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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

La mia vita da Zucchina, di Claude Barras

 

 

 

 

La mia vita da Zucchina
(Tit. or. Ma vie de Courgette

Regia: Claude Barras

 

Distribuzione: Teodora Film

 

 

 



 

Icare è un ragazzino che non ha ancora compiuto dieci anni, ma ha già acquisito (nomen omen) la passione per il volo. Ha difatti realizzato un variopinto aquilone - con sopra disegnato un curioso "supereroe" che insegue i polli - che di solito affida al vento, al fine di perdersi in cielo con le sue fantasie, librandosi sopra le miserie del mondo. Compie tale operazione specialmente dall'interno della sua stanzetta, un angusto solaio dell'edificio in cui vive con quel che rimane della sua famiglia: il padre se n'è andato da un pezzo, forse a caccia di quelle "pollastrelle" che la madre ha più volte nominato nelle vaghe e sarcastiche risposte fornite al figlio inconsapevole.

La donna vive la propria depressione su una poltrona, stordita dalla birra e ipnotizzata dalla televisione, quasi del tutto indifferente alle silenziose richieste di attenzione da parte di Icare, al quale ha saputo regalare soltanto un curioso nomignolo, Zucchina, che per il bambino rappresenta il più prezioso segno d'affetto mai ricevuto. Ma un giorno, un fatale incidente domestico provocato dal ragazzino causerà la morte di lei e l'affidamento di Icare presso una casa-famiglia. Dopo un periodo di faticoso adattamento presso questa struttura che accoglie diversi bambini abbandonati, oppure sottratti alle rispettive famiglie per le ragioni più svariate, Zucchina ritroverà una certa serenità.


Le regolari visite di Raymond, il gendarme che l'aveva soccorso immediatamente dopo la disgrazia, la disponibilità di Madame Papineau, la severa direttrice dell'orfanotrofio, le premure del maestro Paul e dell'assistente sociale Rosy, l'inserimento nel gruppetto costituito da Simon, il "galletto" della situazione, e Ahmed, che fa la pipì a letto, da Alice, che si nasconde dietro ai suoi lunghi capelli, da Jujube, grande, grosso e ipocondriaco, e da Beatrice, una bambina con la pelle nera e gli occhiali rosa, a cui si aggiungerà la dolce Camille, occhi verdi e nasino all'insù, restituiranno la gioia di vivere al ragazzino. Egli ha finalmente trovato amicizia e solidarietà, affetto e protezione, cura e amore: per la prima volta avrà una famiglia, dei simpatici compagni di scuola e di gioco, delle divertenti feste di compleanno, delle gite spensierate sulla neve, e una ragazzina che gli farà palpitare il cuore ...

Ecco, in sintesi, la trama di La mia vita da Zucchina, pregiatissima produzione francese e opera prima di Claude Barras già insignita di premi importanti nei festival di mezza Europa (Cannes, San Sebastián, Annecy...), in odore di Oscar, e destinata ad attirare il vasto consenso del pubblico in vista dell'uscita nelle sale dal prossimo primo dicembre. Questa proposta animata intelligente e sensibile scritta da Céline Sciamma (regista - di origine italiana - del celebrato Tomboy) e tratta dal libro di Gilles Paris Autobiografia di una zucchina (edito in Italia da Piemme, e in libreria a partire dal 22 novembre), possiede la dote rara di commuovere attraverso un racconto di formazione che si dipana tra i drammi e le difficoltà di un gruppetto di bambini finiti nel lato in ombra della vita.


Tossici e pedofili, ladri e alcolizzati, madri immature o troppo distratte, padri gelosi, e magari violenti, i quali non accettano che la parola "fine" sia pronunciata dalla propria compagna, costituiscono il campionario dei genitori che hanno reso la vita dei rispettivi figli un deserto di angoscia e di tristezza. Si tratta evidentemente di una vicenda che evoca il neorealismo, tinta qua e là di tenui toni fiabeschi e melodrammatici, una sorta de quattrocento colpi in stop-motion (la tecnica di animazione preferita da Tim Burton), in cui la peculiarità dei pupazzi realizzati in materiali compositi, e filmati fotogramma per fotogramma, consiste in un particolare risalto delle teste (simpaticissime le acconciature in schiuma di lattice), e specialmente degli occhi, enormi, vero centro d'interesse del volto dei piccoli protagonisti. Perché lo sguardo dei bambini sul mondo è sinonimo di fantasia e meraviglia, affetto ed emozione.

In una delle scene più divertenti di La mia vita da Zucchina i ragazzini provano a descrivere una scena d'amore e sesso tra il maestro Paul e la sua cara Rosy avvalendosi dei loro frammenti di memoria vissuta, mescolati con una trasposizione di pura immaginazione: il risultato è di dirompente ilarità. Del resto il registro comico-umoristico risulta necessario in primis ad alleggerire le diverse storie drammatiche che coinvolgono i piccoli ospiti della casa-famiglia, e in seconda battuta ad addolcire l'atmosfera dell'orfanotrofio, che nell'immaginario collettivo rimane un luogo detentivo, di solitudine e oppressione.

Gli artefici di questa realizzazione, Claude Barras e Céline Sciamma, hanno dunque scommesso sulla cruda rappresentazione della realtà, sull'identificazione da parte di bambini e adolescenti - a cui è soprattutto indirizzato il film - nei loro coetanei maltrattati e violentati, privati del naturale amore dei genitori, che tentano tuttavia di ricostruire la loro scala degli affetti per mezzo della solidarietà e dell'amicizia, amplificando la propria gamma sensibile nei confronti della natura, in tutte le sue forme, e dell'altro, diverso o eguale che sia, nella speranza di un futuro prossimo di amore e felicità... 

 

 

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