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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Ragazzi di vita, nella versione di Massimo Popolizio

 

La riduzione teatrale di Ragazzi di vita che ha inaugurato la stagione del Teatro Argentina di Roma si avvale della regia di Massimo Popolizio e della drammaturgia di Emanuele Trevi. Lo spettacolo è il risultato di una operazione rischiosa e complessa e reca i segni di un impegno rigoroso e appassionato da parte dei suoi curatori. Hanno scelto una formula epica che divide lo spettacolo in otto episodi (non corrispondenti agli otto capitoli del romanzo), tenuti insieme dalla figura di un narratore in abiti borghesi (Lino Guanciale) che dà risalto alle storie agite sulla scena. Non è né un personaggio fichelle coinvolto nella storia, né un vero e proprio narratore capace di interpretare i fatti o di offrirne una visione unitaria. Ma la sua voce ricca di tonalità dà forma e colore ai sobborghi maleodoranti e assolati di una città pigra e incurante delle sue piaghe sociali.

Lo spettacolo è sicuramente ben fatto, le sue parti sono montate con rigore, la scena (Marco Rossi) è di forte impatto visivo, i diciannove attori( quasi tutti impegnati in più parti) sono diretti con cura da Popolizio e sono tutti molto bravi e vitali. Ma quel che manca è il denso collante della coscienza critica di Pasolini che, pur distante dalla realtà delle borgate romane degli Anni '50, ha saputo dar voce e corpo a quel sottoproletariato altrimenti escluso dalla letteratura. Il dialetto reinventato e l'assunzione dell'indiretto libero, permettono al narratore di entrare nei personaggi e di comprenderne i comportamenti e i punti di vista. Tanto che le parolacce e l'andatura strascicata del parlato conducono a modi di essere, di vivere e di soffrire. Ragazzi di vita rifugge dal realismo ma porta a galla la verità di quel mondo brulicante di desideri e privo di aspettative, per certi versi ingenuo, ma fondamentalmente amorale.

Lo spettacolo di Popolizio in parte edulcora la realtà di quella gioventù ladruncola e affamata, in certi punti addirittura la sterilizza, ripulendola di quella sozzura fisica e morale in cui sguazzano nel libro il Riccetto, Agnolo, il Begalone, il Caciotta, il Lenzetta e molti altri ancora. La drammaturgia taglia una buona parte del romanzo ed esclude le scene più violente, quelle che più affondano nel degrado sociale. Come quelle nella bisca fumosa al Tiburtino dove Amerigo si gioca tutto a "zecchinetta" prima di ammazzarsi, o quelle nel bordello dalle parti di via dei Cappellari. Le scene di prostituzione maschile vengono eliminate e sostituite dall'episodio del "froscio” ( Giampiero Cicciò) che scade nel luogo comune. Allo stesso tempo, è stato aggiunto un episodio un po' troppo strappalacrime che non rientra nell'edizione del 1955. E' la storia del "fusajaro " (Alberto Onofrietti) che vende lupini al Borgia (l'attuale cinema Farnese) e che sogna di comprarsi una maglia azzurra. Fin troppo didascalica è infine la scena inventata di sana pianta in cui una donna delle pulizie ucraina traduce all'amica italiana alcune espressioni in romanesco.

Quel che resta del romanzo viene tradotto in un linguaggio visivo e performativo capace di sviluppare poche righe in una scena intera. La struttura drammaturgica risente dei tempi del palcoscenico e dispone gli eventi lungo un arco narrativo più libero ma comunque fedele al contenuto morale del romanzo. In apertura vediamo il Riccetto (Lorenzo Grilli) che salva la vita ad una rondinella e alla fine lo ritroviamo che lascia morire affogato il piccolo Genesio (Alberto Onofrietti). Due immagini emblematiche che raccontano nella loro brevità il passaggio dall'età più ingenua della prima giovinezza vissuta nel caos del dopoguerra all'età più cinica e immorale degli anni del miracolo economico.

Sulla scena, tuttavia, la spensieratezza e l'incoscienza dei ragazzi di borgata prevale sulla loro corruzione e la critica sociale è pressoché azzerata. Molto spazio è lasciato alle immagini e alle canzoni che chiosano il movimento delle scene. L'immenso palcoscenico vuoto è attraversato da pedane mobili sopra le quali si raggruppano gli attori. Gli elementi scenografici sono essenziali e ridotti, e l'efficacia visiva è affidata quasi esclusivamente alle posizioni dei corpi degli attori e ai loro movimenti. Li vediamo tuffarsi in acqua dallo zatterone del "Ciriola", remare una barca sul Tevere, taccheggiare una signora su un autobus affollato, vedere un film seduti in una platea cinematografica, improvvisare un ballo sulla spiaggia di Ostia. Ogni episodio è introdotto da un titolo scritto a chiare lettere sullo sfondo. Il conseguente straniamento rischia di allentare la tensione, ma il dinamismo prorompente degli attori, la chiassosa coralità degli episodi e il fluido montaggio delle scene catturano l'attenzione del pubblico. Il romanesco però è troppo gridato, soprattutto nella prima parte, e le parole a volte rischiano di perdere quella polisemia che acquistano sulla pagina scritta di Pasolini.

L'intera operazione, del resto, tende alla rumorosa spettacolarizzazione della drammaticità pasoliniana che rimane inevitabilmente in superficie.

 

Scheda tecnica

RAGAZZI DI VITA, di Pier Paolo Pasolini. Drammaturgia : Emanuele Trevi.
Scene: Marco Rossi. Costumi : Gianluca Sbicca. Luci : Luigi Biondi. Canto: Francesca della Monica. Video : Luca Brinchi e Daniele Spanò. 
Con : Lino Guanciale, Sonia Barbadoro,, Gianpiero Cicciò, Roberta Crivelli, Flavio Francucci, Francesco Giordano, Lorenzo Grilli, Michele Lisi, Pietro Masotti, Paolo Minnielli, Alberto Onofrietti, lorenzo Parotto, Cristina Pelliccia, silvia Pernarella, Elena Polic Greco, Francesco Santagada, Stefano Scialanga, Josafat Vagni, Andrea Volpetti.
Regia di Massimo Popolizio. Assistente alla regia : Giacomo Bisordi. 
Produzione Teatro di Roma- Teatro Nazionale.

Prima nazionale : 26 ottobre 2016 al Teatro Argentina di Roma.

 

 

 

 

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