abbate, Valentina Battistone, Alessandro Deffacis, Stefano Re.
Tecniche: Sabina Abate. “Astronave” di Daniela Del Cin. Regia : Marco Isidori. Produzione: Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa con il sostegno del Sistema Teatro Torino. Foto di scena di Daniela Del Cin.

Prima nazionale: 1 febbraio 2011, alla Cavallerizza Reale, Torino.

Visto a Roma, Teatro Arvalia il 29 marzo 2011.

abbiamo aggiornato l'informativa sui cookie