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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Calderòn di Pier Paolo Pasolini

 


Davvero pregevole e di forte impatto visivo il Calderòn di Pasolini in scena al Teatro Argentina per la regia di Federico Tiezzi. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro di Roma e dal Teatro della Toscana, coinvolge un gran numero di attori, artisti e tecnici di indiscusso valore e non risparmia sugli elaborati costumi di Giovanna Buzzi e Lisa Rufini e sulla scenografia essenziale ma fortemente evocativa di Gregorio Zurla. L'operazione, tuttavia, non mira allo sfarzo celebrativo in occasione dei quarant'anni dalla morte dell'autore, quanto piuttosto ad una analisi rigorosa e approfondita dei significati e delle forme di un dramma problematico, caratterizzato da strutture apparentemente antiteatrali che, per certi versi, anticipano alcuni aspetti del postdrammatico.

Scritto nel 1966, il testo è stato l'unico ad essere pubblicato con l'autore in vita, nel settembre 1973, ed è quello che più di altri appare sotteso dall'idea che <il teatro dovrebbe essere ciò che il teatro non è >. (Pasolini, Manifesto per un nuovo teatro, 1968). Pasolini contrappone il suo teatro a quello borghese <della Chiacchiera> e a quello d'avanguardia <del Gesto e dell'Urlo>.

Calderòn è puro teatro di parola che tuttavia, in mancanza di una trama unitaria e coerente, si basa sulla ripetizione di analoghi eventi onirici e sulla moltiplicazione del personaggio che ritorna con lo stesso nome in contesti diversi, per farsi incarnazione di idee. E' un teatro assolutamente antinaturalistico dove i personaggi non godono di autonomia e di libertà di sviluppo, costringendo gli attori a farsi tramite del discorso poetico.

I temi del rapporto tra individuo e Potere e quello dell'incesto sono i veri protagonisti di un rito culturale nel quale si inserisce discretamente anche la figura dell'autore, attraverso il riferimento dell'artista all'interno del farsi dell'opera d'arte presente in una sorta di tableau vivant che rimanda al celebre Las meninas di Velàzquez.

Ispirato a La vida es sueno di Pedro Calderòn de la Barca, il dramma ne conserva soltanto i nomi di tre personaggi – Basilio, Sigismondo e Rosaura- e l'elemento onirico e metateatrale. E' un testo lungo e complesso, suddiviso in sedici episodi e in tre stasimi al modo della tragedia greca. L'intervento drammaturgico di Tiezzi, Lombardi e Sinisi rende più chiara la tragedia in versi e agevola l'andamento degli eventi attraverso tagli efficaci e ponderate limature.

Lo spettacolo viene articolato in tre macrosequenze che coincidono con i tre viaggi onirici di Rosaura nella storia del secolo scorso, dai dolorosi anni '30 della Spagna franchista a quelli che precedono la grande illusione del sessantotto.

Per quanto riguarda la performance, Tiezzi punta su una sintassi visiva geometrica e densamente onirica allo stesso tempo, e ad una attenta valorizzazione dell'impianto metateatrale del dramma. L'analogia tra il sogno e la scena è al centro della regia e della drammaturgia pasoliniana. All'inizio uno Speaker (Sandro Lombardi) in funzione di narratore esterno si presenta anche come interprete di Basilio (il re, il padre, il marito borghese) e si fa portavoce dell'autore sottolineando la natura rituale dello spettacolo. <Il teatro è un rito perché ci sono i corpi>, ma lo è anche per la forte presenza del mito, quello edipico soprattutto, che, da Freud a Jung,, è l'equivalente collettivo del sogno.


 

L'ampia scena plumbea è circoscritta da una specie di cinta muraria di mattoncini grigi che può scendere o salire per mostrare o nascondere proiezioni e scritte al neon. Sul palco pochissimi oggetti funzionali, il letto delle tre Rosaure dormienti, la sedia della sorella di turno che ripete ad ogni risveglio di immaginare che il sogno coincida con la realtà, e il lungo tavolo da pranzo borghese dell'ultimo episodio. Per il resto predomina un vuoto inquietante che si riempie soltanto della presenza degli attori che si muovono nello spazio seguendo la raffinata partitura coreografica creata da Raffaella Giordano. Suggestive luci fredde ritagliano nell'oscurità profili di volti imbiancati e costumi quasi tutti rigorosamente in bianco e in nero. Bellissimi quelli barocchi della prima parte in cui prevalgono i riferimenti alla pittura di Velàzquez, e quelli che rimandano agli Arlecchini di Picasso della seconda. Lunghissimi tubi di luce al neon squarciano il buio e improvvisi bagni di luce accecante si alternano alla penombra nel continuo passaggio dal sogno alla veglia che scandisce il ritmo implacabile dello spettacolo.


