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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

La Medea euripidea del Teatro Patologico

 

Fortemente coinvolgente, non priva di incongruenze e fondamentalmente antiteatrale, la Medea del Teatro Patologico diretto da Dario D'Ambrosi costringe la critica a mettere in discussione i propri parametri e a relativizzare il giudizio. Si tratta di uno spettacolo imponente che, diversamente da altri spettacoli di teatro integrato, mette in scena molti ragazzi affetti da malattie psichiatriche anche molto gravi e pochi attori professionisti. Lo scopo di D'Ambrosi è quello di cercare un punto di contatto tra follia e teatro.

La sua Prima Scuola Europea di Formazione Teatrale per disabili psichici, aperta nel 2009 nel suo Teatro Stabile in via Cassia 472 a Roma, si avvale dell'operato di numerosi docenti, operatori sociali, psichiatri e della partecipazione attiva dei familiari. Gli studenti vengono sollecitati a esprimere se stessi, a liberarsi delle loro paure, a rapportarsi con gli altri e con lo spazio e, soprattutto a disintossicarsi dalla solitudine alla quale sono spesso condannati. Il Teatro Patologico ha ottenuto incoraggianti risultati terapeutici, ma anche riconoscimenti artistici.

A Londra, Medea ha vinto il prestigioso Wilton's Price come migliore spettacolo straniero della stagione teatrale 2013. Ora, dopo una sosta di due giorni al Teatro Argentina di Roma, lo spettacolo approderà al Teatro La MaMa di New York dove rimarrà in scena dall' 8 al 18 ottobre.


 

La scenografia è minimale e lo spazio è delimitato da immensi teli bianchi sui quali vengono proiettate ombre inquietanti. Il coro, formato da 14 malati di mente,abbandona la sua funzione di mediatore tra pubblico e personaggi per assumere quella più centrale di alter ego simbolico di Medea, l'emarginata sociale per eccellenza. Sempre presenti in scena, i coreuti parlano in greco attico e si muovono al suono tribale e viscerale di due tamburi. La comunicazione verbale viene compromessa per mettere in risalto l'eloquente linguaggio di una fisicità conquistata a fatica che racconta i disagi interiori e l'alterità dei malati. Ogni replica è una sfida, perché l'organicità dei movimenti del coro può essere messa a repentaglio da un improvviso spavento o da un malumore di uno dei ragazzi. La coesione del gruppo riesce quasi sempre a minimizzare questi possibili incidenti, ma la precarietà dell'equilibrio scenico si tocca con mano. I disabili indossano semplici tuniche bianche allacciate in vita e tengono in mano bastoni di legno che a volte fungono da sostegno di lunghe lenzuola bianche imbrattate di sangue. Quando battono ripetutamente i legni sul pavimento, danno forma e rumore a un dolore primitivo, selvaggio e solo apparentemente inconsapevole. Gli sguardi persi nel vuoto, le piccole esitazioni, la goffaggine di alcuni movimenti ci parlano del loro autentico esilio dalla cosiddetta normalità.


I tre attori professionisti che interpretano le parti principali, Almerica Schiavo nei panni di Medea, Mauro F. Cardinali in quelli di Giasone e lo stesso D'Ambrosi in quelli di Creonte, hanno più o meno lo stesso spazio del coro nell'economia di una rappresentazione di soli settanta minuti.

Il testo di Euripide è stato decimato e ridotto alle linee chiave della tragedia. La Nutrice, il Pedagogo, il Nunzio ed Egeo sono stati eliminati e lo spettacolo inizia con l'immagine di un uomo seminudo sulle cui carni bianche indifese scroscia dall'alto un simbolico fiotto di sangue. Subito dopo entrano il coro e Medea che all'inizio recita in greco per poi passare repentinamente all'italiano. La recitazione della Schiavo si sottrae a qualsiasi eccesso di pathos e mette in risalto la dignità e la determinazione del personaggio. I tagli in parte compromettono la sua complessità della maga, ma non ne riducono mai la statura tragica. Lo stesso vale anche per le due parti maschili sostenute con vigore ed equilibrio dagli altri due attori coprotagonisti. Va detto tuttavia che spesso si avverte una scissione tra il nucleo tragico vero e proprio e l'intervento massiccio del coro. La verità della sofferenza degli attori disabili contrasta comunque con la recitazione dei protagonisti che, in alcuni casi, risulta addirittura artificiosa se messa a confronto con la spontanea verità dei coreuti. Realtà e finzione a volte collidono, ma questo forse fa parte del gioco di un teatro che si pone come obiettivo primario quello di sondare gli abissi della follia.


Le idiosincrasie dei registri recitativi sono inevitabili e possono anche passare in secondo piano rispetto all'impatto emotivo che lo spettacolo comunque produce nel suo insieme. Ci sono momenti di alta tensione, dal grido iniziale del corifeo insanguinato, alla scena in cui i coreuti muniti di torce cercano inutilmente nel buio i figli di Giasone. L'ombra di Medea che uccide i suoi due bambini viene proiettata sullo sfondo bianco, ma i loro corpicini avvolti da bende insanguinate vengono trasportati in scena da due coreuti che li depongono a terra con una gestualità fortemente rituale. Tra alti e bassi, lo spettacolo è comunque il grande risultato di un teatro imperfetto e imprevedibile come la vita.

 

Scheda tecnica

MEDEA, di Euripide. Musiche originali: Francesco Santalucia. Direzione coro: Papaceccio. Coreografia: Marisa Brugarolas. Costumi: Raffaella Toni.  
Suono e luci: Claudio Giordano, Luca Giordano. Con: Almerica Schiavo, Dario D'Ambrosi, Mauro F. Cardinali, Michele D'Ambrosi e Chiara Laureti.  
Il coro greco è interpretato dagli attori diversamente abili del Teatro Patologico. Regia di Dario D'Ambrosi. Produzione Teatro Patologico.  
Visto al Teatro Argentina di Roma il 14 settembre 2015.

 

 

 

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