L'altro Pollock a Venezia

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Fig. 1
Oltre centoventi opere che hanno lo scopo di far scoprire al grande pubblico un artista ai più sconosciuto, un nome che ci è familiare ma al contempo misterioso: Pollock, Charles Pollock.

La grande retrospettiva che occuperà la sezione dedicata alle temporanee della collezione Peggy Guggenheim fino al 14 settembre 2015, e curata dallo stesso direttore della sede museale, Philip Rylands, porta in scena, attraverso materiali per lo più inediti, la vita artistica di Charles e come questa si vada ad intrecciare anche con quella del fratello minore, e ben più famoso, Jackson, contribuendo ad investire il tutto con una luce intima e privata fino ad ora insolita.

Charles Pollock incarna senza saperlo ed in maniera estremamente personale, un secolo di storia americana. Charles è il maggiore di cinque figli e ben presto si trasferisce a New York per studiare con Thomas Hart Benton, e nel 1930, insieme al fratello Frank, convince il più giovane dei fratelli, Jackson a raggiungerli nella Grande Mela, contribuendo in tal modo a creare il suo mito.

Come si evince osservando le opere risalenti agli anni Trenta, la produzione artistica di Charles Pollock va ad inserirsi perfettamente con il clima dell’epoca imperniato su “regionalismo” e New Deal, cosa che permette di raccontarci uno spaccato fedele della ideologia americana del tempo e di come essa influenzasse tutti gli aspetti culturali.

Fig. 2La rottura avviene nel 1936: Charles decide di lasciare New York per Washington DC per lavorare alla Resettlement Administration, agenzia federale legata al New Deal. Tale decisione lo allontana da quel gruppo emergente di artisti avanguardisti newyorkesi, che stava portando il fratello Jackson alla scoperta di un nuovo tipo di arte.

Il 1944 determina un ulteriore cambiamento: dopo aver ultimato il murales per l’Università del Michigan, East Lansing, caratterizzato da un gusto regionalistico figurativo, l’artista sposta la sua attenzione verso l’astrazione. Sono anni di studi, che coincidono con il periodo di insegnamento di design e tipografia, in Michigan e che lo porteranno, nel 1950, a realizzare il suo primo grande dipinto astratto Fuochi d’artificio.

Da qui inizia ufficialmente a dedicarsi a questa nuova cifra stilistica che lo porterà alla realizzazione, nel 1956, della serie Chapala, ispirata a un lungo soggiorno sul lago Chapala in Messico.

Il viaggio, il vagabondare, il cambiamento sembrano essere alla base dell’indole di Charles, che tra il 1962-’63 prenderà un anno di aspettativa dall’insegnamento, e viaggerà in Europa: sarà il primo dei fratelli Pollock a recarsi nel vecchio continente, e facendo tappa fissa a Roma intraprenderà un viaggio di scoperta nell’arte che gli permetterà di toccare con mano le produzioni dei grandi classici e dei grandi nomi contemporanei, riportando in auge quel concetto di Gran Tour entrato quasi nel dimenticatoio.

A questo periodo risale la serie astratta Roma. A seguito di questa avventura, l’artista decide di impegnarsi a promuovere in America artisti come Dorazio, Caro, Barnett Newman. Grazie alle amicizie intrattenute nel mondo dell’arte, l’artista si lega al Color Field, avanguardia dalla quale si era allontanato in precedenza. La stesura di colore a campi su tele di canapa sarà la sua cifra stilistica distintiva fino alla morte, avvenuta a Parigi nel 1981, dopo che vi si era trasferito definitivamente nel 1971.

Fig. 3La retrospettiva, se da un lato permette al grande pubblico di scoprire Charles Pollock partendo dai suoi esordi, dalle lettere scritte ai genitori, dagli schizzi, dai ricordi intimi e familiari fino a giungere a discutere delle grandi espressioni artistiche americane che cambieranno per sempre l’arte contemporanea, dall’altro crea un legame con Jackson Pollock, sia con la sua meravigliosa opera Alchimia, massimo climax, forse, del dripping e del misticismo che tale tecnica sprigiona, sia del murales esposto fino al 16 novembre presso la medesima sede museale in occasione di Pollock, Murale. Energia resa visibile.

Osservando da vicino Fuochidi artificio e Chapala, il visitatore noterà come il concetto di astrazione sia legato ad un gestuale estremamente pulito e quasi per nulla caotico, rendendo la sommatoria di colori un intrecciarsi di pieni e di vuoti definibili attraverso le cromie e le eventuali sovrapposizioni. Nonostante, quindi, l’abbandono del figurativismo, quello che sembra regnare in queste opere è comunque un ordine, un ordine astratto che sfocerà, e ben si intuisce qui perché, nel Color Field. Ecco che allora sarebbe un errore aspettarsi di ritrovare il caos interiore di Jackson nelle opere di Charles; se per Jackson l’allontanarsi dal figurativismo è in qualche modo perdersi nella materia e nel suo caos, per il fratello maggiore è un’alternativa chiara e limpida a ciò che percepiamo solamente con gli occhi e non con le emozioni, se in Jackson c’è la brutalità quasi immatura, in Charles c’è la pacatezza della scelta, un gestuale che definisce in qualche modo e non divora la tela. La riuscita della mostra risulta anche in ciò: creare confronti, parallelismi, tangenze e differenziazioni all’interno di un medesimo intimo nucleo nel quale l’arte diviene espressione fondamentale di caratterizzazione.

 

Didascalia immagini

Fig. 1, Charles Pollock Untitled [Fireworks], 1950. Guazzo su carta montata su pannello. Collezione privata. Monaco © Charles Pollock Archives

Fig. 2, Charles Pollock Chapala 3, 1956. Olio e tempera su tela. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia.
Fig. 3,
Charles Pollock Delta, 1967. Acrilico su tela. Collezione privata. © Charles Pollock Archives

 

Scheda tecnica

Charles Pollock. Una retrospettiva, fino al 14 settembre 2015, Peggy Guggenheim Collection, Venezia. Orario: 10 – 18 chiuso il martedì. Biglietti: Intero euro 15; seniors euro 12 (oltre 65 anni) studenti euro 9 (entro i 26 anni); bambini (0-10 anni) e soci ingresso gratuito. Catalogo edito da Marsilio prezzo 30 euro.