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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

"La Modestia" di Spregelburd, attraverso la lente di Ronconi

I peccati di BoschOrmai è un drammaturgo di culto in tutto il mondo e anche in Italia, ma Rafael Spregelburd mette davvero a dura prova sia registi che spettatori. La sua scrittura sovverte le regole della comunicazione teatrale, abolendo sia il concetto di trama, intesa come sequenza lineare di accadimentie, sia quello di personaggio. In genere sviluppa situazioni parallele, dislocate nel tempo e nello spazio, ma tenute insieme da analogie e contrasti che sta al pubblico cogliere e interpretare a suo piacimento. Il suo è un teatro dove la realtà viene presentata come una somma di percezioni relative e frammentarie e dove lo stesso concetto di identità viene messo in discussione.

La modestia è il terzo tassello della Eptalogia, un ciclo di sette pièces ispirata all'autore da I sette peccati capitali di Hieronymus Bosch in cui il grande fiammingo rappresenta il crollo dell'Ordine dei valori morali medievale. Nella prospettiva capovolta di Spregelburd, quei vizi cambiano di segno e a volte si esprimono nel loro contrario. Nel marasma del relativismo etico che caratterizza il nostro tempo la virtù della modestia si trasforma in un peccato capitale ancor più grave del suo corrispettivo (la Supebia), perché quasi sempre nasconde la volontà di non assumersi le proprie responsabilità. La pièce tuttavia non è incentrata sul tema introdotto dal titolo, nè intende dimostrare alcunché. E' semmai un dramma privo di baricentro, assolutamente spiazzante, dove l'azione si dipana su due filoni indipendenti. Il grande merito della regia di Ronconi è quella di accentuare l'ambiguità del testo per chiarirne il meccanismo e i possibili significati.

Sulla scena ci sono sempre quattro attori che interpretano otto personaggi appartenenti a due mondi distanti e diversi, la Buenos Aires di oggi e un paese dell'Est in un passato indefinito. Ciononostante la scena rimane sempre pressochè la stessa, un grande ambiente vuoto delimitato da pareti di mattoni verde acido e pochi oggetti d'arredo (un divano, una scrivania, qualche sedia, una cassettiera) che si spostano ad ogni cambio di scena/epoca. Il montaggio costruito sullo scambio di diciotto scene alternate assomiglia a quello di Babel di Alejandro Gonzàles Inàrritu o di Crash di Haggìs. Delle due storie, quella ambientata in Argentina è la più frammentata e paradossale, una specie di thriller segmentato in tanti sketches che accumulano indizi difficili da ricostruire.

I protagonisti sono due uomini, l'avvocato San Javier (Fausto Russo Alesi) e Arturo (Paolo Pierobon) e due donne, Maria Fernanda (Maria Paiato) e Angeles (Francesca Ciocchetti), la moglie di Arturo. Abitano tutti in uno squallido comprensorio al centro di una Buenos Aires schiacciata dalla crisi e dal ricordo ancora vivo della dittatura militare. Lo si deduce dal fatto che tutti sono sempre sul chi vive, sospettosi l'uno dell'altro, e intenti a ricostruirsi una vita dalle macerie del passato. Maria Fernanda (Paiato) esordisce puntando una pistola (finta) contro un tizio che si è intrufolato nel suo appartamento in cerca di un qualche documento o di qualche prova. Ma il tizio non è altro che San Javier che sta cercando una linea difensiva per suo marito e per il suo ex socio in affari Arturo. I loschi affari in cui sono un po' tutti coinvolti rimangono un mistero, ma gli scambi di battute tra i quattro personaggi fanno luce sulle vite irrisolte di gente disposta a tutto per soddisfare bisogni immediati(si allude persino ad un giro di videocassette porno). Si respira lo spirito beffardo di Ionesco e ciascuna sequenza stempera la suspence nel grottesco. Irresistibili sono le tirate di Angeles in difesa degli immigrati coreani, che si ripetono a mo' di tormentone introducendo il tema dell'esule. Tema che ritorna sotto forme diverse nella vicenda ambientata in un paese balcanico all'era della post-perestroika. La storia è senz'altro più lineare e quindi anche più comprensibile. C'è anche qualcosa di Checov nella vicenda di Terzov (Russo Alesi), lo scrittore mancato e malato di tubercolosi e prossimo alla morte,al quale il medico Smederovo (Pierobon) promette la guarigione in cambio dei diritti di un romanzo incompiuto che egli dovrà portare a termine. Il romanzo tuttavia, all'insaputa di Terzov, era stato forse già iniziato dal suocero o dalla moglie Anya (Ciocchetti), che è pronta ad aiutarlo per salvargli la vita.

Tutti i personaggi sono in qualche modo incompleti. Anya che vive all'ombra del marito, lo scrittore che non ha saputo mettere in gioco il suo talento, il medico (clandestino senza permesso di soggiorno) che non si è affermato nella sua professione, sua moglie Leandra(Paiato) che si nutre del suo amore non corrisposto per Terzov. Sono personaggi a metà, interpretati da attori che si dividono in un doppio ruolo e credo che sia proprio su questa condizione ibrida dei personaggi/ attori che si basi il lavoro registico di Ronconi. Una regia sobria ed essenziale che costringe i bravissimi attori a portarsi con sè qualcosa di un personaggio anche quando interpretano l'altro. A mano a mano che l'azione procede, il gioco delle luci definisce con sempre meno chiarezza i limiti delle due storie che alla fine scivolano l' una nell'altra a ritmo sempre più serrato e senza soluzione di continuità. Sta ai singoli attori mettere in luce analogie e contrasti tra i due personaggi tra i quali si dividono. La recitazione rifugge dal naturalismo e impegna gli attori ad un lavoro di ensamble difficilissimo, una specie di gioco d'incastro in cui la verità di una situazione personale può emergere soltanto se rapportata all'insieme. La prova attoriale è magistrale e mette in risalto il meccanismo del testo in modo esemplare, tanto che alla fine ci si dimentica di capire gli snodi della non-trama per lasciarsi andare ad una comprensione più inclusiva della realtà sfaccettata e multiforme che scorre sulla scena. Il lavoro dello spettatore potrà anche risultare un po' troppo impegnativo, ma lo spettacolo riesce a parlare della contemporaneità.

 

Scheda tecnica

LA MODESTIA di Rafael Spregelburd. Regia di Luca Ronconi. Traduzione di Manuela Cherubini.
Con Francesca Ciocchetti, Maria Paiato, Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi.
Scene : Marco Rossi. Costumi : Gianluca Sbicca. Luci : A.J.Weissbard.

Prima nazionale : 24 giugno 2011 al Caio Melisso di Spoleto, Festival dei Due Mondi.

Al Piccolo Teatro Grassi di Milano dal 10 gennaio al 5 febbraio 2012.

 


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