Spettacoli sulle scene e sugli schermi

L'altro volto della speranza, di Aki Kaurismäki

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L'altro volto della speranza
(Titolo originale: Toivon tuolla puolen)

Regia: Aki Kaurismäki

 



Cast: Sherwan Haji, Sakari Kuosmanen, Ilkka Koivula, Janne Hyytiäinen, Nuppu Koivu

Distribuzione: Cinema

 






"Un incrocio di destini in una strana storia". Questo verso di una nota canzone di Francesco De Gregori definisce egregiamente il contenuto de L'altro volto della speranza, l'ultima realizzazione di Aki Kaurismäki premiata con l'Orso d'Argento per la miglior regia al recente Festival di Berlino, e in uscita nei cinema italiani dal prossimo 6 aprile. In effetti, i destini che si incontrano paiono piuttosto divergenti, salvo riconoscersi nella sequenza che ne sancisce la comunanza, una scena in cui i pugni che si scambiano i due protagonisti assumono la valenza di sinceri e amichevoli abbracci, il raggiunto sodalizio di due solitudini.

Percorriamo, allora, qualche passo indietro. Scampato dalla tragedia di Aleppo, il giovane Khaled (Sherwan  Haji) inizia a peregrinare per l'Est europeo fino a sbarcare - quasi per caso - a Helsinki. A quel punto chiederà alle autorità finlandesi l'asilo politico per se e per la sorella Miriam, di cui ha perso le tracce durante l'avventurosa fuga dalla Siria. Contemporaneamente, Waldemar Wikström (Sakari Kuosmanen), maturo rappresentante di commercio, metterà in atto la sua evasione dalla routine quotidiana abbandonando la moglie e svendendo l'intero campionario di camicie e confezioni per poche migliaia di euro.

Mentre Khaled si barcamena tra l'accogliente burocrazia finlandese e la solidarietà degli immigrati islamici, tra documenti contraffatti e clandestinità, tra le inevitabili difficoltà linguistiche e l'avversione dei gruppi xenofobi locali, tra le bevute di birra e le performance rock-blues dei gruppi finnici, Wikström gioca il poker della vita moltiplicando enormemente il suo capitale. Può così rilevare "La Pinta Dorata", un locale di periferia in evidente crisi di clienti, e dedicarsi alla ristorazione.  Insieme a una squadra di "improvvisati professionisti", dediti più al tabacco e alla vodka che al lavoro, ai quali aggregherà come lavapiatti il volitivo Khaled, il piccolo imprenditore tenterà un rilancio "modaiolo" proponendo musica dal vivo e serate danzanti, cucina indiana o nipponica. Sempre ottenendo risultati mediocri, e ridicole cantonate.

Intanto, Miriam riesce a raggiungere la capitale finlandese, e il fratello; il quale, seppur vittima di una vile aggressione da parte dei naziskin, potrà costruirsi un futuro insieme ai suoi colleghi di lavoro, e a un simpatico cagnetto unitosi alla compagnia. Anche Wikström, finalmente rasserenato, potrà rivedere in un'altra luce il rapporto con la moglie, dalla quale si era mestamente distaccato. Insomma, la serie di destini sopra citata ritrova la giusta collocazione nel puzzle dell'esistenza. Perché, come recita il titolo, anche in un paese straniero, e a dispetto delle difficoltà legate alla diversità, al pregiudizio, all'intolleranza, ciò che lega gli esseri umani è più importante di ciò che li divide.

L'altro volto della speranza sciorina un gran numero di considerazioni sui temi più attuali e scottanti del nostro tempo senza accentuarne i toni, anzi, descrivendo con naturalezza e lucida imparzialità le storture e le anomalie provocate dalla globalizzazione, dalla grave crisi economica, dal razzismo, dalle migrazioni e dalle guerre. Sullo sfondo il regista tinteggia l'inadeguatezza della politica e della società, la tetraggine e l'inflessibilità della burocrazia, i veri mali della modernità. Come uscirne? Qual è la ricetta, il messaggio dell'opera? L'umanità, la tolleranza, la conoscenza, la capacità di accettare se stessi e gli altri, la voglia di amare generosamente, serenamente, di rispettare la natura, di inseguire i sogni, i desideri e le utopie...

In questa messinscena d'indubbia originalità - scritta e diretta da Aki Kaurismäki sei anni dopo Miracolo a Le Havre - in cui i silenzi prevalgono sui dialoghi, tanti i momenti memorabili, a partire dalla scazzottata tra Khaled e Wikström fino alla successiva riconciliazione; poi il laconico abbandono della moglie da parte di Wikström; e la lunga partita di poker in una bisca clandestina. Curiosa pure la scena della stampa dei documenti falsi. Buffissima, inoltre, la gag del menu giapponese (cucchiaiate di salsa wasabi sopra un improbabile sushi di aringhe!) propinato a un gruppo di turisti nipponici.

Fiaba poetica e melanconica, dramma realistico e grottesco, commedia vintage e surreale: risulta complicato etichettare il lavoro di Kaurismäki in quanto il teatro dell'assurdo, il gusto del paradosso e la vena umoristica dei suoi personaggi emergono con una spiazzante spontaneità a prescindere da un'accurata definizione spaziale e temporale. Persino gli stacchi musicali, pregiati come ai tempi dei Leningrad Cowboys, si avvinghiano al racconto ("Skulaa tai Delaa" di Tuomari Nurmio & kumppanit  possiede l'energia dei primi Dire Straits) come un tessuto sonoro che sembra scaturire dalla vita stessa.