Statistiche dal 2010

Visite agli articoli
4405529

Abbiamo 115 visitatori online

Cerca nel sito

Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

Fogli e Parole d'Arte

non ha scopo di lucro, non propone alcuna pubblicità e ha come unico interesse la diffusione della cultura.
Pertanto, le immagini pubblicate si attengono all'a
rticolo 70, comma 1bis della legge sul diritto d’autore, dove si afferma che è possibile la "libera pubblicazione attraverso la rete Internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro".


Iscriviti al nostro
canale WhatsApp
sul cellulare

 - Nuova informativa sui cookie -

 


Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Natale al cinema con un eroe supercattivo

 

Megamind

 

Regia: Tom McGrath

Distribuzione: Universal

 

 

 

 

 

 

 

 

“Nessuno merita lodi per la sua bontà, se non ha la forza di essere cattivo”.

François de La Rochefoucauld, Massime.

Non è improbabile che l’uomo del quarto millennio si presenti con una conformazione fisica alquanto diversa rispetto a quello contemporaneo. È già accaduto qualche milione di anni fa nel passaggio dall’Australopiteco all’Homo Habilis, cui è succeduto il genere Erectus, e così via fino all’odierno Sapiens Sapiens. Le modificazioni della colonna vertebrale e del cranio, della dentatura e degli arti, l’aumento della statura e il colore della carnagione sono avvenute grazie all’adattamento all’ambiente, e per via della scoperta del fuoco, che ha cambiato radicalmente molte abitudini.

Si può dunque pensare all’uomo del Tremila completamente condizionato dalla tecnologia, forse carente dal punto di vista motorio e visuale, con dita dei piedi e dentatura atrofizzati, capelli e peluria radi, o del tutto scomparsi, e un capo decisamente sviluppato, atto a contenere un cervello almeno triplicato nel volume rispetto a quello attuale. Allora l’ideale di bellezza avrà già canonizzato un tipo umano calvo e ipercefalo, suggello del progresso psico-intellettivo della società. Tale evoluzione, però, come narra Megamind, la nuova realizzazione animata della DreamWorks, potrebbe essere già avvenuta, magari presso comunità di altri sistemi solari.

Difatti, in un lontano pianeta della galassia, poco prima della distruzione, un bimbo di rara intelligenza, e dalla testa grossa, ad appena otto giorni dalla nascita, e per mezzo di una capsula di salvataggio, viene spedito nello spazio in compagnia di Minion, una sorta di pesce spaziale, ovvero una curiosa creatura “tascabile” superdotata, al fine di conquistarsi altrove un futuro grandioso. Nel frattempo, un altro neonato d’aspetto più gradevole, è in viaggio per la stessa destinazione e i medesimi scopi. Ma come si sa i capricci del fato regolano i destini degli individui, così che entrambi approderanno sul pianeta Terra: il secondo finirà in una lussuosa magione, adottato da una famiglia ricchissima, mentre il primo in un penitenziario, allevato da un gruppo di ergastolani.

È certo che cattivi non si nasce, del resto il ragazzino cresce educato ai disvalori più comuni. Fuori dalla prigione, però, frequenta una scuola normale, in cui combina vari disastri, e dove viene bistrattato, emarginato, dileggiato, anche, e specialmente, da colui che proviene dallo stesso astro, ma che primeggia in tutto godendo dei vantaggi che la fortuna gli ha riservato. Il suo nome, Metro Man, suona come una solenne designazione. È lui il supereroe difensore di Metro City: bello, aitante, intrepido, amato e benvoluto da tutti, protegge la città da ogni pericolo.

All’altro, smilzo come un cadavere, carnagione bluastra e testa spropositata, a cui s’addice senza dubbio alcuno il nome di Megamind, non resta che proporsi come “paladino del male”, un ruolo che svolge egregiamente essendo egli dotato di una grande inventiva, dell’assistenza di servitori ipertecnologici e dell’apporto pratico e morale del fido aiutante Minion. Dal look rigorosamente dark, e dagli accessori esclusivi, come gli stivali in pelle di cuccioli di foca, il supercattivo è pronto a ideare insidie sempre più sofisticate per sottomettere la metropoli ed eliminare il borioso avversario, il quale, riesce ogni volta a rovesciare la situazione a proprio vantaggio lasciando Megamind sconfitto e pubblicamente beffato, considerata la solerzia dei media, ovvero della giornalista Roxanne Ritchi e del suo cameraman Hal Stewart, che non perdono occasione di esaltare le gesta di Metro Man con il quale la reporter è pure fidanzata.

