Statistiche dal 2010

Visite agli articoli
4406566

Abbiamo 150 visitatori online

Cerca nel sito

Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

Fogli e Parole d'Arte

non ha scopo di lucro, non propone alcuna pubblicità e ha come unico interesse la diffusione della cultura.
Pertanto, le immagini pubblicate si attengono all'a
rticolo 70, comma 1bis della legge sul diritto d’autore, dove si afferma che è possibile la "libera pubblicazione attraverso la rete Internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro".


Iscriviti al nostro
canale WhatsApp
sul cellulare

 - Nuova informativa sui cookie -

 


Cèzanne e gli italiani

Fig. 1 Fruit

 

Il Complesso del Vittoriano di Roma ospita da sabato 5 ottobre 2013 a domenica 2 febbraio 2014, un’originale mostra dedicata a Cézanne e gli artisti italiani del ‘900, per un totale di 100 opere esposte. La mostra è acura della Storica dell’Arte Maria Teresa Benedetti, che ha voluto porre l’accento sull’influenza che Cézanne ha avuto sulla carriera artistica di alcuni tra i maggiori pittori italiani del XX secolo.

L’esposizione è stata abilmente organizzata data la ricchissima produzione del maestro francese (circa 800 titoli) le cui opere sono generalmente suddivise in quattro periodi. Quello romantico (1859-1871), fatto di contrasti e colori scuri e delle influenze di Caravaggio, Tintoretto, Delacroix; quello impressionista (1874-1875), in cui segue Pissarro soprattutto nella tavolozza schiarita, nell’impasto più sottile e nell’uso esclusivo del colore anche nella fase di elaborazione del disegno; quello costruttivo (1878-1887), dove imprime più importanza alla costruzione degli elementi tramite la sua pennellata breve e direzionata; quello sintetico (1888-1906) dove tocca i limiti dell’astrazione anticipando l’analisi volumetrica cubista. L’intero percorso espositivo può considerarsi suddiviso in tre sezioni principali: la prima è quella dove si alternano delle brevi presentazioni di tutti gli artisti protagonisti nelle sale successive. La seconda area si trova al primo piano del Complesso del Vittoriano, dove due sale comunicanti ospitano le opere che concernono il genere del paesaggio e del nudo. Al piano superiore, che si affaccia su quello sottostante, abbiamo una terza sezione della mostra dedicata al tema del ritratto e della natura morta.

Fig. 2 Rocce all'Estaque

Iniziando dal livello inferiore, tra le prime opere cézanniane che si presentano ai nostri occhi, si distinguono Le monte Cengle (Il monte Cengle, 1904-1906), Paysage bleu (Paesaggio Blu, 1904-1906) e La route montante (1881), a cui vengono affiancate opere del maestro Carlo Carrà. In Paesaggio blu, Cèzanne considera la pianta, il motivo vegetale e la natura, come gli unici e assoluti protagonisti. Trasporta sulla tela, con profonda passione, attraverso i colori blu, verde e ocra, soprattutto le sue sensazioni e non solo i diversi elementi di un paesaggio. Cèzanne, in questa fase artistica matura, dimentica le sue preoccupazioni riguardo lo spazio e la volumetria: si cura soprattutto di condurci nel suo mondo interiore, guidandoci con la sua pennellata inquieta e con accostamenti contrastanti di colore. L’artista, infatti, riproduce spesso paesaggi a lui familiari, come nel caso di Le monte Cengle. In questo quadro, viene raffigurata un’altura che si trova di fronte alla montagna Sainte-Victoire e, come nelle altre due tele, è rappresentata la risposta dipinta alla perpetua interrogazione che l’artista rivolge alla natura. Le piene pennellate sono accostate le une alle altre, in direzione verticale nella porzione centrale del dipinto, mentre, tutt’intorno, sono disposte obliquamente o orizzontalmente. I colori, che caratterizzano i colpi di pennello, sono pochi e si ripetono costantemente, sia nel paesaggio che nel cielo, così da conferire unità alla composizione. Nonostante sia presente un accenno di disegno, esso non definisce i particolari e non c’è più una struttura geometrica ben definita: adesso l’opera viene intesa come un vero e proprio mezzo di conoscenza. Mezzo di conoscenza che viene ribadito osservando le case, prive di finestre, così da accrescere il senso di malinconia e interrogazione.

