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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

El Régimen del pienso di Paco de la Zaranda

 

 

Presentato in prima nazionale al Teatro Piccolo Arsenale di Venezia, El Régimen del pienso, diretto dallo spagnolo Paco de la Zaranda, inscena una parabola ferocemente distopica sulla condizione umana che viene costantemente associata a quella dei maiali in allevamento intensivo. Difficile tradurre il titolo: régimen allude sia ad un sistema politico totalitario che a un regime dietetico ; pienso è il mangime per gli animali e, allo stesso tempo, traduce la prima persona singolare del verbo pensare. <Regime alimentare> è troppo generico e, soprattutto, non accomuna gli uomini con gli animali.

La pièce ruota intorno ad una epidemia suina di cui non si comprendono le cause ma di cui si pagano le conseguenze. Un'azienda che produce carni e insaccati registra un vertiginoso calo delle vendite ed è costretta a licenziare parte del personale. Sulle prime si crede che la moria dei maiali dipenda dall'eccesso di cibo, ma il conseguente razionamento del mangime fa sì che i porci finiscano per divorarsi l'un l'altro. L'azienda rischia di fallire e la lotta degli impiegati per conservarsi il posto di lavoro è altrettanto animalesca. Impiegati e maiali fanno parte dello stesso ingranaggio produttivo e il lavoro alienante degli uomini rende la loro vita terribilmente amorfa e noiosa come quella delle bestie rinchiuse nei porcili.

La scena è avvolta in una oscurità rischiarata dalla debole luce giallastra delle lampade da tavolo puntate sui volti degli attori. Se ne stanno immobili davanti a scaffali vuoti di metallo circondati da un ammasso di faldoni, mentre una voce femminile registrata ripete monotonamente < In questo momento i nostri agenti sono tutti occupati. Rimanete in attesa>. Tutto questo avviene mentre il pubblico prende posto in sala, ma anche quando il buio annuncia l'inizio dello spettacolo, i tre uomini rimangono fermi e in assoluto silenzio per qualche minuto. Inerzia e immobilismo predominano sulla scena e sono il risultato dal potere paralizzante della burocrazia che figura come la protagonista assoluta della pièce. A occhio e croce, il cinquanta per cento del testo di Eusebio Calonge è costituito da parole appartenenti al campo semantico della burocrazia. Per il resto, il lessico si fossilizza su termini scientifici legati alle malattie e agli esami autoptici. I personaggi non hanno un nome e forse non sono neanche veri personaggi. Diciamo che gli attori cambiano ruoli in un dramma fondamentalmente metateatrale che non ha un vero e proprio intreccio. A volte compaiono in veste di veterinari, altre volte in veste di impiegati e, non da ultimo, si presentano con indosso una maschera da maiale. L'unico a differenziarsi dal gruppo è il povero cristo che viene licenziato per primo. E' il più umano, quello che varia la mimica facciale in espressioni di dolore e di disorientamento, quello che si ammala e al quale viene praticata l'eutanasia.

Gli altri tre agiscono in gruppo come fossero degli automi. Non comunicano tra di loro ma commentano ciò che fanno, individualmente o tutti insieme, come fossero un coro. Le azioni fisiche degli attori sono talmente astratte da esigere spesso un linguaggio descrittivo che ne spieghi le procedure e gli scopi. Dopo essersi inabissati negli archivi dei referti veterinari, effettuano una serie di necroscopie su uomini e maiali, in un caso eseguono l'estrazione completa dell'encefalo e infine mettono in atto una simulazione ambientale per trovare la causa dell'epidemia. Se non ce lo dicessero, non lo capiremmo mai, anche perché i cadaveri sono rappresentati da camice da uomo distese sugli scaffali di metallo che in questo caso fungono da tavole da obitorio. Alla fine scoprono soltanto che il contagio avviene attraverso la riproduzione. Per il resto non cambia niente: i maiali continuano a morire e passano dal refrigeratore all'inceneritore.

La scena essenziale e minimalista di Paco de la Zaranda contiene pochi oggetti simbolici e polifunzionali che permettono continui passaggi di luogo a scena fissa. Il ritmo dell'azione, tuttavia, è volutamente lento e trasforma lo spettacolo in un macabro cerimoniale. I tre attori storici del gruppo (Luis Enrique Bustos, Gaspar Campuzano e Francisco Sànchez), ai quali si aggiunge Javier Semprùn del Teatro Corsario di Valladolid, lavorano in perfetta coesione e rivelano una fisicità straordinariamente espressiva. Ogni gesto, anche il minimo, ha un peso specifico nella complessità della rappresentazione.

 

Nonostante i toni fortemente grotteschi e tragicomici, il dramma è duro e spietato e non lascia trapelare un filo di speranza. Vi si intravedono riferimenti a Orwell e a Kafka, ma l'onnipotenza dell'apparto burocratico che schiaccia l'individuo affonda le sue radici anche nella letteratura spagnola, dal romanzo Miau di Benito Perez Galdos ai drammi di Carlos Muniz. La cifra stilistica dello spettacolo è comunque quella unica, inconfondibile e spiazzante de La Zaranda che in questa pièce sembra aver dato il meglio di sé.

 

 

Scheda tecnica

El Régimen del pienso

di Eusebio Calogne.

Scene: Paco de la Zaranda.

Drammaturgia e luci: Eusebio Calogne.

Con: Luis Enrique Bustos, Gaspar Campuzano, Francisco Sànchez, Javier Semprùn.

Regia di Paco de la Zaranda.

Coproduzione La Zaranda – Temporada Alta Festival de Tardor de Catalunya (Salt/Girona).

Prima nazionale: 1 agosto 2015 al Teatro Piccolo Arsenale di Venezia nell'ambito della Biennale Teatro 2015.

 

 

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