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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

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Spettacoli sulle scene e sugli schermi

La Fila (Line) di Israel Horovitz, secondo Walter Le Moli

Line, ovvero La Fila è forse la commedia più feroce e anche la più fortunata del grande drammaturgo, nonché sceneggiatore, americano Israel Horovitz. Allestita per la prima volta al leggendario Cafè Mama di New York nel lontano 1967 sotto la direzione di James Hammerstein (con lo stesso autore nella parte del protagonista e John Cazale al suo fianco), ha continuato a più riprese a tenere banco nei teatri della Grande Mela e del mondo intero. E’ un atto unico piuttosto scarno costruito intorno alla lotta all’ultimo sangue tra cinque personaggi, quattro uomini e una donna, per ottenere e mantenere il primo posto in una fila sospesa nel nulla. Al modo dei drammi di Beckett che è stato amico ed estimatore di Horovitz, la pièce è sprovvista di intreccio e presenta situazioni al limite del paradosso che ben sintetizzano l’assurdità e la vacuità dell’esistenza. L’esiguità del testo permette variazioni interpretative (il modo in cui, ad esempio la donna si rapporta con i contendenti maschi, può mutare nei luoghi e nel tempo), ma l’insensatezza della competizione è tanto assiomatica da imprimere alla rappresentazione un carattere universale non lontano da quello del Morality Play.

L’allestimento de La Fila curato da Walter Le Moli e in scena in questi giorni al Teatro India di Roma è la prima produzione italiana della esilarante commedia e credo sia anche un caso esemplare di ottimo teatro fatto con pochi mezzi. La performance riduce il testo all’essenziale e ne esalta la carica esplosiva e la qualità grottesca attraverso un ritmo serrato dell’azione che rende più automatici i modi e i meccanismi della sopraffazione. All’inizio il buio della scena è occupato da un omone in attesa di non si sa cosa. Se ne sta li impalato con i piedi ben piantati al di qua della striscia adesiva bianca e non sembra prestare attenzione al pubblico che ha appena finito di accomodarsi in sala. Il volto inespressivo non tradisce le sue intenzioni. E’ assolutamente tranquillo fin quando un uomo più giovane con i capelli dritti da pazzo e le cuffie in testa non irrompe sulla scena. E’ Stephen l’artista che non smette di ascoltare Mozart e che rimbambisce di chiacchiere Fleming, quello che aspettava già da prima.

Da questo momento in poi l’azione accelera il passo e non si concede tentennamenti o sospensioni e i movimenti dei personaggi che ad uno ad uno fanno il loro ingresso e si dispongono in fila sembrano quelli di pedine di un disegno scenico perfetto. La caratterizzazione è ancora più essenziale di quella prevista dal testo dove la psicologia dei membri del quintetto è appena accennata. Fleming è un proletario, un tipo rozzo e non troppo intelligente (ha aspettato tutta la notte per essere il primo) che beve molte birre e guarda le partite alla tv; Stephen che qui si muove come un Arlecchino, è un pazzoide tutto arguzia e prontezza di riflessi; Molly è una signora borghese superba e altera che tuttavia non disdegna di appartarsi con i componenti della fila; suo marito Arnall è quello destinato ad arrivare sempre ultimo e infine, Dolan è un venditore di automobili piuttosto anonimo e insignificante. Le Moli li presenta come tipi assolutamente ordinari e interscambiabili che si agitano in uno spazio oscuro e vuoto, come tanti piccoli Ognuno della lotta al primato. Li fa vestire tutti allo stesso modo (gli uomini sono in smoking, la donna ha un tubino nero) e affida alla gestualità e al recitato il compito di diversificare il loro modo di rapportarsi gli uni con gli altri. L’appartenenza sociale appare meno importante perché in questa regia tutto si riduce al meccanismo del conflitto. I movimenti scenici sono automatici e i singoli cambi di posizione di ciascuno nell’ordine della fila non sembrano presagire alcun sviluppo o soluzione. Le scene di sesso di Molly con l’uomo di turno che nel testo si risolvono in simbolici movimenti di danza, qui avvengono fuori scena per evocarne la meccanicità e soprattutto per concentrare l’attenzione del pubblico sulle reazioni di che resta in fila. Battibecchi, inganni e sgambetti di ogni sorta corrono verso un grottesco anticlimax in cui i contendenti non riconoscono più su dove sia il capo e la coda della fila e sfocia in un’esplosione di violenza che li porta a strappare la striscia adesiva che delimita i confini del primato. Ma quando si congedano dal pubblico e abbandonano la scena, lo fanno solo per andare a cercare un’altra postazione da cui rimettersi in fila.Lo spettacolo è impeccabile e irresistibile. Gli attori riescono tutti a coniugare la drammaticità della pièce con la sua esilarante comicità attraverso una recitazione misurata e una straordinaria coesione scenica. L’ora di spettacolo passa davvero in fretta e dopo averlo visto non ci si potrà più mettere in coda e magari arrabbiarsi perché qualcuno tenta di passare avanti, senza sentirsi ridicoli.


 

Scheda tecnica

La Fila (Line) di Israel Horovitz. Traduzione di Susanna Corradi. Luci: Luca Bronzo. Con Alessandro Averone, Paola De Crescenzo, Luca Nucera, Massimiliano Sbarsi, Sergio Filippa, Nanni Tormen.  Regia di Walter Le Moli. Produzione Fondazione Teatro Due di Parma e Teatro di Roma.
Prima nazionale 5 marzo 2011 al Teatro Due di Parma.

Al Teatro India di Roma dal 27 aprile all’8 maggio.

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