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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

887. Il gran teatro della memoria di Robert Lepage

 

Dopo aver firmato la regia del visionario Jeux de cartes e del monumentale Ring di Wagner per il Metropolitan di New York, l'eclettico Robert Lepage ha messo in scena se stesso nel suo nuovo solo show 887 che, dopo l'anteprima assoluta a Nantes e il successo ottenuto a Edimburgo, ha inaugurato al Teatro Argentina la trentesima edizione di Romaeuropa Festival.

Incentrato sul tema della memoria individuale e collettiva, lo spettacolo è forse il più intimo e anche il più autobiografico del poliedrico artista canadese. Soprattutto il preludio ha il tono spontaneo e informale di una confessione dell'attore al suo pubblico. L'urgenza di questo tu per tu è testimoniata anche dal fatto che Lepage abbia imparato quasi tutto il testo in italiano infischiandosene dei sopratitoli.

Entra in scena vestito di tutto punto con uno smartphone in mano e con l'aria di chi sta per dare la solita comunicazione di servizio di disattivare i cellulari. Ma in realtà l'aggeggio tecnologico non è altro che lo spunto per parlare della memoria umana, associativa e immaginaria, e di quella digitale che può archiviare tutti i dati di un'intera esistenza, ma che non può ricordare. Semmai può impigrire e indebolire la memoria umana, ma di certo non può sostituirsi ad essa. Perché ricordare equivale a capire e, nella maggior parte dei casi, a reinventare i fatti della vita. Proprio in virtù dei suoi vuoti e delle sue imperfezioni, la memoria umana è in grado di trasformare il passato in un'opera d'arte. Non importa che a causa del palmare ricordi soltanto il numero civico 887 della casa della sua infanzia. Quel che conta per Lepage è trasformare la memoria in una fonte d'ispirazione per creare opere teatrali che non replichino la realtà ma che la reinterpretino. Sul piano pratico della performance, la memoria può piantare in asso un attore sulla scena soprattutto se ha oltrepassato la cinquantina.


 

A questo proposito Lepage racconta come lo spunto per lo spettacolo sia scaturito dal panico che lo colse nel 2010 quando non riusciva a mandare a memoria la poesia Speak White di Michèle Lalonde che avrebbe dovuto recitare in pubblico in occasione della quarantesima celebrazione de La Nuit de la poésie di Montreal. La poesia parla delle vicende del Québec separatista e il suo titolo è un'ingiuria sprezzante rivolta ai franco-canadesi da parte degli inglesi. L'argomento gli stava e gli sta molto a cuore, ma allora non c'era verso di impararla. Per questo fece ricorso ad un metodo antico, il cosiddetto palazzo della memoria, che consiste nel pensare ad un luogo che si conosce bene, suddividerlo in tante stanze e far corrispondere ciascun ambiente a una parte che si desidera riportare a mente.

Grazie a una geniale associazione di idee, il vero <palazzo della memoria> dove Lepage trascorse gli anni dell'infanzia e della giovinezza, al numero 887 di Rue Murray a Québec City, si materializza in scena in forma di plastico.

L'edificio è visibile sia dall'esterno che dall'interno grazie ad una poderosa macchina scenografica mobile, scomponibile e anche praticabile, che può trasformarsi in tanti luoghi in breve tempo. Basta una semplice rotazione e un buon numero di tecnici dietro le quinte, per rivelare all'occhio sgranato del pubblico i microscopici interni del piccolo condominio che brulicano di vita grazie a minuscoli video che descrivono le attività che vi si svolgono dentro.

I personaggi sono presenti in forma di pupazzetti di plastica che vengono mossi dallo stesso Lepage, il grande burattinaio che non smette mai di esplorare i trucchi del grande gioco del teatro. Fa ricorso anche al teatro delle ombre mentre spulcia nell'album dei suoi ricordi e fa rivivere fatti e persone, mantenendo il punto di vista di un adolescente. Rianima il pianista che vive con la madre e che suona solo Chopin, la famiglia di immigrati, la bigotta del piano di sopra e la portiera smaliziata del piano di sotto, la signora Penny, inglese, che preferisce fare la cameriera in una sala da tè piuttosto che starsene chiusa in casa. Mentre Lepage racconta le vite degli inquilini, il pubblico può sbirciarle dai vetri di piccole finestre con balcone.

