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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

Rivivendo Beckett con Glauco Mauri

 

Aveva poco più di trentanni, Glauco Mauri, quando interpretò L'ultimo nastro di Krapp di Samuel Beckett per la Compagnia dei Quattro, diretta da Franco Enriquez. E' stato il primo attore italiano a cimentarsi nella difficile parte di un vecchio smarrito difronte al Nulla, ed ora, a distanza di cinquant'anni, riascolta la sua voce registrata di allora, ora che di quell'uomo rinchiuso nella tana dei suoi ricordi può capire meglio il punto di vista e gli stati d'animo. Posto in coda dello spettacolo che amalgama quattro atti unici del "magnifico pazzo irlandese ", Krapp è nel titolo il punto di partenza che conduce al silenzio, a quell'assenza di parole che in Beckett esplicita più che mai il senso o il non senso della vita.

Magistralmente interpretato al fianco dell'inseparabile Roberto Sturno al massimo del suo rigore espressivo, lo spettacolo è un sentito omaggio a Beckett, un viaggio nel mondo di un maestro che "con la sua feroce ironia ", afferma Mauri, "ci ha dato le chiavi per comprendere l'uomo". La collaudata coppia trasferisce nel montaggio di testi beckettiani una calda umanità e una comicità tragica che tuttavia rinuncia al cinico e raggelato distacco che permea la scrittura del grande drammaturgo. Più che a Beckett, si assiste al Beckett rivissuto e reinterpretato da un fedele interlocutore.

Nel prologo i due attori sbucano fuori da due bidoni posti ai lati della scena al modo di Nell e Nagg di Finale di partita, e con il fare clownesco di Vladimir e di Estragon articolano in forma dialogica alcune riflessioni di Beckett sulla sua opera, mentre la foto del suo volto scavato viene proiettata sul fondale nero. Dalle ironiche risposte date ai giornalisti sul possibile riferimento a Dio nel nome di Godot, alle lucide osservazioni sull'insensatezza non tanto della vita, quanto del pensiero della morte, il prologo spiana la strada a Respiro, la fugace rappresentazione di un cumulo di sacchi di spazzatura della durata di poco più di mezzo minuto, con una una voce fuori campo che sintetizza la parabola della vita, dal vagito del neonato al rantolo che precede la morte. L' esistenza stigmatizzata in pochi attimi in un'immagine inanimata, dove il teatro rinuncia alle persone fisiche per raccontare il passaggio dell'uomo sulla terra attraverso le cose consumate e poi gettate via.

Perfetto nei tempi e nella grammatica dei gesti è Improvviso nell'Ohio, scritto da Beckett nel 1981 in occasione del suo settantacinquesimo compleanno. Insieme al Prologo, questo atto unico è l'unico che vede Mauri e Sturno insieme in scena. L'impianto visivo, perfettamente simmetrico nelle sue forme, presenta sue figure speculari intabarrate in due identici palastrani neri, i volti seminascosti da due parrucche di capelli lunghi bianchi. Siedono ai lati opposti di un lungo tavolo, uno (Mauri) posto di spalle, l'altro (Sturno) di profilo. Sono le due metà di una stessa persona, un vecchio abbandonato dalla compagna, che vive in assoluta solitudine, e che per consolarsi si inventa un alter ego che gli racconti la sua storia. Sturno è il Lettore che legge il racconto da un libro all'Ascoltatore , con pefetta orchestrazioni di toni e di tempi, mentre il suo muto interlocutore batte la nocca della mano sul tavolo per indicare le pause e ritmare il testo, costingendo l'altro a liriche riprese e crudeli ripetizioni. La breve ma intensissima pièce anticipa L'ultimo nastro di Krapp, dove il doppio si reincarna nell 'unico corpo del vecchio alle prese con ricordi ed epifanie.

Atto senza parole, agìto da Sturno, sopraggiunge come un intermezzo tragico e grottesco che tuttavia funge da sollievo comico per il pubblico. La scena s'inonda di un'accecante luce bianca, in netto contrasto con la penombra della pièce precedente e con il buio della successiva, e Sturno, in abiti vagamente clowneschi, diviene un Everyman solo e intrappolato in uno spazio desertico, con tanto di palma che appare e scompare, e con una serie di miraggi che lo costringono a cimentarsi in astruse peripezie. Dispone soltanto di due cubi per raggiungere la brocca d'acqua che gli sfugge per non aver calcolato bene le misure. Beffato dalla vita che gli apre varchi per poi richiuderli all'istante, l'uomo rifiuta i suoi falsi soccorsi e sceglie una dignitosa solitudine. La pièce, interpretata da Mauri nel lontano 1963, viene ripresa da Sturno con una straordinaria intensità mimica e una studiatissima tempistica gestuale. Lascia trapelare un'angoscia trattenuta e stemperata dall'accettazione , solo in parte rassegnata, della condizione umana.

Nella duplice veste di Krapp e dell'attore ottuagenario, Mauri aggiunge una ironia sorniona al personaggio e gli attribuisce un'umanità piuttosto insolita. Le minuziose didascalie beckettiane sono rispettate al millimetro sia nell'apparato visivo che nella grammatica gestuale. Krapp-Mauri siede ad " un piccolo tavolo i cui due cassetti si aprono verso il pubblico", illuminato da un cono di luce che svela " un registratore con microfono e un gran numero di scatole di cartone che contengono bobine di nastri incisi". La scena è come l' aveva immaginata l'autore e Mauri rispetta la partitura di pause e silenzi con la destrezza di chi del testo ha fatto una seconda pelle. Più che interpretarlo, lo calza come fosse un guanto. Il testo lo riguarda e per questo lo carica di una sofferta e vibrante emotività che di rado si associa al vecchio Krapp, ma che tuttavia viene stemperata da picchi di autoderisione. Mauri riesce a coniugare l'ansia di sopravvivere al Nulla e la sofferta coscienza della sua inevitabilità con straordinario equilibrio. L'epifanica visione, in cui Krapp vede con chiarezza che l'oscurita che ha sempre lottato per tenere lontana, è forse la sua unica ancora di salvezza, è resa con singolare potenza espressiva e le ultime battute sono cariche di pacato disincanto: " Forse i miei anni migliori sono finiti. Quando la felicità era ancora possibile. Ma non li rivorrei indietro."

L'intera operazione di montaggio del testo dimostra l'intima interdipendenza tra i singoli atti unici e mette a fuoco il punto focale della poetica beckettiana che non trova conforto nella parola, ma riesce a raccontare la zona d'ombra dell'esistenza ancor meglio nel silenzio, in quel "senza parole " commentato da un nastro che si riavvolge su se stesso. Il taglio tradizionale di questa coppia di attori di vecchio stampo, esalta il senso più profondo di Beckett e la sua indiscussa universalità, senza ricorrere ad altri mezzi che non siano la maestria attoriale e l'intelligenza interpretativa.

 

Scheda tecnica

DA KRAPP A SENZA PAROLE. Il Prologo, Improvviso dell'Ohio, Atto senza parole, L'ultimo nastro di Krapp, di Samuel Beckett.
Traduzione di Carlo Fruttero e Franco Lucentini.Luci: Gianni Grasso. Musiche: Germano Mazzocchetti. Impianto scenico: Francesco De Summa. Con Glauco Mauri e Roberto Sturno. Regia di Glauco Mauri.

Al Piccolo Eliseo Patroni- Griffi fino al 21 aprile 2013.

 

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