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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Black Clouds di Fabrice Murgia

 

Presentato in prima mondiale nell'ambito del Napoli Teatro Festival che lo ha anche coprodotto, Black Clouds del giovane regista belga Fabrice Murgia porta in scena il complesso mondo di Internet. Argomento davvero insolito per il teatro ma di grandissimo interesse e, soprattutto di scottante attualità.


Lo spettacolo fa pensare a un grande ipertesto fitto di rimandi a problematiche relative all'uso e all'abuso del web. I temi sono tanti, forse anche troppi, ma c'è anche da dire che le modalità di ricezione dello spettatore dovrebbero essere analoghe a quelle di un web surfer o di un semplice navigatore online.

Si parte dalla questione del libero accesso alle informazioni per passare inevitabilmente al deep web, che contiene 550 miliardi di documenti tenuti nascosti, e aldark web, dove chiunque può trovare risorse in anonimato. Si dimostra come l'iperconnessione globale abbia accentuato lo iato tra il potere e la ricchezza del Nord e la miseria e l'ignoranza del Sud del mondo. Si mettono in scena casi di tecnostress, di solitudine telematica, di truffe onlineorchestrate da pirati ivoriani e di turismo sessuale. In buona sostanza il web viene presentato come strumento di progresso ma anche come arma per asservire e dominare i più deboli.

Leone d'argento 2014 e neo direttore del Teatro Nazionale Belga, il dinamico Murgia sfida con energia le tradizioni teatrali eliminando un intreccio coerente, azzerando il dialogo diretto tra i personaggi e spezzettando le storie in tanti piccoli frammenti visivi. La rappresentazione si avvale di filmati documentaristici a schermo intero, di video You Tube, di slides e di scene recitate che, a volte, si susseguono veloci sull'asse della diacronia, ma che più spesso si accavallano e si intrecciano su quello della sincronia. Grandi teche praticabili, incorniciate da tubi al neon e protette da lastre di vetro, si stagliano sul fondale e sulle pareti laterali del palcoscenico,mostrando squallidi interni abitati da personaggi che agiscono in completa solitudine. Nel buio prevalente, le teche vengono illuminate da luci colorate e i personaggi iniziano a parlare e a muoversi nei loro ambienti claustrofobici. I loro volti e i loro discorsi sono proiettati su schermi adiacenti in modo che il pubblico possa scegliere la versione,per così dire, cinematografica della stessa scena. A volte tutti gli spazi praticabili sono visibili in simultanea, in altri momenti l'ardito gioco di luci dirige l'attenzione verso una o due teche al massimo.

Il contatto con il pubblico è volutamente raggelato sia dalla struttura quasi bidimensionale dell'apparato scenico che dalla recitazione straniante dei quattro bravissimi attori. In certi momenti e si riceve l'impressione di stare davanti ad un computer gigantesco con una o più finestre aperte sullo schermo.

 

La prima parte dello spettacolo è decisamente documentaristica e mette insieme personaggi che hanno perseguito un' utopia. Primo tra tutti, Aaron Swartz, il genio informatico americano morto suicida a 28 anni. Ne parla la madre (Valérie Bauchau ) ai piedi del palcoscenico, mentre sullo sfondo scorrono le foto del ragazzo ritratto nelle varie fasi della sua breve vita. La donna elenca con assoluto distacco le imprese del figlio che, tra le altre cose, era riuscito a scaricare 4.8 milioni di articoli dal database accademico JSTOR per permettere a tutti l'open access a valide fonti di conoscenza. Incarcerato e rilasciato su cauzione,

" l'hacher buono" si uccise in attesa del processo. Ma non lottò invano perché grazie alle sue battaglie la legge SOPA (Stop Online Piracy Act ) non riuscì a passare.

Questa sorta di prologo pone infiniti interrogativi e, subito dopo, il filmato in cui Steve Jobs presenta il suo Mac all'assemblea di Cupertino del 1984, ne pone altri. Jobs definisce la sua creatura " il medium più idoneo a trasmettere i sentimenti che provate e che volete condividere" e prevede che le modalità di comunicazione subiranno un cambiamento radicale che accorcerà le distanze tra gli uomini e che permetterà la libera circolazione di idee e di informazioni. Subito dopo segue il video in cui Thomas Sankara annuncia all'Assemblea delle Nazioni Unite dello stesso anno che il suo paese, il Burkina Faso," si rifiuta di morire d'ignoranza, di fame, di sete ".

La seconda parte dello spettacolo è assolutamente distopica. I personaggi che abitano la scena sono tutti prigionieri della loro dipendenza dal web. In basso, a destra, una fioraia (Valèrie Bauchau) chatta con un africano (El Hadji Abdou Rahmane) che compare in basso, a sinistra. I due riusciranno ad incontrarsi, ma soltanto per un amplesso a pagamento. Nella teca centrale sta rinchiuso il giovane autistico François seduto accanto a un enorme pupazzo E.T.. In realtà si tratta di una macchina dentro la quale il ragazzo intende piratare se stesso per rendersi immortale dopo il suicidio.


Scene ed immagini sono collegate tra loro in modo a tratti confuso. Tra una scheggia di episodio e l'altra, compare la regina di una discarica di vecchi computer (Fatou Hane), che si aggira tra i rottami tossendo e maledicendo quel fumo nero che le ostruisce i polmoni. Sembra una divinità africana nel suo costume fatto cavi attorcigliati su se stessi, di pezzi di tastiere, di mouse antidiluviani.

E' il personaggio più affascinante della pièce, l'unico che si rivolga al pubblico, l'unico che si ammanti di significati simbolici. La terra desolata dove si aggira con passi da felino è il Sud del mondo dove arrivano i rottami dell'uomo occidentale. E lei è la regina della notte che terrà tra le braccia il cadavere del ragazzo che si illude di aver lasciato se stesso dentro il computer.

Lo spettacolo scorre a passo sostenuto, regalando immagini di intensa fascinazione visiva. I quattro attori, due senegalesi e due belgi, padroneggiano i movimenti scenici che spesso sono condizionati dall'angustia degli spazi e, soprattutto, riescono a mantenere quella giusta distanza dal pubblico che garantisce un completo straniamento. L'assemblaggio delle immagini e delle scene è in parte asimmetrico, con un preambolo decisamente più prolisso rispetto alla seconda parte che appare anche più movimentata della prima. Ma lo spettacolo è ancora giovane è ha tutto il tempo per subire eventuali modifiche.

  

Scheda tecnica

BLACK CLOUDS, testo di Fabrice Murgia. 
Collaborazione drammaturgica: Vincent Hennebico. Luci: Emily Brassier. Suono: Maxime Glaude. Video: Giacinto Caponio. 
Con: Valèrie Bauchau, Fatou Hane, El Hadji Abdou Rahmane, François Sauveur.
Regia di Fabrice Murgia.
Produzione Cie Artara, in coproduzione con Fondazione Campania dei Festival- Napoli Teatro Festival Italia, Théãtre National / Bruxelles, Théãtrede Namur, Menège.mons.
Spettacolo in lingua francese con sottotitoli in italiano.
Visto in prima assoluta al Teatro Politeama di Napoli il 3 luglio 2016.

 

 

 

 

 

 

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