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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Preamleto, di Michele Santeramo

 


Scrivere l'antefatto in chiave moderna di un dramma classico è un'idea drammaturgica originale ma anche molto pericolosa. Soprattutto quando il testo in questione è Amleto, il primo dramma moderno in assoluto, dove il tragico risiede nel sovvertimento totale dei valori, nella discrepanza tra l'essere e il sembrare, e nell'impossibilità dell'uomo di contare sulla benché minima certezza. Una tragedia, insomma, che ci riguarda molto da vicino.

In realtà il Preamleto di Michele Santeramo, andato in scena all'Argentina di Roma per la regia di Veronica Cruciani, non può funzionare come premessa attendibile del capolavoro scespiriano. Tuttavia stabilisce con esso dei rapporti intertestuali che rimangono irrisolti o che non vengono adeguatamente sviluppati.

Ambientato ai nostri giorni, il dramma racconta la storia di una potente famiglia mafiosa del sud capitanata da un re Amleto padrino che, al modo di Provenzano, è affetto da Alzheimer. Interpretato da un impeccabile Massimo Foschi, il vecchio continua ad esercitare il suo potere, sebbene viva rinchiuso in un bunker per proteggersi dal mondo esterno. L'azione si svolge nel giorno del suo compleanno, ma lui non ricorda nulla e non riconosce nessuno. La moglie Gertrude (Manuela Mandracchia), il fratello Claudio (Michele Sinisi), il figlio Amleto (Matteo Sintucci) e il ciambellano Polonio (Gianni D'addario) lo trattano spesso come fosse un deficiente completo e lui reclama più volte il rispetto che gli è dovuto. Le sue frasi sono a tratti comicamente sconclusionate ma, tra una dimenticanza e l'altra, il re padrino dimostra di sapere il fatto suo. Come Re Lear è stanco di regnare, ma conserva il potere anche per preparare il giovane Amleto a prendere le redini del comando. <Prima di prendere il mio posto devi imparare tutto> dice il boss al suo rampollo impulsivo che non ha ancora capito che <il silenzio è l'alleato del comando >.

Il piano narrativo si compenetra spesso con quello metateatrale e ci sono momenti in cui il re fa pensare all'Enrico IV pirandelliano. La sua demenza senile è più recitata che non effettiva. Gli serve per osservare indisturbato il comportamento dei suoi familiari, per spiare le brame di potere della moglie, le reazioni di Claudio alle lusinghe dell'enfatica regina e l'avventatezza del figlio.

Il giovane Amleto di Santeramo è l'esatto contrario del malinconico principe di Danimarca. Ha già deciso di farsi portavoce del padre, del quale dà per scontato di essere il successore, e ha tutta l'aria di essere un uomo d'azione. Il suo comportamento azzarda l'ipotesi che anche l'Amleto scespiriano possa aver accusato il colpo di essere stato spodestato dallo zio. Ma l'idea, non priva di suggestione, rimane incompiuta sotto il profilo drammaturgico.

L'impressione che si riceve è quella che Santeramo abbia lavorato più sullo sviluppo di alcuni temi, come quello del potere o quello dell'identità, piuttosto che sulle sfaccettature dei singoli personaggi.

Il problema identitario riguarda soprattutto Gertrude che non tollera la sua parte di badante del marito. Non si sente madre e neanche moglie. Per soddisfare le sue smanie di potere, sarebbe persino disposta ad ammazzare il figlio e, un po' come Lady Macbeth, cerca di indurre Claudio ad uccidere il re. Ma, a dispetto delle sue adulazioni, il buon Claudio di Sinisi non sembra capace di torcere neanche un capello al fratello.

Gli elementi per una farsa ci sarebbero tutti, ma Santeramo non si spinge verso il grottesco come avrebbe potuto. Non si assiste neanche ad una reale commistione di generi. Il comico e il drammatico convivono in modo confuso. Da una parte c'è il dramma di non poter essere quel che si vuole essere (il famoso monologo fortunatamente non viene chiamato in causa), dall'altra ci sono incongruenze comiche, come i duelli verbali in pugliese tra Claudio e il giovane Amleto che non si amalgamano con il resto della partitura testuale e né con lo stile recitativo più accademico degli altri attori.Polonio è il personaggio più comico, una banderuola opportunista che sta sempre dalla parte dei vincitori, ma purtroppo rimane una caricatura.

Suddivisa in sei scene separate da dissolvenze, l'azione scorre all'inizio ad un ritmo piuttosto serrato,scandito dall'efficace alternanza di lampi di luci fredde e di ombre chiaroscurali di Gianni Staropoli e dalle musiche metalliche di Paolo Coletta. L'urgenza di spodestare il vecchio rimbambito trasuda dai dialoghi, dagli sguardi e dalla gestualità concitata dei suoi congiunti. Ma poi l'andamento delle scene si affatica e si aggroviglia in un marchingegno metateatrale che trasforma la vicenda in una utopia ben poco credibile. Il vecchio decide, in pieno accordo con il fratello e la moglie, di fingersi morto e di apparire al figlio come fantasma per indurlo a credere di essere stato ucciso da Claudio e cercare, allo stesso tempo, di convincerlo a non vendicare la sua morte. In questo modo pensa di preservarlo dal destino tragico del principe scespiriano. L'Amleto di Santeramo, convinto di delirare e in preda ai sensi di colpa per non aver impedito l'assassinio del padre, esce di scena esonerato dal dovere di vendicarlo e dalla condanna del comando. Al suo posto, Claudio e Gertrude si accollano il potere. E tutti vissero, più o meno, felici e contenti.

Un dramma meno scespiriano di questo non si può davvero immaginare. Il tragico viene espunto e il metateatro cessa di essere uno specchio della verità per divenire strumento di menzogna. Il potere vi compare sì come una condanna, ma non ha niente a che vedere con il marcio in Danimarca. I personaggi sono pure astrazioni messe in movimento per immaginare una premessa ad un capolavoro che di questo antefatto non ne aveva certo bisogno. Il Preamleto è un dramma chiuso in se stesso, una storia di mafia che parla di onore, rispetto e silenzio, ma che pretende di nutrirsi di vaghi rimandi a Shakespeare. Non è un prequel e non lascia immaginarne un sequel.

 

Scheda tecnica

PREAMLETO di Michele Santeramo. Scene e costumi: Barbara Bessi. Luci: Gianni Staropoli. Musiche: Paolo Coletta. Con: Massimo Foschi, Manuela Mandracchia, Michele Sinisi, Gianni D'addario, Matteo Santucci. 
Regia di Michele Santeramo.
Produzione: Teatro di Roma.
Visto al Teatro Argentina di Roma nell'aprile 2016.
Prima nazionale: Castel Sant'Elmo -Swala dei Cannoni, il 22 giugno 2015 nell'ambito di Napoli Teatro Festival.

 

 

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