Fig. 3 Betsabea

Per quanto riguarda le opere che, in qualche modo, legano le personalità artistiche di Cèzanne e Carrà, si possono citare Il Sesia (1924) e Festival II (1924). Qui, in maniera del tutto originale, Carrà interpreta tematiche dove protagonista è un’ampia e pacata immagine della natura, resa con forte senso plastico soprattutto nell’elemento della montagna di sfondo e del fiume. Le superfici si dispiegano in profondità, per mezzo di una finissima qualità pittorica della materia intessuta sulla tela con estrema sensibilità. La pacatezza, che caratterizza questi dipinti, è resa attraverso un uso di colori piuttosto caldi che rievocano le atmosfere autunnali come i bruni, l'ocra o i grigi. Percorrono le colline, gli specchi d’acqua e il cielo, così da fondere il tutto in un unico e coeso ambiente. Chiaramente, Carrà si rifà agli apparentemente immobili paesaggi fluviali e lacustri, che sono stati dipinti da Cézanne nell’ottavo decennio del secolo precedente. Abbiamo poi i solenni Meriggio (1927) e IPagliai (1929). In essi si toccano cromie luminose e calde, come il giallo e il rosa, che si sfumano nel cielo o l’ocra che produce il caratteristico colore del fieno. La pennellata si trasforma e diventa più inquieta in entrambi i dipinti, i quali devono aver presupposto uno studio accurato di tutti quei memorabili paesaggi in cui Cézanne ha raffigurato contadini e giocatori di carte o scene naturalistiche tipicamente rurali. In Chiesa Romanica (1927) l’ambientazione naturalistica circostante e la possanza dei monti e delle colline, sembrano quasi un elemento di protezione per i piccoli edifici presenti, dove si rifugia, materialmente e religiosamente, l’uomo. È la natura, perciò, ad essere la grande protagonista, l’elemento principale del quadro con i suoi alberi, la terra rossastra, le colline ricoperte di verdi prati. I verdi e i rossicci creano dei contrasti cromatici nell’accostamento dell’ambiente naturalistico con le abitazioni e vengono ripresi, insieme a tonalità rosate, in alcune sfumature del cielo.

Fig. 4 Piccoli bagnanti

La natura si fa’ più dolce, ancor più accogliente, in Autunno in Toscana (1927). Nel dipinto è la luce a determinare la solidità delle abitazioni, tipicamente toscane, che conferiscono un senso di realtà a tutta la composizione. Carrà si appassionò alle forme e alle pennellate di Cèzanne quando, poco più che ventenne, si trovò nella Parigi del nuovo secolo, una città in fibrillazione sia dal punto di vista artistico che culturale. Carrà verrà affascinato dalla spiritualità con cui Cézanne si immerge nella definizione delle linee, dei colori e del volume; sarà conquistato dalla forza d’animo del maestro di Aix che, in solitudine, si trovò a penetrare nei segreti della natura tramite un’indagine costante, in un corpo a corpo estenuante in cui cercò di rapirne i significati più oscuri in rapporto con l’essere umano. Nei risultati che ottiene, mentre realizza le sue opere, Carrà lascia trapelare severità e purezza, proprie anche all’arte paesaggistica del maestro francese, che si mescolano al quotidiano e al perenne, al semplice e al sublime insieme.

