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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Un mondo fragile, di Cesar Acevedo

 

Un mondo fragile
(tit. or.
La tierra y la sombra)

Regia: Cesar Acevedo

 

Cast: Haimer Leal, Hilda Ruiz, Edison Raigosa,
Marleyda Soto, José Felipe Cardenas

Distribuzione: Satine Film

 

 

 

 

 

«Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba ». Così recitava Francesco d’Assisi circa 800 anni fa nelle Laudes Creaturarum, un canto straordinario che magnificava il Signore per le meraviglie del creato. Il testo si proponeva anche come precoce adesione allo spirito ecologico e ambientale, così come ha pure sostenuto papa Francesco nell'enciclica Laudato si' pubblicata lo scorso 18 giugno. Il pontefice, dichiarando la sua fonte d'ispirazione nelle composizioni del patrono d'Italia, ha inteso sottolineare che la nostra madre terra è oppressa e desolata, e protesta per il male arrecatole dall'uomo. Giacché troppo spesso dimentichiamo - parole del papa stesso - che noi stessi siamo terra, e acqua, e aria, che ci vivifica e ci ristora.

 

È questo il tema, il pilastro portante di Un mondo fragilesorprendente opera prima del giovane regista colombiano Cesar Acevedo (1987), premiato con la Camera d'Or alla Settimana della Critica del Festival di Cannes 2015. La vicenda è imperniata sulla figura di Alicia, una donna di età avanzata che vive da sempre, anima e corpo, nella sua fattoria ai margini di una strada sterrata, immersa in una sterminata coltivazione di canna da zucchero. Da diciassette anni il suo sposo Alfonso l'ha lasciata con Gerardo, il loro giovane figlio, al suo ostinato isolamento, a consumarsi per la fatica nei campi, a governare la casa e la famiglia. Ora Don Alfonso è tornato, ma il paesaggio idilliaco di una volta è stato soppiantato dalla monotonia di una monocoltura a perdita d'occhio nella fertile Valle del Cauca, Colombia centro-occidentale.

Nell'abitazione di un tempo Alfonso ritrova Gerardo, afflitto da una grave malattia polmonare che gli rende doloroso ogni respiro, conosce Esperanza, nuora affidabile e solerte, e il nipotino Manuel, di sei anni, dolcissimo e curioso. E conosce le ragioni del male. La polvere scura, prodotta della combustione degli scarti della canna da zucchero, rende l'aria quasi irrespirabile. Essa si deposita sugli abiti e sulle piante, sulle case e nei cortili, s'incolla pervicacemente sulla pelle, ed è entrata in petto al povero Gerardo. La sopravvivenza nella valle è sempre più difficile. Il lavoro bracciantile duro e malpagato. Le tensioni e gli scioperi troppo frequenti. Tutto questo Alfonso l'ha capito da un pezzo. Perciò nel breve periodo della sua permanenza nella fattoria cercherà di convincere i suoi cari ad andarsene con lui in un altrove più vivibile.

Un intreccio in apparenza scarno quello de La tierra y la sombra, magià dall'incipit, in cui un autotreno sfreccia sulla carrabile in un nugolo di polvere tra le colture estensive di canna da zucchero, ci si rende conto della cura nella composizione delle immagini, dell'attenzione per la sezione aurea e per le linee di prospettiva (fotografia di Mateo Guzman), e della scelta degli interpreti, attori di strada, volti sconosciuti, efficaci nelle espressioni quanto nei lunghi e significativi silenzi. La sequenza degli uccelli, durante la quale Don Alfonso istruisce il nipotino sulle varietà aviarie, sul loro canto e sugli stratagemmi per avvicinarli, è un momento di pura poesia. Nonostante gli inviti vocali e i fischi, le offerte di mandarini e semi, i volatili non scenderanno più, rimarranno immobili sui rami...

È la ribellione della natura sopraffatta dalla pioggia di ceneri che deturpa il cielo e inquina ogni spazio. Ma la terra resiste: è l'unica certezza, l'unica speranza; cura le ferite del corpo, e perfino quelle dell'anima. L'agricoltura, come sostiene Carlo Petrini, fondatore di Slow Food Italia, che ha patrocinato il film, "non è un comparto economico, ma è la nostra storia, la nostra memoria, la spiritualità, è il rapporto che abbiamo con madre terra, che negli ultimi 50 anni è stata trattata come una serva". Crediamo che il pregio più evidente di Un mondo fragile risieda nell'ispirazione di Acevedo, il quale è riuscito a coniugare il messaggio sociale e la qualità artistica, la storia di un dolore personale e quello di una famiglia tipica di una realtà rurale colombiana, devastata dalla monocoltura della canna da zucchero finalizzata alla produzione di dolcificante e di etanolo.

In tale contesto viene distrutta non solo la biodiversità, ma la stessa cultura e la società contadina di quest'angolo di mondo. Parallelamente, le inquadrature che ricordano i paesaggisti francesi e le scene agricole di Millet, descrivono, come solo un reportage di Sebastiao Salgado saprebbe palesare, lo sfruttamento dei "corteros", cioè i tagliatori della canna da zucchero, campesinos che si spezzano la schiena per almeno 12 ore al giorno, discriminati e malpagati, privati dei diritti elementari, dell'assistenza medica e pensionistica. Ecco, dunque, il grido d'allarme di papa Francesco (non degli anarchici anti-capitalisti) avverso agli effetti devastanti della globalizzazione nelle società depresse dove le ragioni basilari del welfare vengono pesantemente erose dalle priorità del profitto capitalistico e dalla recrudescenza dei rapporti tra padroni e contadini.

Ma anche nelle società evolute del mondo occidentale le cosiddette "dittocrazie" al servizio delle banche e della finanza hanno scaricato i fallimenti e le truffe di quest'ultime sulle spalle della classe media e dei lavoratori, intaccandone i diritti e l'etica, attaccandone il livello di vita e il benessere, stigmatizzandone la cultura e le coscienze. Basterà, allora, quest'opera (nelle sale italiane dal 24 settembre) commovente e lirica, ricca di spunti di riflessione, a costringere gli spettatori a interrogarsi sul destino del pianeta e sulla condizione dell'uomo, sulla centralità della natura e della madre terra, sull'identità e la dignità degli individui, e - perché no? - sull'attualità della lotta di classe?

 

 

 

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