Gli insuccessi si susseguono ai fallimenti, finché Megamind, in seguito al rapimento di Roxanne, riesce ad attirare Metro Man in una trappola, cervellotica e macchinosa, che tuttavia sarà letale al supereroe. Con l’uscita di scena di questi, Megamind si può godere il sospirato predominio su Metro City. La popolazione attende terrorizzata lo sviluppo degli eventi che invece, giorno dopo giorno tornano ordinari, consueti, finanche noiosi, seguendo un progressivo calo di tensione che coinvolge anche il cianotico supercattivo, il cui livello di depressione lo inchioda a una logorante inattività, in parte compensata da un nuovo sentimento che si fa strada dentro di se, e che ha come oggetto la bella Roxanne.

Ma che senso ha lo Yin senza Yang? E un supercriminale, senza un supereroe che lo contrasti? Megamind è turbato dalla nostalgia dell’isolamento in gattabuia, delle fughe geniali dalla prigione e delle immediate vendette, perciò decide di clonare il suo nuovo supernemico attraverso il dna di Metro Man da inoculare in un essere umano per mezzo di un’arma appositamente realizzata. La scelta ricade sul pingue Hal Stewart, il cameraman di Roxanne, un nerd imbranato e piuttosto frustrato. Addestrato, fornito di un costume adeguato, e di un nome, Titan, all’altezza del compito prefissato, il supereroe di turno si svela immediatamente alla città.

E non sarà una buona presentazione visto che Titan si dimostra arrogante e perfido, astioso e nocivo, impaziente di diventare il tiranno di Metro City, e magari raderla al suolo, eliminando il suo patetico mentore in costume di pelle nera. Il geniale Megamind stavolta è spiazzato. Che fare? Come neutralizzare l’invasato in calzamaglia rossa che l’ha superato in malvagità? Sacrificare il mondo per restare coerente a se stesso? O trasformarsi nell’eroe che ha sempre osteggiato? E che penserebbe Roxanne di tutto ciò? Da che parte starebbe ora che, assunte le sembianze di Bernard, il curatore del museo, sembra averne catturato l’interesse?

Queste e altre risposte potranno essere soddisfatte dal prossimo 17 dicembre nei cinema italiani. Intanto possiamo solo attendere la data fatidica compiaciuti dei risultati strabilianti che Megamind, diretto dall’ottimo Tom McGrath (già acclamato regista di entrambi gli episodi di Madagascar in coppia con Eric Darnell) sta ottenendo al box office americano. La versione uscita negli USA si avvale, inoltre, di un cast di voci assolutamente carismatico con Will Ferrell (Megamind), Brad Pitt (Metroman), Tina Fey (Roxanne), Jonah Hill (Titan / Hal), David Cross (Minion) e perfino Ben Stiller (Bernard) che compare anche come co-produttore della pellicola.

Detto del talento dei doppiatori, apprezzabile tuttavia dai soli fruitori della versione in lingua originale, le attrattive di questo riuscitissimo family movie risultano molteplici: dai dialoghi intelligenti e ironici alla storia intrigante e originale, che dopo il meritato successo di Cattivissimo me si fonda nuovamente sull’eroismo di un villain; dal messaggio semplice, manicheo, del racconto, che riguarda la contrapposizione tra il bene e il male e la loro reciproca attrazione e complementarità, alle numerose citazioni che susciteranno l’approvazione dei cinefili incalliti, tra cui spicca quella kriptoniana dell’incipit che magnifica il Superman di Richard Donner.

Il lungometraggio animato in 3D, quindi, potrà essere apprezzato dai bambini e dagli adulti per gli effetti visivi, i colori, il ritmo e i continui colpi di scena, per la simpatica galleria dei personaggi, tra i quali si distingue il buffo protagonista, che si agita alla maniera di una rockstar sotto le note dell’inossidabile Highway to Hell degli AC/DC, e il piccolo Minion, quando nel corpo di un robot, finito ko, si esibisce da scaltro teatrante fingendo di agonizzare. E per gli amanti delle curiosità appare pure Barack Obama in un manifesto gigante che pubblicizza il suo ben noto slogan elettorale, che qui non poteva che comparire rovesciato: “No we can’t”. Tale ironia da sola vale il prezzo del biglietto!


Che buoni questi cattivi!

