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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Ein Volksfeind, secondo Thomas Ostermeier

 

Non è un ammiratore sfegatato dell'opera di Ibsen, ma il grande regista tedesco Thomas Ostermeier ritiene che i suoi drammi ricordino più di altri il nostro presente. Dopo Casa di bambola, Il costruttore Solness, Hedda Gabler e John Gabriel Borkman, il direttore della Schaubuehne di Berlino ha creato una adattamento molto radicale di Ein Volksfeind, Un nemico del popolo, trasformando un testo già di per sé moderno in un dramma assolutamente contemporaneo.

Presentato per la seconda volta in Italia al Napoli Teatro Festival (la prima fu alla Biennale di Venezia del 2013), lo spettacolo traspone le problematiche politico-sociali sollevate dal testo ibseniano nella società occidentale post democratica e neoliberista di oggi. La versione proposta dal regista, coadiuvato dal dramaturg Florian Borchmeyer, è fortemente rimaneggiata e integra nel testo alcuni brani tratti da L'insurrection qui vient, scritto nel 2007 dal Comité Invisible, collettivo francese anarco- insurrezionalista. Lo spirito e i dilemmi di Ibsen rimangono tuttavia inalterati, dimostrando come, a distanza di centocinquanta anni, le perverse dinamiche del potere politico e di quello economico non siano sostanzialmente cambiate.

Il linguaggio è stato drasticamente attualizzato. La famiglia Stockmann è stata ringiovanita e trasferita in una casa senza mobili di design. Hanno due figli in meno (Ejlif e Morten) e Petra, la più grande e l'unica che sostiene le idee del padre, è stata trasformata in un neonato piagnucoloso che frigna ogni volta che Thomas Stockmann si mette a suonare pezzi rock con gli amici. Gran parte delle caratteristiche della figlia maggiore sono state riversate sul personaggio della Signora Stockmann che per questo risulta molto più complesso del suo doppio nell'originale.

Prima ancora che lo spettacolo abbia inizio, il pubblico può leggere sul velatino che funge da sipario una parte dell'arringa che Stockmann pronuncerà all'assemblea pubblica del quarto atto. Lo slogan di un produttore americano di scarpe da ginnastica (I AM WHAT I AM) <non è solo una campagna pubblicitaria, bensì una campagna militare, un grido di guerra indirizzato contro tutto ciò che esiste tra gli esseri umani>. Questo prologo scaraventa gli spettatori nell'oggi. Non sanno che queste parole esprimono il pensiero del protagonista, ma già l'interno del suo appartamento la dice lunga sulle sue idee politiche. Il salotto borghese viene rimpiazzato da uno stanzone delimitato da pareti di lavagna dove parte dell'arredo è stato disegnata con un gessetto. A sinistra c'è un divano di pelle consumato, una poltrona e un tavolo basso stile Ikea, a destra un'apertura lascia intravedere un altro ambiente occupato da una batteria e un groviglio di microfoni. Il dottor Stockmann e due giornalisti della testata progressista <L'araldo del popolo>, mangiano, cantano e suonano dal vivo Older Chest di Damien Rice e Changes di David Bowie . In un momento di pausa, il padrone di casa annuncia la notizia bomba intorno alla quale si sviluppa l'intero dramma di Ibsen. In qualità di medico responsabile dello stabilimento termale che sostiene l'economia dell'intera cittadina, Stockmann ha scoperto che quelle acque sono nocive e infettate dagli scarichi di una conceria. La salute pubblica è seriamente messa a repentaglio e il dottore ha intenzione di pubblicare un articolo che ne dia notizia all'intera comunità. Sulle prime Hovstad, redattore del giornale, e il suo collaboratore Billing accolgono con entusiasmo la proposta del loro amico, ma presto lo lasceranno da solo a combattere la sua battaglia, come faranno tutti gli altri membri della comunità . Primo fra tutti suo fratello Peter che oltre ad essere il Sindaco della città, è anche Capo della polizia e presidente della Società delle Terme. Subito dopo il suocero Morten Kiil, proprietario delle famigerate concerie,che si presenta in scena con piglio minaccioso e un enorme pastore tedesco, e poi il tipografo Aslaksen che è anche rappresentante dei piccoli proprietari di immobili e della democrazia maggioritaria.