Le tre macrosequenze si compenetrano l'una nell'altra senza soluzione di continuità e scorrono senza inciampi nelle due ore e mezza filate dello spettacolo. L'intensa interpretazione di un ottimo cast dominato dal magistero attoriale di Sandro Lombardi non permette distrazioni e si addentra nel magma testuale riportandone in superficie le crudeltà e gli aspetti tragicamente comici delle miserie del mondo.

Nel primo sogno, la giovane Rosaura di Camilla Semino Favro appartiene a una famiglia aristocratica che le impedisce di amare l'antifascista Sigismondo che in seguito si rivelerà essere suo padre. E' la parte decisamente più lunga e fitta di monologhi ad alta densità argomentativa e filosofica. Nel secondo la Rosaria sottoproletaria di Lucrezia Guidone è una prostituta dei bassifondi di Barcellona che finisce per innamorarsi del giovane Pablo, un figlio partorito e perduto nella sua prima giovinezza. Il linguaggio assume qui coloriture popolari e si articola in dialoghi più agili. Nel terzo episodio la Rosaura matura e sofferta di Debora Zuin è una moglie borghese degli anni '60 che vorrebbe liberarsi di un marito autoritario, <peggio che fascista>. Al risveglio non si limita a non riconoscere luoghi e persone come le due consorelle precedenti. Questa volta Rosaura scambia le parole e viene presa da tutti per pazza. Il suo rifiuto di appartenere a un ruolo e a una classe sociale che detesta la porta ad innamorarsi di Enrique, un giovane sovversivo che il marito Basilio consegnerà alle autorità. L'ultimo sogno di questa Rosaura attempata si svolge in un lager dove la donna è rinchiusa insieme ad altri prigionieri che verranno liberati da una folla di operai. Le ultime battute di Basilio esprimono tutta la disillusione di un epoca. <...di tutti i sogni che hai fatto o che farai / si può dire che potrebbero anche essere realtà./ Ma, quanto a questo degli operai, non c'è dubbio: / esso è un sogno, niente altro che un sogno>.

I temi trattati, dall'impossibilità degli individui di liberarsi dal gioco delle parti imposto dall'appartenenza ad una classe sociale fino alla sfiducia finale in un possibile cambiamento che parta dal basso, appartengono tutti al passato ma forse ancora ci riguardano perché ci impongono di meditare su ciò che siamo diventati e su ciò che non siamo più. Una sottintesa riflessione sull'attuale tendenza all'omologazione e sulla latitanza di un reale dibattito politico e culturale sembra guidare lo sguardo critico della regia di Tiezzi che pondera il discorso poetico di Pasolini con estrema lucidità.

  

Scheda tecnica
Calderòn
di Pier Paolo Pasolini. Drammaturgia di Sandro Lombardi, Fabrizio Sinisi e Federico Tiezzi. Scene: Gregorio Zurla. Costumi: Giovanna Buzzi e Lisa Rufini. Luci: Gianni Pollini. Movimenti coreografici: Raffaella Giordano. Canto: Francesca Della Monica.
Con (in ordine di apparizione): Sandro Lombardi, Camilla Sevino Favro, Arianna Di Stefano, Sabrina Scuccimarra, Graziano Piazza, Silvia Pernarella, Ivan Alovisio, Lucrezia Guidone, Josafat Vagni, Andrea Volpetti, Debora Zuin e con la partecipazione straordinaria di Francesca Benedetti.
Regia di Federico Tiezzi. Assistente alla regia: Giovanni Scandella. 
La canzone <Ahi desesperadamente> è stata appositamente musicata da Matteo d'Amico. 
Foto di scena di Achille La Pera. 
Prima Nazionale il 20 aprile 2016 al Teatro Argentina di Roma dove rimarrà in scena fino all'8 maggio 2016.

 

 

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