Fig. 5 Paesaggio blu

Un altro maestro che inizia a praticare l’arte proprio grazie alle influenze di Cézanne è il grande Giorgio Morandi. Per quanto concerne il tema del paesaggio, entrambi gli artisti partono dalla veduta naturale per poi seguire percorsi differenti. Elementi più specifici, a tal proposito, si possono osservare in alcune delle opere esposte nella mostra. Per quanto concerne sempre Cézanne altre opere si alternano (ma si collegano) a quelle del pittore e incisore bolognese: Paysage (Paesaggio, 1865), Les voleurs et l’àne (I ladri e l’asino, 1869), Rocher à l’Estaque (Rocce all’Estaque, 1882-1885), Sous-bois (Interno di foresta, 1885 ca.) e Arbres et rocher (Alberi e rocce, 1885- 1890). Accanto a questi, in mostra, si susseguono quelli di Morandi tra cui Paesaggio (1925), Monte (1934), Paesaggio (1943) o Cortile di Via Fondazza (1958). Il primo riporta alla memoria la campagna di Aix, tante volte pittoricamente riproposta dal maestro francese, ma ci mostra anche una visione essenziale e semplice degli elementi che esalta la solidità volumetrica delle masse. L’osservazione della natura e la sua stessa rappresentazione, si rifanno, soprattutto in questo caso, ad un processo astrattivo che si intravede nel disfacimento del colore e di una linea di contorno quasi evanescente, ma anche nella inquietante assenza di vita umana. Nel secondo quadro citato, si conservano queste medesime caratteristiche ma con una linea più dolce: si vanno sempre di più indebolendo le rigide leggi geometriche e prospettiche tipiche degli anni venti. Queste arriveranno ad un annullamento totale negli anni quaranta (come ci esemplifica il terzo dipinto), quando, ogni forma prima rigida, inizierà quasi a fluttuare. La forma inconsistente, esito di questa pennellata corposa ma disfatta, è la perfetta rappresentante di uno degli anni più tragici della guerra in cui colori, oggetti e luce si frantumano, come le vittime del conflitto, per lasciare spazio a distruzione, confusione e precarietà. In Cortile di Via Fondazza, invece, l’artista cerca un appiglio nella rappresentazione di un panorama familiare che vede quotidianamente dalla sua casa ma comunque immerso in un'atmosfera di profonda malinconia, nonostante la prospettiva più razionale e la definizione accurata dei profili delle abitazioni.

Fig. 6 Il giardiniere

Percorrendo le sale comunicanti del primo piano del Complesso del Vittoriano, si passa alla tematica del “nudo” dove si possono ammirare le opere cézanniane Bethsabée (Betsabea, 1885-1890), Baigneurs (Bagnanti, 1892), Baigneuses (Bagnanti, 1883), Les grands baigneurs (Le grandi bagnanti, 1896-1898) e Les petits baigneurs (Le piccole bagnanti, 1896-1898) insieme allo schizzo Esquisse de Baigneuses (Schizzo di Bagnanti, 1900-1906). Il tema dei bagnanti e delle bagnanti interessò Cèzanne a partire dagli anni ’70 fino alla fine della sua carriera. Esso può essere collocato nell’ambito del periodo “sintetico” quando vuole perseguire l’obiettivo di collocare figure nude inventate in paesaggi realmente esistenti. Ai corpi di queste irreali figure imprime un equilibrio classico, un ritmo nervoso, una luminosità squillante e un intenso erotismo. Nelle Bagnanti del 1883 e in Betsabea si avvale dell’utilizzo dell'amatissimo blu. L’utilizzo di questo colore, molto spesso, ci dà la sensazione che le scene siano ambientate di sera anche grazie alla resa di una luce né meridiana né completamente lunare, determinata attraverso una trama uniforme stesa a larghi tocchi di pennello. Nei dipinti delle bagnanti si riscontrano ancora elementi che si rifanno al periodo “impressionista” dell’artista come l’attenzione per i riflessi colorati, che seguono la legge dei colori complementari. Perfetto è il bilanciamento delle figure sia nelle posizioni delle membra sia nel numero dei corpi rappresentati e collocati, in modo armonico, nello spazio verdeggiante su cui si stagliano come fulcri di luce.

Fig. 7 Ritratto di Busoni

Questi meravigliosi dipinti vengono messi in parallelo con opere nostrane dei primi decenni del ‘900, scaturite dalla mente di personaggi come Mario Sironi, Corrado Cagli, Fausto Pirandello e Felice Carena. Il primo, Mario Sironi, evoca nelle sue opere, l’ansia volumetrica del Cèzanne degli inizi, palesata nelle figure classiche degli anni venti. Ciò che rende Cèzanne e Sironi due artisti estremamente vicini è, più di tutto, il loro vissuto: entrambi vivono in giovinezza anni difficili. Un Cèzanne ancora ragazzo soffriva per l’incomprensione paterna, per la separazione da Emile Zola e per la difficoltà di crescere come artista in un ambiente stagnante come quello di Aix-en-Provence. Anche Sironi, in giovinezza, si trovò a soffrire di periodiche crisi psicologiche e nervose che lo porteranno ad allontanarsi dai suoi affetti più cari. Nei suoi periodi di serenità produsse opere interessanti dove vennero alla luce contatti con Boccioni e Severini con cui si trovò a studiare a Roma, attraverso l’insegnamento di Giacomo Balla, presso la Scuola libera del nudo di Via Ripetta. È questo che ci offre in alcuni dei suoi dipinti in mostra: Nudo con fruttiera o Venere (1923), Nudo (1926-1928) e lo studio per il mosaico “La Giustizia fiancheggiata dalla legge” nel Palazzo di Giustizia di Milano (1936-1937), mostrano un modo intenso e scuro di comporre soggetti, volumetricamente monumentali, attraverso colori molto timbrati e contrastanti. In Nudo con fruttiera (esposta insieme ad altre alla Biennale di Venezia del 1924) e in Nudo viene confermato il suo classicismo monumentale di influenza picassiana, dietro cui c'è, ovviamente, Cèzanne.