La citazione de La finestra sul cortile di Hitchcock è uno dei tanti esempi della capacità di Lepage di portare la struttura narrativa del cinema o della tv a teatro. Molti dialoghi sembrano rubati da un film e molte scene sono come inquadrature. La stessa macchina scenica funziona come una specie di zoom che rimpicciolisce alcuni ambienti in una sorta di panoramica e ne riporta altri a grandezza naturale come in un primo piano. La cucina e la libreria del nuovo appartamento di Lepage in Boulevard Louis XIV dove l'attore cerca invano di lasciare un messaggio in segreteria telefonica all'amico alcolista che dovrebbe aiutarlo a ripetere Speak White. Ma anche un locale notturno, un fast food o l'interno di un taxi.


Come un moderno cantastorie, Lepage aiuta la memoria con le immagini, ma al posto delle tele dipinte, dispone dei più svariati strumenti tecnologici: una serie di webcam, schermi, gps, video e proiezioni fotografiche. Il suo è un teatro trasformista capace di raggiungere elevate vette di magia visiva. Il racconto non è mai nostalgico o sentimentale, ma è spesso in grado di raggiungere momenti di intensa poesia.

Rovistando nella memoria, Lepage riscopre soprattutto la figura del padre, un tassista incolto e taciturno che ha lavorato sodo per mantenere quattro figli. Le immagini che lo ritraggono da solo in un bar di notte, o chiuso nella sua auto mentre ascolta musica pop davanti a un tramonto sono tra le più incisive ed eloquenti e raccontano il peso della sua assenza nell'infanzia del figlio. Gli altri membri della famiglia sono appena tratteggiati, compresa la nonna malata di Alzheimer che forse avrebbe meritato più attenzione in una pièce dedicata alla memoria.

Lepage associa ricordi di giornate al mare, di Natali trascorsi in famiglia, di giochi con i fratelli in stanze troppo piccole per contenere la loro energia. Ma soprattutto rievoca episodi della sua vocazione teatrale e tanti momenti dolorosi e anche sanguinosi legati alla situazione politica del Québec tra gli anni 60 e 70, dalla rivoluzione tranquilla, agli attentati del FLQ fino alla Crisi di Ottobre. La storia individuale e quella collettiva scorrono parallele in modo abbastanza organico e sono fortemente legate al tema dell'identità. Il condominio di Rue Murray con la sua equa percentuale di francofoni, di inglesi e di immigrati è di per se una piccola metafora del Québec di quegli anni. Come lo è la stessa famiglia Lepage con un padre che ha combattuto per il federalismo, un fratello anglofono e il piccolo Robert francofono. I ricordi di episodi drammatici si bilanciano con colpi di teatro decisamente comici. Come il discorso di un piccolo De Gaulle giocattolo che grida <W le Québec libre> seminascosto nel taschino della giacca di Lepage e che viene contemporaneamente ripreso con una webcam che lo ingrandisce in proiezione. Lo spettacolo straripa di idee che tuttavia non sempre vengono sviluppate appieno. Il piano narrativo dello spettacolo appare in qualche punto più fragile rispetto a quello visivo per l'eccessiva frammentarietà di alcuni episodi. Ma lo spettacolo rimane comunque di altissimo livello. La recitazione finale del poema Speak White sotto un cono di luce bianca è il degno coronamento di una eccelsa prova d'attore. La voce densa e intensamente drammatica ribadisce con rabbia la necessità e il valore politico della memoria storica.

 

 

Scheda tecnica
887,
ideazione, messinscena e interpretazione di Robert Lepage.   
Direzione artistica e ideazione: Steve Blanchet. Assistenza alla regia: Adèle Saint-Amand. Musica originale e idea sonora: Jean-Sébastien Coté. Disegno luci: Laurent Routhier. Idea visiva: Félix Fradet-Faguy. Foto di scena: Erick Labbe. Produzione: Ex Machina commanditée par le programme Arts e Culture de Toronto 2015 Pan Am e Parapan Am Games.

Visto al Teatro Argentina di Roma nel settembre 2015.

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