Gli assi portanti della trama rimangono gli stessi ma l' intreccio viene semplificato anche grazie all'eliminazione di alcuni personaggi. Le scene, notevolmente snellite, si susseguono a un ritmo vorticoso ma perfettamente controllato. I cambi di scena a vista sono molto rapidi . Basta spostare qualche mobile, cancellare il nome di Stockmann, scritto col gessetto sopra la porta del salone, e riscriverci sopra Redaktion, per trasformare lo spazio nella sede dell' <Araldo del popolo>. Il ticchettio delle vecchie macchine da scrivere e i tristi lampadari al neon che scendono dall'alto trasmettono lo squallore della redazione dove tutti alla fine invitano Stockmann alla moderazione, sostenendo che la pubblicazione dell'articolo provocherebbe una catastrofe economica.

 Infine, bastano un paio di pennellate di vernice bianca alle pareti di lavagna per trasportare l'azione scenica nella grande sala dove Stockmann tiene il suo discorso pubblico. Non parla delle terme ma delle grandi menzogne politiche e della cloaca sulla quale è costruita la società borghese. <L'economia non è in crisi> afferma, <l'economia è la crisi>, e la maggioranza liberale è nemica della verità quando questa entra in conflitto con il profitto. Con un azzardato colpo da maestro, Ostermeier fa accendere le luci in sala, porta in scena un paio di traduttori armati di microfoni a gelato e fa coinvolgere il pubblico in un reale dibattito politico. Di fronte alle domande provocatorie di Stockmann, gli spettatori napoletani si sono riscaldati sul serio, hanno alzato la mano e posto domande. Mai visto niente di simile a teatro. Un signore si è perfino messo a gridare <Affanculo le terme, vi facciamo un culo così> e poi ha urlato a pieni polmoni <Sono dalla parte di Thomas!>. Gli attori scesi in platea erano visibilmente sorpresi, ma anche soddisfatti perché lo spettacolo si era magicamente trasformato in una reale esperienza di confronto e di condivisione.

Per un breve lasso di tempo, il nemico del popolo, colui che disprezza la maggioranza democratica o liberale che dir si voglia, non è rimasto solo con i suoi principi etici e i suoi ideali. Tuttavia non ci sono soluzioni ai problemi sollevati da Ibsen che rimangono comunque insoluti in scena come nel testo. Nel quinto atto, Stockmann e sua moglie rimangono senza lavoro e il padre di lei li va a trovare con le quote svalutate delle terme che ha comprato per ricattarli. Se Thomas non si rimangia la verità, sua moglie rimarrà senza eredità. La coppia rimane muta e atterrita con quelle carte in mano, indecisa, forse, sul da farsi.

Un finale agghiacciante che provoca sdegno e solleva interrogativi. Questo anche in virtù dell'impeccabile recitazione di tutti gli attori che sono sempre credibili e veri e del perfetto congegno registico di uno dei più grandi maestri della scena odierna.

 

Scheda tecnica

EIN VOLKSFEIND, di Henrik Ibsen. Drammaturgia di Florian Borchmeyer.

Scene: Jan Pappelbaum. Costumi: Nina Wetzel. Musiche: Malte Beckenbach, Daniel Freitag. Luci: Eric Schneider. Pitture: Katharina Ziemke.
Con: Thomas Bading, Christoph Gawenda, Moritz Gottwald, Ingo ulsmann, Eva Meckbach, David Ruland, Andreas Schroders.
Regia di Thomas Ostermeier.
Produzione: Schaubuhne Berlin.  Spettacolo in tedesco con i sottotitoli in italiano.

Visto al Teatro Politeama di Napoli il 13 giugno 2015, nell'ambito di Napoli Teatro Festival.

 

 

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