Un Sironi ancor più vigoroso lo ritroviamo, probabilmente, nel grande cartone della Giustizia, preparatorio del mosaico poi da lui realizzato tra il 1935 e il 1938. Nel costituire l’impalcatura dell’opera, figure umane ed elementi naturali, possiedono lo stesso valore e ci rimandano ai più grandi maestri del passato: lampante è la vicinanza della Giustizia con le monumentali figure della Sistina michelangiolesca o con le figure della Strage degli Innocenti di Giotto. Nella composizione generale invece, si sente l’eco delle Grandi Bagnati di Cèzanne dove alberi e figure si alternano ritmicamente rappresentando la fusione dell’essere umano col mondo naturale. L’artista è attratto dalla grande densità espressiva cèzanniana a cui corrisponde la ruvidezza della superficie, l’energia scultorea delle figure e il rigore compositivo. Le figure sironiane vengono quindi disposte come in un fregio parallelo al piano pittorico e sono dotate di una gestualità semplificata emblema di una nuova modernità. I dipinti di Felice Carena come Serenità (1925), Nudo di schiena (1932) e le Bagnanti (1938), che fanno parte della serie di idilli realizzati tra il 1920 e il 1925, assorbono, non solo gli echi di Cèzanne, ma anche quelli di Tiziano o Manet. Dal primo riprende sicuramente le forme e gli atteggiamenti rese con una studiata armonia. In Serenità le figure incarnano l’ideale antico di una bellezza incontaminata e malinconica. Quest’opera è stata frequentemente accostata alle Grandi bagnanti dove viene posto l’accento sul dialogo tra l’uomo e la natura e dove anche l’artista francese guarda a Tiziano, Raffaello e Manet. Nudo di schiena e Bagnanti invece, sono forse le opere più palesemente ispirate ai nudi maschili di Cèzanne, nella determinazione delle forme e dei gesti.

Fig. 8 Il Sesia

Fausto Pirandello si accosta al maestro, invece, riprendendone la tipica deformazione delle figure, che per molti era stata motivo di disorientamento e fastidio. Come possiamo notare guardando ad altre due opere del percorso espositivo come Il Bagno (1934), Bagnanti di schiena (1955) e Bagnanti nella rifrazione (1960), coinvolgente è il suo particolare senso della realtà o la sua concezione violentemente erotica del rapporto tra i sessi che esprime con sincerità e disincanto. Gli stessi studi giovanili di Cèzanne sulle bagnanti sono nutriti di una concezione erotica aggressiva e grottesca, sprezzante della bellezza tradizionale. Pirandello segue una pratica già familiare a Cézanne che verrà ulteriormente sviluppata da Picasso, in cui vengono trasferiti simultaneamente diversi momenti e punti di vista, della medesima scena, su un’unica tela. In Bagnanti nella rifrazione la realtà viene ancora di più deformata, ritmata e frammentata. Slancio, armonia, passaggi cromatici più sottili sono invece evidenti in Bagnanti di schiena dove viene sancito una sorta di congedo dal pittore francese.

