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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Rodin a Roma, il marmo e la vita


“Non esistevano pose, né gruppi e neppure composizioni. Esistevano solo infinite superfici viventi, c'era solo vita, e il mezzo espressivo che egli si era forgiato tendeva esplicitamente a questa vita. Ora bisognava impadronirsene, afferrare la sua infinita pienezza. Rodin colse la vita ovunque presente là dove la vide. La colse nei punti più impercettibili, la osservò, la seguì. La attese nei momenti di transizione e di indugio, la catturò dove fluiva, la trovò ugualmente grande in tutti i luoghi, ugualmente possente e trascinante.”

Fig. 1Questa descrizione dell'arte di di Rodin, scritta da uno dei maggiori poeti tedeschi, Rainer Maria Rilke (per qualche tempo segretario privato del maestro francese), presenta bene la mostra di sessanta marmi di Rodin: “Il marmo, la vita”, giunta a Roma dopo l'esperienza milanese. Ritratti sorprendenti per proporzioni e pose, lavorazioni spesso straordinarie della pietra, un effetto globale di varietà di temi e di compattezza stilistica insieme.

Tuttavia, entrare nelle immani sale vuote delle Terme di Diocleziano e trovarci dentro le impalcature di tubi rossi con assi di abete a sostegno dei pezzi di marmo, ideate per la mostra milanese, lascia perplessi, se non delusi. Per capire cosa si poteva fare qui dentro con tante sculture di pregio, basta osservare la sala precedente, che ospita alcune statue antiche e due tombe romane collocate con molta discrezione sui lati della sala, colpite da luci radenti, immerse in una penombra forse banale ma che ne aumenta il fascino e per contrasto la visibilità. I sessanta pezzi di Rodin, troppo illuminati e troppo vicini l'uno all'altro, sembrano disposti sui banchi di un negozio e l'idea che questo possa far venire in mente il suo atelier è tanto improbabile quanto inutile; non so se a Milano l'allestimento abbia avuto un senso, qui certamente ne ha pochissimo, soprattutto se si riflette sulle straordinarie possibilità offerte dalla congiunzione di un maestro moderno con i capolavori antichi.

Ma le statue del maestro resistono anche a questa prova e si mostrano nella loro bellezza ora inquietante, ora maliziosa, più spesso ambigua. E' vero che Rodin fu un grande bronzista, forse il più grande in assoluto, e che nessuna di queste pietre scolpite può rivaleggiare con il Pensatore o con il Balzac o con L'uomo che cammina o con altre decine di fusioni, ma allo stesso tempo qui appare con maggior evidenza la diretta e proclamata discendenza da Michelangelo, che al contrario fu essenzialmente scultore di marmi.

Rodin si ispirava al genio morto più di tre secoli prima, ma quel genio aveva anticipato i tempi, era stato spesso frainteso e le sue opere più inafferrabili e misteriose, come il Giorno della Sacrestia Nuova e la Pietà Rondanini, non erano state imitate. E' proprio a quei non-finiti che Rodin si ricollega con forza e sicurezza; lascia le tracce dello scalpello in vista, accenna appena i volumi e poi leviga e plasma solo alcune parti, i volti soprattutto. Spesso affida il lavoro di sbozzatura ad altri, a volte anche la finitura, come del resto facevano anche Bernini e Canova, ma progetto generale e scelte finali sono sempre suoi, e rivelano una consumata tecnica che oscilla tra economia dei tempi e abilità espressiva.

Fig. 2

Incontriamo allora Il bacio (Fig. 1), che inaugura la carrellata di opere, e molti ritratti finiti e lucidi nei volti, sbozzati appena nei capelli o nel collo o nelle spalle, spesso immersi dentro una cornice informe di pietra. Gli occhi, le guance, i nasi, le fronti emergono dal marmo bianchissimo e descrivono espressioni sensuali, patetiche o vive. In qualche caso, la statua finale è affiancata dal bozzetto in gesso, ancora completo dei chiodi distanziatori e non sempre del tutto coerente con il risultato finale, a conferma di un'esFig. 3ecuzione spesso a più mani e spesso ripensata.

Il bacio (tra gli amanti danteschi Paolo e Francesca, una storia ripetutamente affrontata da Rodin) è opera romantica, drammatica, suggestiva, e desta ammirazione per la potenze evocatrice, per quella sensualità esposta e viva, dentro la quale la tragedia futura dei due adulteri sembra impossibile e comunque lontana. Qui le forme sono di fatto complete e le dimensioni imponenti ci confermano il primato della scelta monumentale, nella quale eccelleva il Rodin bronzista. Tra le altre opere esposte, in genere di dimensioni minori e più vicine al non-finito michelangiolesco, spiccano La mano di Dio (Fig. 2) che uscendo dalla pietra manipola due figure umane; La donna pesce, tra le ultimissime fatiche dello scultore, dalla bocca circolare che si proietta verso di noi; e la creazione ancora di due amanti segreti, Psiche e Amore (Fig. 3) affiancata dal bozzetto in gesso.

Nell'ultima sala sono proposti altri pezzi grandi, tra cui due ritratti di Puvis e di Hugo, entrambi contemporanei dello scultore. Nell'uno e nell'altro si può constatare la perizia di Rodin nel rintracciare i tratti salienti della fisionomia, la verosimiglianza dello sguardo, la credibilità dell'atteggiamento. In entrambi, tuttavia, le parti rimaste allo stato di sbozzatura sembrano eccessive e soprattutto non propriamente scelte. Michelangelo drammaticamente accennava - ad esempio - le figure di Maria e di Cristo, quasi fuse in una posizione innaturale e sconvolgente, e il non-finito si originava dalla religiosità e dalla passione dell'artista; qui si direbbe che l'emergere di superfici levigate da blocchi ancora grezzi sia soltanto il frutto di una scelta formale.

La mostra è tra le più importanti che siano mai state dedicate al maestro francese, ed è stata curata dalla direttrice del Museo Rodin di Parigi, in fase di ristrutturazione. Per chi non l'avesse mai visto, raccomando di non perdere l'occasione a Parigi di visitarlo: fu la casa dello scultore divenuto finalmente ricco e celebre, e anche il suo laboratorio, un palazzo grandioso con un giardino ricolmo delle grandi opere che lo resero immortale, tra cui l'unica versione attendibile della leggendaria e mai completata Porta dell'Inferno.

 

Didascalie delle immagini

Fig. 1, Auguste Rodin, Il bacio, 1882 circa, marmo
Fig. 2, Auguste Rodin, La Mano di Dio, 1896 ca., marmo
Fig. 3, Auguste Rodin, Psiche e Amore, 1907-1908, bozzetto in gesso

 

Scheda tecnica

Rodin. Il marmo, la vita, presso il Museo Nazionale Romano, Terme di Diocleziano, via Enrico De Nicola, 78 (piazza dei Cinquecento). Aperta fino al 25 maggio 2014, tutti i giorni escluso lunedì, dalle 9,30 alle 19,30. Ingresso 10 euro.

 

 

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