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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Die Wohlgesinnten di Jonathan Littell, secondo Antonio Latella

 

L'adattamento teatrale di Die Wohlgesinnten dello scrittore franco-americano Jonathan Littell completa la trilogia di Antonio Latella sui temi della menzogna, del male e della memoria. Scritto a quattro mani con Federico Bellini, il testo drammatico comprime il mastodontico e controverso romanzo sul nazismo in una performance di tre ore e mezza che si concentra sulle ossessioni e le più intime perversioni di Maxmilien Aue, un colto e spietato ufficiale delle SS che non cede al pentimento. Affiancato in scena dalla sorella gemella Una e dall'amico e alter-ego Thomas Hauser, il protagonista diviene una sorta di prisma ottico che filtra e rifrange l'orrido bagliore delle vicende di guerra sul fronte orientale tra il 1941 e il 1945. Il dettagliato affresco storico, presentato nel romanzo in forma di memoriale, viene incanalato nel solco più ristretto di una parabola drammatica incentrata sulla caduta agli inferi di un uomo ordinario che, come tanti altri, si inabissa nell'atroce meccanismo di un male senza ritorno.

Lo spettacolo evade dal realismo descrittivo del romanzo consevandone la spietata crudezza, ne sfronda episodi e personaggi, trame e sottotrame, resoconti e cifre statistiche. Ma, soprattutto, ridimensiona quel potere invisibile della macchina burocratica nazionalsocialista, che nel romanzo grava pesantemente sull' agire umano, frapponendosi tra coloro che contribuiscono ad un'azione e il risultato finale della medesima.


Impegnato da tempo a sfruttare la "menzogna" del teatro per ricercare la verità, Latella privilegia l'aspetto simbolico della vicenda, conferendo all'intera rappresentazione un andamento epico e amplificando gli echi mitologici del romanzo che sin dal titolo rimanda a Le Eumenidi eschilee.

Il palcoscenico del Teatro Eliseo viene messo totalmente a nudo, impalcature, estintori e macchinari a vista. Uno spazio immenso che trova il suo baricentro visivo nella bellissima immagine proiettata sullo sfondo del Tiergarten di Berlino, la città dove inizia e si conclude l'avventura militare del protagonista, ma anche il centro simbolico di quell'Europa colta e civile che ha visto nascere l'orrore dell'olocausto e che per molto tempo ha fatto finta di non vederlo. Non a caso il parco verdeggiante è attraversato da un fiume tranquillo, lungo il quale passeggiano persone comuni, indifferenti al flagello evocato sul palcoscenico. Per contrasto, la scena è disseminata di fari, microfoni, tavoli rivoltati e sgabelli da pianoforte dislocati alla rinfusa che diventano all'abbisogna cadaveri da prendere a calci o comodi tavolini da bar dove Thomas e Max trangugiano fiumi di whisky e fumano sigarette. Due pianoforti verticali servono da corrispettivo oggettuale della musica di Franco Visioli che è parte integrante della partitura testuale.

Un'atmosfera sospesa, statica e vagamente estetizzante, avvolge il tentativo registico di rappresentare il Male assoluto. Ma la drammaturgia crea uno sbilanciamento tra la prima parte, incentrata sullo sviluppo di strategie per l'eccidio di massa sempre più efferate, e la seconda, più urlata e visionaria, che indugia morbosamente sui fantasmi interiori di Max Aue, rischiando di relativizzare il Male.


L'adattamento rispetta la suddivisione del romanzo in sette parti che prendono nome dai movimenti di una suite di danza (Toccata, Allemanda I e II, Corrente, Sarabanda, Minuetto in rondò, Aria, Giga). Il prologo (Toccata) in cui Max Aue allude all'inevitabilità del suo agire viene posto in coda, in funzione di epilogo. Lo spettacolo inizia direttamente con Max costretto ad arruolarsi nelle SS dopo essere stato sorpreso durante un rendez-vous omosessuale in un parco. Da narratore consapevole si tasforma in personaggio manipolato da altri, in particolare da Thomas Hauser, il carrierista efficiente che lo guida nei meandri del potere. Il ritmo dell'azione è sostenuto da un dialogo battente ed è chiosato da una dosata alternanza di stacchi e di riprese, di trattenimenti ed esplosioni. Il continuo fluire dalla prima alla terza persona impone agli straordinari attori dello Schauspielehaus una recitazione straniante che, tuttavia, non impedisce di conferire autenticità ai personaggi. Il perfetto fraseggio accordato sulle dure note della lingua tedesca, la misura del gesto, ritagliato con rigore anche nei movimenti più violenti o esasperati, il misurato passaggio dalle pause al parlare concitato, e l' imponente presenza scenica degli attori, suppliscono ai vuoti dell'apparato visivo e alla staticità del montaggio. Un montaggio che, a dispetto dell'esiguità delle immagini, potrebbe definirsi cinematografico per i suoi frequenti zooming in effettuati nella penombra da un immenso faro montato su carrello e trascinato a destra e a manca da un uomo (Maurizio Rippa) che commenta l'azione con arie da soprano leggero.