Salendo al piano superiore, che si affaccia a quello inferiore creando, ancor di più, quel senso di continuità su cui si imposta e si costruisce tutta la mostra, ci si trova di fronte a ritratti e nature morte. Per quanto concerne la tematica del ritratto, si genera un articolato e complesso dialogo tra Cèzanne, Boccioni, Trombadori, Melli, Casorati e Severini. Spiccano i cézanniani Le Nègre Scipion (Il Negro Scipione, 1866-1868), Le Jardinier Vallier (Il giardiniere Vallier, 1904-1906), il ritratto a Victor Chocquet (1877) o il particolare acquarello con Garçon lisant (Ragazzo che legge, 1885 ca.). In Il giardiniere Vallier, l’effigiato è un uomo che molto spesso funge da modello negli ultimi ritratti dell’artista. La figura è più chiara e luminosa rispetto allo sfondo e all’ambiente circostante (che resta in ombra), è costruita con pochi tratti distinguibili e priva di dettagli. Non ci sono sfumature o passaggi graduali tra luce ed ombra e, infatti, la tecnica rivela delle pennellate decise, nette e mosse che indicano anche una certa familiarità con l'acquerello.

Fig. 9 Chiesa romanica

Nel tema del ritratto, quindi, Cézanne si discosta enormemente da altri artisti per cui era sufficiente semplicemente riprodurre le perfette sembianze del modello. In questo genere di opere, lascia emergere la storia del personaggio o la sua personalità. Nonostante l’apparente velocità con cui l’artista realizza i ritratti, essi sono, invece, la conseguenza di lunghe ore di posa del modello e di attenti studi preventivi con cui Cézanne cerca di penetrare nella psicologia di chi ritrae. Non è un caso, quindi, che all’inizio l’artista privilegiasse immortalare i componenti della sua famiglia. In primo luogo, va illustrato il rapporto tra Cézanne e Boccioni che si crea nelle opere del secondo decennio del ‘900 del futurista e si concretizza in maniera esemplificativa nel Ritratto del Maestro Busoni (1916). Boccioni iniziò ad osservare attentamente l’artista di Aix nel 1906, quando si trovava in Francia. Qui viene catturato dal suo modo di comporre basato sulla frammentazione del tocco e sulla netta individuazione della superficie pittorica, dominata da un’articolata modulazione del colore, ma anche dal riconoscimento di una nuova struttura spaziale, su cui le cose si aprono illimitatamente. È proprio qui che nasce in Boccioni l’aspirazione a sviluppare, in senso futurista, quelli che erano già i precetti dell’arte cézanniana. Un’altra opera che ci illustra in maniera chiara questo rapporto è Silvia (Sintesi plastica di figura seduta). È un’opera del 1915 che si fonda sull’osservazione diretta, da parte dell’artista italiano, del quadro Ritratto di Madame Cézanne con ventaglio, realizzata dal maestro francese nel 1886. L’analogia tra i due quadri rimane sulla scelta dei colori. Essi sono adoperati in funzione delle scansioni volumetriche boccioniane, le quali sono l’esito di un’intensità e una velocità creativa estremamente inquiete. Questa affinità cromatica è riscontrabile nei rossi e nei blu che strutturano il chiaroscuro, usato da Cézanne per rendere un certo senso di mistero, mentre Boccioni lo adopera per sottrarre volutamente la riconoscibilità alla fisionomia della donna. La comune capacità di rendere tattile la forma è palpabile nel Ritratto della signora Cragnolini Fanna (1916) dove è evidente come Boccioni desideri utilizzare il colore a piene mani, in dosi massicce e corpose, scomposte a creare forme e spazio. Luce e colore, densamente utilizzati, rendono il volto della giovane donna ben caratterizzato e dall’atteggiamento sognante, in armonia con l’ambiente circostante. La figura è collocata in un elegante salotto che svela il ceto sociale elevato della donna, accompagnata da un piccolo cane.

Fig. 10 Venere

Il dipinto più importante, a tal proposito, è sicuramente Il Ritratto del maestro Busoni, in quanto riassuntivo del rapporto tra i due geni. Boccioni immortala il musicista in abiti informali, con il cappello in mano e l’espressione del volto seria e determinata. L’ambientazione è all’aperto, l’uomo si trova a ridosso di una balaustra con, alle spalle, un grande albero e sulla destra un lago. L’articolazione dei piani e dei volumi viene qui risolta con felicità espressiva e presuppone lo studio dei paesaggi cézanniani nell’utilizzo del colore e, nello specifico, del blu. Questo colore è impiegato da Boccioni per la determinazione del paesaggio e crea quel collegamento tra la mente e l’universo che viene tanto perseguito dal maestro francese.

