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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Il malato immaginario del Teatro Kismet OperA

Dopo l’indimenticabile L’avaro diretto da Martinelli, approda a Roma Il malato immaginario di Teresa Ludovico a dimostrare in modo tangibile la vitalità del teatro di Molière che induce sempre più spesso i moderni a riappropriarsene per trasmetterne la forza e la verità. Del resto i classici servono proprio a questo, a interrogarsi sul presente utilizzando la lente d’ingrandimento di chi, attraverso il teatro, ha dato forma all’umano. Sia Il teatro delle Albe che il Kismet OperA sono stati fedeli a Molière rinnegando quelle tentazioni vagamente filologiche che di fatto trattano i testi come reperti da rispolverare. La performance non deve ricostruire ambienti o rievocare atmosfere, ma fornire una chiave interpretativa nuova e condivisibile con il pubblico.

Il malato immaginario ovvero le Molière imaginaire è una riscrittura che conserva le linee essenziali dell’intreccio della commedia e lo arricchisce di un prologo, un epilogo e di un apparato musicale (la suite Le Molière imaginaire di Nino Rota), che restituisce allo spettacolo un elemento fondante del teatro di Molière, che viene speso trascurato dalla messinscena moderna. Le parti aggiunte creano un raccordo tra Molière e la commedia dell’Arte, instaurano un dialogo immaginario tra il commediografo e il compositore, e soprattutto rinsaldano la compenetrazione tra vita e teatro già fortemente implicita nella commedia.

Il prologo è recitato dallo straordinario Pulcinella di Marco Manchisi che si presenta al pubblico in veste del servo di Molière e che racconta dell’amore che il suo padrone nutre per il teatro, una passione che rasenta la patologia e che lo induce a confondere la vita vissuta con quella immaginata. Il rapporto tra Argante e il suo creatore viene così stabilito fin dalle prime battute e viene ribadito per l’intero corso della rappresentazione. Il taglio registico infatti sembra voler mettere in primo piano la natura direi quasi metateatrale dell’ipocondria di Argante, che recita la parte del malato per sfuggire alla disperazione e che usa l’immaginazione come scudo dalla mediocrità quotidiana che lo circonda. Sia Molière che il suo personaggio sembrano sopportare la vita solo a patto di immaginarla. Avvolto nella semioscurità, l’Argante di Augusto Masiello esordisce sulla scena risvegliandosi di colpo da un incubo appena accennato dal profilo di una donna ammantata di nero che ruota al suo fianco in una scena di grande impatto visionario. Sembra essere la Morte che si dilegua nel nulla nel chiarore del risveglio che coincide con l’inizio della rappresentazione della commedia vera e propria. Il brontolone che annota il costo di clisteri e medicinali vari sul suo libro dei conti è ritratto con sottile ironia tragica e il suo giuoco delle parti, sebbene mosso dalla paura di vivere e di morire, è presentato come segno del suo mastodontico egoismo. Argante è indubbiamente comico e anche patetico nel suo essere schiavo di se stesso, ma sia l’interpretazione di Masiello che il taglio registico, amplificano il suo attaccamento al denaro, la sua cupidigia e la sua insensatezza. Non è la macchina onnivora di potere dell’Arpagone di Ermanna Montanari, ma di certo non è soltanto una vittima di se stesso e della farsa che intende perpetrare all’infinito scegliendosi un medico come genero.