È assurdo dividere le persone in buone e cattive. Le persone si dividono in simpatiche e noiose
Oscar Wilde

Ironica rilettura del ruolo del supereroe cattivo, Megamind si appresta ad accodarsi a una sparuta galleria di personaggi che dopo una certa militanza nella parte dell’antagonista, confusi dallo stress e dallo scontato interesse generale per i malvagi, si schierano con l’opposta fazione, oppure vivono il proprio stereotipo con noia e disincanto. Nel caso della fortunata serie di pellicole dedicate a Frankenstein prodotta dalla Universal, a partire dal film di James Whale (1931), il mostro appare spesso più una vittima della scienza che un rappresentante archetipo del male. E nella versione - comica - di maggior successo, Frankenstein junior (1974), meravigliosa commedia in bianco e nero di Mel Brooks, con gli indimenticabili Gene Wilder, Marty Feldman, e perfino Gene Hackman nella parte di un cieco, la gigantesca creatura (Peter Boyle) assemblata in laboratorio è di una bontà assoluta.

Presente specialmente nei fumetti, negli action-movie, e nella fantascienza, la variante maggiorata del criminale possiede spesso un nome eccentrico ed eccessivo, dei costumi o travestimenti colorati, prepara stratagemmi complessi e ambiziosi allo scopo di sopprimere i propri avversari e conquistare il mondo. Acclarato che i cattivi siano implicitamente più interessanti degli eroi che gli si oppongono, essi risultano talmente indispensabili nelle trame al punto da condizionarne la riuscita. Che interesse avremmo, infatti, per Batman senza gli agguerritissimi avversari che rispondono al nome di Joker, Due Facce o Il Pinguino? E che senso avrebbero le gesta dell’Uomo Ragno privo di Goblin, Venom e del Dottor Octopus?

Non è nostra intenzione analizzare in questa sede tutto l’universo che gravita intorno ai supereroi e ai loro attraenti avversari visto che non basterebbe un ponderoso volume di notazioni e riflessioni. Tuttavia, possiamo affermare che il ventaglio delle caratteristiche comuni dei supercattivi, pur nell’originalità dei rispettivi caratteri, è valido anche per i cartoni animati, di cui, più specificatamente ci occupiamo. Allora, nella lista di tali tipiche peculiarità possiamo annoverare facoltà speciali o sovrumane, un’intelligenza fuori del comune e una brillante mente scientifica adoperata per promuovere il male, una natura sadica e sociopatica, il desiderio di vendetta, di commettere crimini spettacolari e di sfidare chiunque si metta sulla loro strada, un nascondiglio oscuro, cupo o un covo inaccessibile dove preservare la propria solitudine…

Considerazioni, queste, senz’altro valide anche per Megamind, almeno prima della particolare evoluzione del personaggio, che come detto si delinea come un classico cattivo, ma in assenza della sua nemesi si trasforma in eroe positivo. Ciò sembra rispondere a una svolta espressiva tipica dell’animazione a marchio DreamWorks degli ultimi mesi. Il riferimento, quindi, non tira in ballo solamente quest’ultimo successo, ma va perlomeno esteso al recente Cattivissimo me (2010) di Pierre Coffin, Chris Renaud e Sergio Pablos, che negli USA è stato già catalogato come antesignano del genere “cynical movie”.

Prima ancora va dato atto alla casa di produzione fondata da Steven Spielberg, Jeffrey Katzenberg e David Geffen di aver sfumato, o addirittura rovesciato la netta demarcazione tra buoni e cattivi tipica del racconto animato classico, a iniziare da Shrek (2001) di Andrew Adamson e Vicky Jenson, il lungometraggio di animazione che vanta il maggior successo della storia del cinema al botteghino. In seguito all’affermazione planetaria dell’orco verde e puzzolente, scontroso ma bonario, le fiabe e le favole animate hanno subito un ribaltamento epocale che obbliga oggi gli sceneggiatori e gli animatori a una maggiore considerazione dell’umorismo, della comicità e del citazionismo, elementi che rendono tali produzioni sempre più sofisticate, dunque adatte non più al solo pubblico dei bambini, orfani oramai di un cattivo realmente spaventoso, ma intenzionalmente indirizzate anche ad adolescenti e adulti. Non sappiamo se questa rivoluzione del gusto iniziata nel terzo millennio potrà causare eventuali squilibri alla formazione etica ed educativa dei recettori più giovani, ma crediamo che la partecipazione condivisa di adulti e minori allo spettacolo animato sia da valutarsi positivamente, al di là di ogni considerazione di ordine psico-pedagogico.

 

 

Estratto da PRIMISSIMA SCUOLA n.5-6 - dicembre 2010

abbiamo aggiornato l'informativa sui cookie