Fig. 11 Giovanna Scotto

Anche Gino Severini ebbe modo di collocarsi nel panorama artistico francese nel 1906, in seguito alla sua esperienza romana, vissuta alla luce degli insegnamenti di Balla. Nel dipinto esposto al Vittoriano Tête de jeune fille (Testa di una giovane fanciulla, 1913) si riconosce la sua adesione al futurismo ma anche la sua propensione per la stilizzazione dei volumi di impronta cubista con una pennellata costruttiva. Completamente diverso è Busto di Jeanne (1920), realizzato a sanguigna sui principi del classicismo cinquecentesco e, in particolare, ricordando quegli stessi moduli adoperati negli schizzi di Raffaello. Mirabili sono i ritratti di Roberto Melli tra cui si distingue, in particolare, Gladioli rossi (1937). Si tratta di un dipinto in cui il colore lascia addirittura percepire i solchi del pennello, assumendo un trattamento ancor più elaborato che offre le morbide superfici alla luce. Paragonabili ai ritratti con Madame Cézanne sono quelli sofisticatissimi di Francesco Trombadori, come il Ritratto dell’attrice Giovanna Scotto (1923). La figura della donna, infatti, è collocata su uno sfondo completamente nero come anche l’abito che indossa, mentre gli unici elementi che illuminano il dipinto sono il candido colletto e il volto di tre quarti. Il viso possiede lineamenti precisi ma segnati da un’espressione indecifrabile e seria. L’eleganza e la volumetria sono la conseguenza, quindi, del difficilissimo impiego del nero, che prevale in tutta la composizione e che dimostra una perizia stilistica sorprendente.

Fig. 12 Natura morta con cavoli rossi

Sebbene maggiori parallelismi tra Casorati e Cézanne possano essere fatti prevalentemente con la natura morta, nella mostra sono stati esposti alcuni ritratti di Casorati che inaspettatamente guardano alla ritrattistica cézanniana. Nel Ritratto di Renato Gualino (1922-1923) i contorni sono marcati e inglobano le forme tridimensionali rese tramite il colore. Nel Ritratto del maestro Casella (1926), infine, il volto del personaggio ricorda la plasticità cubista di cui è precursore Cézanne.

Passando alla natura morta, viene esposto il Cèzanne forse meglio conosciuto, con la sua Fruit (Frutta, 1879-1880ca.), con Crâne et boulloir (Teschio e bollitore, 1864-1865) o Le Buffet (Il buffet, 1877-1879). Nell’arco di quasi cinquant’anni, infatti, egli ha dipinto, tra oli e acquerelli, oltre trecento nature morte. Fin dall’inizio, queste composizioni di oggetti e frutti, evidenziano una sapiente messa in scena: mele, arance e albicocche, con i loro colori caldi e i morbidi volumi, si collocano in un gran numero di dipinti in cui, Cézanne, va alla ricerca della geometria delle forme e delle nascoste regole compositive della natura. Costruisce i suoi frutti con solida consistenza, attraverso il colore, che egli non “modella” ma “modula”, determinando un’immagine nuova ed equilibrata del mondo. In Fruit, per esempio, si rivela il suo gusto per la forma geometrica sferica, l’attenzione per la determinazione spaziale, l’intensa definizione dei volumi, il senso architettonico della composizione, l’attenzione all’incidenza della luce e l’adozione di un sistema prospettico che analizza gli oggetti da diversi punti di vista. La frutta, o gli altri oggetti, sono in genere appartenenti ad una quotidianità comune, ma vengono da lui disposti nel dipinto entro uno spazio preventivamente definito. Il tema della natura morta viene valorizzato da artisti come Casorati (contrariamente, ad esempio, a Sironi) che guardano ai soggetti di Cèzanne, con grande curiosità. In Natura morta (1950), Casorati affina il suo senso dello spazio, produce la composizione con grande libertà nell’assemblare gli oggetti (pomi) e adotta una pennellata mossa da una luce vibrante. Felice Carena richiama in modo estremamente palese il quadro Crâne et boulloir con il suo Tempus fugit (1943) dove riprende l’elemento del teschio.