La trasformazione di Max Aue, giurista di professione e cultore del bello per inclinazione, in una spietata macchina di morte, incrocia tutti i nodi del conflitto sul fronte orientale, dall' Operazione Barbarossa alla battaglia di Stalingrado. Proprio come nella tragedia greca i fatti sanguinosi vengono lasciati all'immaginazione del pubblico. L'eccidio perpetrato dagli Einsatzgruppen nei territori sovietici occupati, le esecuzioni di massa a Kiev, lo sterminio nei campi di concentramento, si materializzano nella parola pronunciata con agghiacciante distacco, nel fragore assordante degli sgabelli ammucchiati uno sull'altro, oppure vengono suggeriti da maschere scimmiesche o dal sibilo sinistro prodotto da un attore dopo aver pronunciato la battuta <Abbiamo trovato un nuovo modo di uccidere gli Ebrei: li gasiamo>.

Il corso della Storia si riduce troppo spesso a mera nomenclatura, una lista interminabile di nomi di gerarchi nazisti con i quali Max ha avuto a che fare, da Paul Blobel, Heinrich Himmler, Adolf Eichmann fino ad Adolf Hitler. Le vicende personali di Max si articolano in dialoghi di feroce intensità, in sequenze visive allucinate ma anche in momenti di pura maniera registica.

I numerosi riferimenti all'Orestea di fatto distraggono l'attenzione dal feroce meccanismo del male. Nell'economia del romanzo che oltrepassa le novecento pagine, l'associazione un po' forzata di Max con la figura di Oreste, di Una con quella di Elettra e di Thomas Hauser con quella di Pilade, si confonde nel vortice degli eventi e si assomma agli eruditi riferimenti a Platone, Goethe e altri ancora. Nella relativa economia della rappresentazione assume invece una rilevanza che ne tradisce l'arbitrarietà. In realtà Latella utilizza le allusioni alla tragedia classica per dar maggior spessore drammatico ai deliri morbosi di un omosessule nazista. Il legame incestuoso con la sorella viene ampiamente sviscerato attraverso immagini di cupa e violenta sensualità, mentre il duplice assassinio del patrigno Aristide Moreau e della madre Hèloise viene evocato per risalire alle origini delle compulsioni di un sostenitore dello sterminio. Anche nel romanzo, ma soprattutto nel suo adattamento, la disfunzione sessuale di Max rischia di stabilire una facilissima e quantomai scontata equazione tra devianza e crudeltà. Sul palcoscenico, il prolungato indugio sulle nevrosi del protagonista, la coazione a ripetere, i deliri onirici e i ricordi di un'infanzia difficile, spostano il centro della rappresentazione dal generale al particolare, banalizzando la portata tragica del Male e quella di un fenomeno di aberrazione collettiva molto più complesso e di più ben vaste dimensioni.

 

Scheda tecnica
DIE WOHLGESINNTEN, di Jonathan Littell.
Traduzione dal tedesco: Hainer Kober. Adattamento: Antonio Latella e Federico Bellini. Scene e costumi: Moira Zoiti, Ralph Hoedt. Disegno luci: Simone De Angelis. Musica: Franco Visioli.
Drammaturgia: Brigitte Auer, Francesca Spinazzi. Assistente alla drammaturgia: Mathias Male.
Con: Thiemo Strutzenberger, Steffen Hold, Barbara Horvath, Maurizio Rippa. Regia di Antonio Latella. Assistente alla regia: Katrin Hammler. Produzione: Schauspielhaus Wien.
In collaborazione con stabilemobile- compagnia Antonio Latella.

Prima nazionale, 12 ottobre 2013, al Teatro Eliseo di Roma, nell'ambito di Romaeuropa Festival.

 

 

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