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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Taglio Cesareo. Prove sul suicidio del Teatr Zar

 


Il Teatr Zar di Wroclaw è una giovane compagnia di ricerca teatrale che fonda i suoi spettacoli sulla musica, il canto, la danza e il movimento. Il loro teatro fisico e visuale risente fortemente della scuola di Jerzy Grotowski, ma va oltre gli insegnamenti del grande maestro. I loro spettacoli sono rituali teatrali che affondano le loro radici in musiche e canti precristiani raccolti nelle regioni della Georgia, del Caucaso, della Bulgaria, della Cecenia e di altri paesi dell'Est europeo. Il loro teatro, contemporaneo a tutti gli effetti, prende le mosse dalla musica delle origini e si sostanzia di una laica tensione alla trascendenza.

Il loro mesmerico Taglio Cesareo. Prove sul suicidio è andato in scena al Teatro India di Roma per soli due giorni in occasione della tredicesima edizione del Festival della Cultura Polacca a Roma. Lo spettacolo, vincitore del Total Theatre Award 2012 al Fringe Festival di Edimburgo, è il pannello più terreno e teatrale de I Vangeli dell'infanzia. Trittico.

A dispetto del titolo, la performance si concentra di più sulla resilienza e sull'istinto di sopravvivenza che non sulla tendenza all'autodistruzione. Rigorosamente privo di parole e di uno sviluppo narrativo, lo spettacolo evoca impulsi suicidali compulsivi regolarmente contrastati da una forza involontaria che trascina via i corpi dall'orlo del precipizio. Si alternano così movimenti verso la morte a improvvise ricadute nella vita in una partitura performativa intensamente fisica, sanguigna e viscerale. La performance è terribilmente bella e crudele, anche se non mancano parentesi di sollievo comico.

Lo spazio teatrale è occupato da un'immensa pedana di legno rettangolare che costringe gli spettatori a sistemarsi su tre lati della scena. Entrando in sala si rimane subito colpiti dalla vibrante tensione fisica dei corpi dei dieci performer (sette musicisti e dei tre attori- danzatori) che attendono seduti ai loro posti, lungo il perimetro dell'area scenica. All'improvviso le luci si spengono e nel buio pesto si ode il respiro profondo degli artisti e l'implacabile ticchettio di un metronomo che scandisce il tempo della vita. Poi il fragore assordante di vetri spaccati. Con la luce sopraggiunge la musica di Eric Satie suonata dal vivo al pianoforte e poi i canti, i bellissimi canti polifonici corsi, ceceni, bulgari e georgiani che vengono intonati in perfetta consonanza con le coreografie dei movimenti scenici. Non si sono divisioni di generi perché tutto ciò che accade in scena è pura fisicità e vibrante vocalità allo stesso tempo. I corpi cantano e le voci danzano sulle note degli strumenti musicali (due violoncelli, un violino, una fisarmonica,una tromba e una sega musicale verticale).

La pedana è divisa in due da una fessura ricolma di pezzi di vetro luminescenti. Sempre in bilico tra vita e morte gli attori- danzatori (due donne e un uomo) ci camminano spesso sopra con i piedi scalzi oppure raccolgono i vetri per lasciarseli piovere addosso. Si spalmano il corpo di vino rosso sangue o ne lanciano a terra calici ripieni per creare l'effetto di chiazze ematiche sparse un po' ovunque. I performer si inseguono, vacillano, si corteggiano e lottano danzando. C'è un rituale di accoppiamento coreografato, un abbraccio che produce uno sbocco di sangue che imbratta il pavimento. Spesso volteggiano una intorno all'altro, si rotolano a terra e si sollevano in aria per poi ricadere di nuovo. Si respingono e poi si attraggono, uniti da una forza magnetica distruttiva e teneramente intima allo stesso tempo.

Le scene scuotono l'emotività e ipnotizzano lo sguardo, mentre si susseguono l'un l'altra seguendo un ritmo simile a quello delle maree. Bellissima è l'immagine di una donna che sale ripetutamente su una sedia e si protende in alto verso un raggio di luce per poi ricadere sconfitta. Risale e riscende finché l'uomo non le presta le spalle per salire più in alto e precipitare di nuovo a terra.

Nonostante l'assenza di un qualsiasi appiglio narrativo, la tensione del pubblico è pressoché continua. Anche perché la straordinaria intensità espressiva di ogni singolo gesto e di ogni singolo passo di danza riesce a trasmettere con forza il contrasto tra il desiderio di morte e l'ostinata volontà di vivere.

Brevissimi intermezzi comici mantengono la performance in bilico tra luce e oscurità. Buffissima è la scena in cui una performer si mette un cappio al collo con l'altro capo della corda legato ad un alberello piantato in un vaso, e attende fiduciosa la sua crescita con un innaffiatoio in mano. Subito dopo, l'impazienza di annientarsi la spinge a mordersi voracemente i polsi nella vana speranza di tagliarsi le vene. I goffi tentativi di suicidio ricordano le atmosfere di Harold e Maude. Ma subito dopo, un intenso Kyrie Eleison originario della Corsica prepara il pubblico all'inquietante immagine finale di una donna accovacciata a terra che spalanca la bocca in un urlo silenzioso di dolore. Lo scroscio di applausi non richiama i performer in scena perché i saluti non sono previsti in un teatro fortemente rituale come quello di Teatr Zar.

 

 

Scheda tecnica

TAGLIO CESAREO. PROVE SUL SUICIDIO. Direzione del progetto: Jaroslaw Fret. Collaborazione musicale: Mariana Sadowska. Collaborazione alla partitura del movimento: Vivien Wood. Performer: Kamila Klamut, Ditte Berkeley, Maciej Matejca. Musicisti: Nini Julia Bang, Alessandro Curti, Jaroslaw Fret, Alexandra Kotecka, Ewa Pasikowska, Orest Sharak, Tomasz Wierzbowski.

Prima nazionale: fabbrica Europa Festival, Firenze, 2007.

Visto al Teatro India di Roma il 16 giugno 2015.

 

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