Statistiche dal 2010

Visite agli articoli
4393900

Abbiamo 320 visitatori online

Cerca nel sito

Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

Fogli e Parole d'Arte

non ha scopo di lucro, non propone alcuna pubblicità e ha come unico interesse la diffusione della cultura.
Pertanto, le immagini pubblicate si attengono all'a
rticolo 70, comma 1bis della legge sul diritto d’autore, dove si afferma che è possibile la "libera pubblicazione attraverso la rete Internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro".


Iscriviti al nostro
canale WhatsApp
sul cellulare

 - Nuova informativa sui cookie -

 


Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Il Don Giovanni trash di Filippo Timi

 

Dopo il successo di Amleto 2, il vulcanico Filippo Timi si è buttato a capofitto nello studio di un altro grande mito letterario che lo ha portato alla realizzazione di uno sfarzosissimo spettacolo pop. Il Don Giovanni. Vivere è un abuso, non un diritto non pone limiti all'indecenza e fa dell'eccesso il suo punto di forza. La fonte più diretta è il libretto di Da Ponte, ma il testo è tutta farina del sacco di Timi. La performance è una girandola impazzita di segni accroccati in un insieme disorganico che alterna idee registiche geniali a trovate da varietà televisivo, e che mescola citazioni colte con battute da postribolo.

La scenografia e i costumi sono fastosamente kitsch e scioccano lo sguardo per la loro mirabolante varietà. Ai lati della scena spiccano due pareti dorate che sembrano realizzate con la carta dei cioccolatini e il fondale riproduce un soffitto barocco che ogni tanto lascia il posto ad uno schermo dove vengono proiettati brevi video scaricati da You Tube (I have a bad case of diarrhea o Part of your world dalla Sirenetta Disney) che non c'entrano niente con ciò che accade sulla scena, ma che comunque si assicurano un aggancio alla contemporaneità. La musica spazia da Ridi pagliaccio alle canzonette di Sergio Endrigo o di Claudio Baglioni, passando attraverso i Queen e i Pink Floyd.

Timi predilige il comico e il farsesco e traduce il tragico in grottesco. Il suo Don Giovanni è un eroe disfunzionale, un cavaliere insaziabile che si abboffa di piaceri per sfidare la paura della morte. Si fa di eroina, sniffa coca e, come da copione, è ossessionato dal sesso. E' un Don Giovanni che fa la cacca su un water dorato mentre legge La gazzetta dello sport. E' un ateo impenitente che utilizza un materasso a forma di croce per i suoi festini con le donne. E' un libertino che non ha il tempo di far sfoggio del suo fascino seduttivo perché sono le donne a prendere subito l'iniziativa.

La storia segue alla lontana il testo di Da Ponte (le scene con il Convitato di pietra vengono saltate e Don Giovanni non viene inghiottito dalle fiamme dell'inferno), ma più che di intreccio si dovrebbe parlare di una serie di episodi o meglio di sketch tenuti insieme dalla presenza fracassona del protagonista. Lo spettacolo tuttavia lascia molto spazio anche agli altri personaggi, soprattutto a quelli femminili.

Donna Elvira è una virago infuriata che occupa mezzo palcoscenico con il suo immenso abito di pelliccia rosso e nero e che con una mano brandisce un coltellaccio contro il seduttore che l'ha abbandonata e con l'altra gli dà una botta sul <pacco>. Donna Anna entra in scena su una sedia a rotelle e con una torta di compleanno sul grembo, ma dopo la morte del padre per mano di Don Giovanni si rimette subito in piedi e si trasforma in una macchina da guerra che non perdona al libertino di aver ucciso suo padre prima che lo facesse lei. Il suo abito nero da sadomaso non è meno ingombrante di quello di Donna Elvira e il suo lungo frustino è una minaccia costante per chiunque le si avvicini. Don Ottavio rimane un <fidanzato modello> ma la sua figura viene ridicolizzata al massimo per far divertire il pubblico. Ancora più comici sono la contadina Zerlina e il suo promesso sposo Masetto. Entrambi parlano un dialetto da borgata romana ma sono molto meno sempliciotti di quanto si possa pensare. Vestita come una pupazzetta da carillon, Zerlinaè molto sveglia e arguta e dopo essersi ingozzata di cioccolatini esorta lei stessa Don Giovanni a possederla. Tutti i Don Giovanni, da quello di Tirso de Molina a quello di Molière, sono seduttori braccati dalle donne, ma quello impersonato da Timi si trova anche a dover affrontare femmine emancipate che non mancano di prendersi gioco del suo fascino virile.

Il travestimento viene ampiamente utilizzato non tanto per sviluppare le complicazioni della trama, quanto piuttosto per amplificarne gli effetti comici. Leporello è una spalla effeminata e malferma e quando servo e padrone si scambiano di ruolo succede un parapiglia perché Leporello non ce la fa proprio a nascondere la sua omosessualità e invece di distrarre Donna Elvira, preferisce lanciarsi tra le braccia del servo gay di lei.

Una trovata comica tira l'altra anche a scapito della linearità e della coerenza del racconto. Le intuizioni registiche valide non vengono sviluppate abbastanza e troppo spesso si scivola nel macchiettismo e nel caricaturale. Persino il finale stempera il tragico mantenendosi in linea con il vitalismo esasperato del protagonista. Il blasfemo Don Giovanni scende a più miti consigli e, consapevole della sua morte incombente, rivendica <un dio così umano da fare tenerezza, che cerca il bene, che non combatte il male e finalmente si arrende alla bellezza della vita>. Il peccatore non affronta la morte e neanche la sfida, ma si lascia dilaniare dalle sue amanti virago.


 

Lo spettacolo si regge sulla bravura di tutti gli attori e sulla straripante energia di Timi che agguanta letteralmente il pubblico con il suo istrionismo narcisistico. Gli splendidi costumi dello stilista Fabio Zambernardi colmano spesso alcune lacune del testo. Il vestaglione di Don Giovanni fatto con tante parrucche femminili cucite sulla stoffa è il correlativo scenico dell'aria di Leporello <Madamina, il catalogo è questo> della quale non rimane traccia alcuna. Il pesante costume fatto di fiori che Don Giovanni indossa per abbordare Zerlina funge da commento ironico alla totale assenza di elementi bucolici nel mondo dei paesani, che qui figurano come coatti sbucati da qualche lontana periferia.

Lo spettacolo ha ottenuto il favore incondizionato del pubblico in molti teatri italiani con applausi a scena aperta e scrosci di risate nel bel mezzo di questa o di quell'altra scena. Indubbiamente Timi ha talento da vendere ma dovrebbe provare a non abusarne. Con tutte le sue smodatezze lo spettacolo rischia di essere il prodotto e non lo specchio critico della contemporaneità.

 

IL DON GIOVANNI

VIVERE E' UN ABUSO, MAI UN DIRITTO

Uno spettacolo di e con Filippo Timi.

Luci: Gigi Saccomandi.

Costumi: Fabio Zambernardi in collaborazione con Lawrence Steele.

Con: Lucia Mascino, Marina Rocco, Elena Lietti, Umberto Petranca, Alexandre Styker, Matteo De Blasio, Fulvio Accogli, Roberto Laureri.

Assistente alla regia: Fabio Cherstich.

Regia di Filippo Timi.

Produzione: Teatro Franco Parenti/ Teatro Stabile dell'Umbria.

Al Teatro Argentina di Roma dal 3 al 15 marzo 2015. 

 

 

abbiamo aggiornato l'informativa sui cookie