Fig. 13 Bagnanti nella rifrazione

Tra gli artisti che più sorprendentemente si accostano a questa tematica, lanciando un occhio anche all’operato dell’artista francese, abbiamo Francesco Trombadori. Dopo gli studi a Roma presso l’Accademia di belle arti, partecipò alla Secessione del 1913, con dipinti di impronta divisionista. Fu maestro nel realizzare nature morte con gli oggetti molto comuni, ispirandosi alle opere degli olandesi e di Caravaggio. Da quest’ultimo riprende la misteriosa rivelazione del particolare, che lo attrae sin dagli inizi della sua carriera. Magnetici sono due dei suoi dipinti esposti: Natura morta con drappo di damasco e frutta (1922) e Natura morta con cavoli rossi, boccale e tela (1937). Il primo, oltre a riflettere l’interesse del pittore per Caravaggio e Vermeer, ricorda Cèzanne nel drappo damascato, ricorrente nelle nature morte della maturità del maestro francese; nel secondo, esibisce con maestria la sua perizia tecnica nel raffigurare il motivo vegetale. Infatti, le foglie del cavolo rosso sono evidentemente carnose e vellutate. Trombadori rivela una sensibilità inconsueta ma attenta e aggiunge, in maniera sublime, il senso tattile al senso del volume e dello spazio cézanniani.

La mostra romana ci conferma quindi che in ogni sua opera Cèzanne si manifesta pienamente, in maniera intensa e travolgente, ma anche in modo innovativo e sempre diverso. Le continue variazioni sono il risultato di una perpetua ricerca volta ad esplorare la molteplicità e la complessità dell’esistenza, una ricerca che egli esprime, comunque, in modo semplice ed immediato, sempre riconoscibile. La mostra inoltre ci consente di indagare quanto l’esempio cézanniano, mescolato ad altre suggestioni e complicato dall’attrazione per Picasso e il cubismo, sia stato fruttuoso per gli artisti italiani. Questi sono stati capaci di trasformarlo in connotazioni originali, riflesso del vigore delle loro singole personalità, oltre che specchio di specifici aspetti della nostra storia culturale.

 

Didascalie delle immagini

Fig. 1, Paul Cézanne, Fruit, 1879-1880, olio su tela, San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage;

Fig. 2, Paul Cézanne, Rocce all’Estaque, 1882-1885, olio su tela, San Paolo del Brasile, MASP;

Fig. 3, Paul Cézanne, Betsabea, 1885-1890, olio su tela, Parigi, Museo d’Orsay;

Fig. 4, Paul Cézanne, I piccoli bagnanti, 1896-1897, litografia a colori su carta Cina, Budapest, Museum of Fine Arts;

Fig. 5, Paul Cèzanne, Paesaggio blu, 1904-1906, olio su tela, San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage;

Fig. 6, Paul Cézanne, Il giardiniere Vallier, 1906, olio su tela, Zurigo, Fondazione Collezione E. G. Buhrle;

Fig. 7, Umberto Boccioni, Ritratto del maestro Busoni, 1916, olio su tela, Roma, Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea;

Fig. 8, Carlo Carrà, Il Sesia, 1924, olio su tela, Collezione Privata;

Fig. 9, Carlo Carrà, Chiesa Romanica, 1927, olio su tela, Collezione privata;

Fig. 10, Mario Sironi, Nudo con fruttiera (Venere), 1923, olio su tela, Torino, Galeria d’Arte Moderna e Contemporanea;

Fig. 11, Francesco Trombadori, Ritratto dell’attrice Giovanna Scotto, 1923, olio su tela, Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica;

Fig. 12, Francesco Trombadori, Natura morta con cavoli rossi, 1937, olio su tela, Roma, Galleria d’arte moderna di Roma Capitale;

Fig. 13, Fausto Pirandello, Bagnanti nella rifrazione, 1960, olio su tavola, collezione privata.

 

Scheda tecnica
Cézanne e gli artisti italiani del ‘900 dal 5 ottobre 2013 al 2 febbraio 2014 a Roma, Complesso del Vittoriano, Via San Pietro in Carcere (Fori Imperiali);
Orario: dal lunedì al giovedì 9.30-19.30; venerdì e sabato 9.30-23.00; domenica 9.30-20.30;
Biglietto: € 12,00 intero; € 9,00 ridotto.

abbiamo aggiornato l'informativa sui cookie