La transitività tra vita e teatro un po’ riguarda tutti i personaggi che sono e fingono di essere di continuo. Primo fra tutti Pulcinella, che è personificazione stessa del teatro, motore dell’azione, nonché attore che si trasforma in un batter d’occhio ora nella serva Tonietta, ora in Beraldo, il fratello illuminato del grande ipocondriaco. Gli attori sono impegnati in un tipo di recitazione che li tiene costantemente in bilico tra la ruolo fisso della maschera e il personaggio a tutto tondo. Becchina -Cacchina, la moglie di Argante, è una drag queen “gotica” e lasciva che tiene in pugno amante e marito con un nude look mozzafiato. Recita la parte della moglie premurosa e della moralista intransigente ma, come da copione, non vede l’ora che il vecchio schiatti per appropriarsi dei suoi averi, e la volgarità dei gesti e la sfrontatezza dei modi tradiscono una grettezza d’animo che va molto oltre il testo per parlarci dell’oggi. Angelica (Ilaria Cangialosi) è un’innamorata sincera e spontanea e una marionetta legata ai fili di un invisibile burattinaio allo stesso tempo, mentre Cleante-Santino (Daniele Lasorsa) rimpolpa di carne e sangue il ruolo dell’Innamorato. Volutamente stereotipate sono invece le figure dei due dottori (Michele Cipriani e Andrea Fazzari) che con i loro buffi cappelloni e palandrane nere incarnano la doppiezza del loro ruolo a perfezione e rinforzano la satira tagliente che Molière non risparmia alla categoria in tutti i suoi lavori.

Il palcoscenico fa pensare alle strutture utilizzate dai Comici del’Arte nelle piazze ma è anche luogo fortemente simbolico che visualizza i significati più profondi della rappresentazione. E’ costituito da tre piattaforme lignee praticabili, poste una sopra l’altra, a formare una sorta di piramide sul vertice della quale Argante se ne sta ben piazzato su una poltrona ergonomica, che è metafora al contempo del suo potere e del suo isolamento. Il disegno luci di Longuemare riduce la gamma cromatica al nero dello sfondo e al bianco dei costumi dei personaggi più saldamente legati alla vita (la serva, gli innamorati). Le luci più calde provengono dalla base della piramide, al di sotto della quale si accovacciano gli attori, tra un’entrata e un’uscita di scena. E’ possibile spiarli mentre si cambiano, mentre aprono le botole dalle quali sbucano vivande, ortaggi e fiori di ogni genere, mentre un leggero mormorio di voci e di inflessioni mediterranee danno voce alla vita. Le geometrie simboliche della scena non irrigidiscono la vitalità popolare della rappresentazione, sostenuta anche dal dialetto e dall’andamento fortemente corale della pièce, mentre la comicità farsesca e i toni beffardi non stemperano il tragico. Lo scontro di egoismi e il trionfo dell’avidità e della cupidigia appaiono ancor più netti e assoluti nel chiaroscuro della scena, che sposta idealmente l’ambientazione dalla Parigi seicentesca ad un Meridione posto nel non tempo.

Tra un’idea registica e l’altra, gli episodi, le complicazioni e lo scioglimento si susseguono in modo fluido e veloce, sebbene gli attori- tutti bravissimi- debbano sostenere più ruoli. La conclusione tragicomica si tinge di toni ancora più cupi quando Argante, neo-dottore in medicina, muore in scena proprio come Molière, che nei panni del malato, si sentì male alla quarta rappresentazione (17 febbraio 1763), per morire poco dopo a casa sua in totale solitudine. L’epilogo va dunque letto come omaggio appassionato al grande commediografo e a tutti “i malati di teatro” che affollano palcoscenici e platee. Peccato che lo spettacolo abbia sostato solo per pochi giorni nei Teatri di cintura capitolini : vista l’accoglienza entusiastica di un pubblico, tra l’altro, periferico, doveva rimanere in cartellone per almeno due o tre settimane.


Scheda tecnica

Il malato immaginario, ovvero Le Molière Imaginaire. Teatro Kismet OperA. Adattamento e riscrittura di Teresa Ludovico. Musiche di Nino Rota.  Light designer: Vincent Longuemare.  Costumi : Luigi Spezzacatene. Con: Augusto Masiello, Marco Manchisi, Ilaria Cancialosi, Serena Brindisi, Cristina Mileti, Andrea Fazzari, Michele Cipriani, Daniele Lasorsa.  Regia di Teresa Ludovico.

Prossime rappresentazioni:

4 febbraio 20011, Teatro Comunale, Cavalese(TN).

5 febbraio, Teatro San Pietro, Mezzolombardo, (TN).

Dal 15 al 27 febbraio 2011, Sala Fontana, Milano.

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