55. Biennale di Venezia: il Palazzo Enciclopedico

  • Stampa

Fig. 1

La ricerca incessante di collegare l’io con gli altri, una singola voce con la moltitudine di voci presenti in questo universo, porta al tentativo, molto spesso vano, di strutturare più o meno provvisoriamente la conoscenza, sia la nostra che quella a noi estranea, in sistemi onnicomprensivi, collezioni globali che dovrebbero contenere l’intero sapere umano.

Tale utopica ricerca trova i suoi natali nel 1955, quando Marino Auriti, artista autodidatta italo americano, deposita presso l’ufficio dei brevetti statunitense i suoi progetti per la realizzazione del Palazzo Enciclopedico, un edificio di trentasei piani, settecento metri di altezza ed una superficie pari a più di sedici isolati: un museo immaginario che, se realizzato, sarebbe divenuto una vera e propria enciclopedia della scoperta, una raccolta cronologica dell’uomo e della sua mente, delle sue creazioni e dei suoi slanci intellettuali.

Il progetto, mai portato a termine, di Auriti torna oggi nel Palazzo Enciclopedico della 55. Esposizione Internazionale d’Arte voluto da Massimilano Gioni: una esposizione che cerca, attraverso delle fughe immaginarie, di sintetizzare l’infinita e varia ricchezza culturale di cui disponiamo, mescolando, in un luogo preciso, il casuale con il creato, il nuovo con il vecchio.Fig. 2

La mostra annovera più di centocinquanta artisti di trentotto nazioni, riuniti con l’intento di ricreare un’indagine multivisione che rappresenti, temporaneamente, la nostra esperienza dell’universo, ponendo l’attenzione, in un momento in cui siamo schiavi dell’informazione, sull’immaginario e sul sogno, sul personale percepire e sentire che diventa successivamente comune vivere e vedere.

Il Palazzo Enciclopedico occupa il Padiglione Centrale dei Giardini e fa iniziare il nostro viaggio all’interno della conoscenza con un’opera di importanza straordinaria: il Libro Rosso di Carl Gustav Jung, manoscritto illustrato al quale lo studioso lavorò per sedici anni, giunto per la prima volta in Italia in questa occasione e, fino ad oggi, mai posto in relazione ad opere d’arte contemporanea. L’esposizione inizia, dunque, con la raccolta delle visioni autoindotte, una raccolta di sogni interiori che diviene il fil rouge per comprende l’intero sistema arte presentato in questa occasione. Il Palazzo Enciclopedico esplora l’intimità dell’animo umano, senza giudicare o ipotizzare, ma testimoniando semplicemente le mille voci ed interpretazioni che lo compongono: non giudizi, ma essenze.

Non si rimane scioccati, allora, ma ci si sente sereni nel trovare, nelle sale centrali, le opere di Hilma af Klint, pittrice svedese pioniera dell’astrattismo pittorico, o l’universo simbolico di Augustin Lesage, uno dei casi più emblematici di “artista medianico” o, non meno importanti, le divinazioni di Aleister CrowlFig. 3ey, artista ed esoterista britannico, presenze che potrebbero facilmente far intendere che si tratti di una mostra dedicata all’occultismo, ma che, invece, rivelano la nostra condizione: l’essere umano come media più che medium, conduttore di immagini che al contempo ci possiedono. Assistiamo, dunque, alla raffigurazione delle essenze, dell’invisibile, l’idea che l’immagine e l’immaginazione siano prive di una forma univoca e che proprio tale condizione permetta loro di influenzare l’universo tutto, un ritorno alla magia del visivo, intesa come talismano salvifico.

In un continuo clima di corrispondenze e di costanti si uniscono i films di Melvin Moti con le riflessioni naturali di Laurent Montaron, le ceramiche di Ron Nagle con le figure di Marina Merz e di Maria Lassnig, le lavagne di Rudolf Steiner con le pietre collezionate da Roger Caillois, opere fatte da artisti vicini alle sperimentazioni visive (disegni e scritti) di autori del Novecento (Borges e Soulou, Kafka e Suàrez Londoño), stati di inclusione e paradossalmente anche esclusione, come dimostrano le opere di Rosella Biscotti dedicate all’immaginazione all’interno delle carceri o di Eva Kotàtkovà sugli ospedali psichiatrici, che concedono all’immagine una qualità trasformativa.

Fig. 4

Il mutare ritorna, del resto, anche negli spazi dell’Arsenale, debitori, per ciò che concerne la loro riorganizzazione, all’idea delle wunderkammer del Cinquecento e del Seicento, luoghi nei quali si fondono, contaminandosi ed esaltandosi, curiosità e meraviglia, riproponendo visivamente l’iperconnettività tipica del linguaggio contemporaneo. Al centro dell’Arsenale non stupisce il trovarsi all’interno di un’altra mostra, il cui progetto curatoriale è opera di Cindy Sherman: trenta artisti con più di duecento lavori, un ritorno al museo immaginario, una sorta di personale palazzo enciclopedico, dove le fotografie convivono con le bambole, i dipinti, le sculture generando una riflessione tangibile su sé e sugli altri, e più in generale sull’immaginazione, immaginazione legata all’immagine, connessa a sua volta all’imago latina (maschera di cera mortuaria).

L’immagine diventa, con Palazzo Enciclopedico, espressione di vita e morte, di interno ed esterno, celebrazione degli opposti, del mondo e di ciò in esso presente. Molteplici, allora, anche le chiavi di lettura che vi possiamo trovare: oltre alla supremazia del visivo e dell’intangibile ad esso legato, scorgiamo la celebrazione del sapere indifferenziato e della cultura che rivela, come simbolo identificativo principale, il libro. Il libro, oggetto oramai quasi destinato all’estinzione, perché soppiantato nel migliore dei casi da e-reader e tablet, nel peggiore completamente dalla televisione, diventa uno spazio-rifugio, luogo della conoscenza, mezzo di esplorazione dell’individuo e della collettività, porta per il fantastico. Ecco, allora che Robert Crumb propone, attraverso le sue splendide illustrazioni di sapore fumettistico, una rilettura moderna della Genesi, testo basilare per la cultura Occidentale, da intendersi non solo come nascita dell’uomo, ma anche della sua curiosità e, conseguentemente, del suo intelletto e del suo incessante desiderio di sapere e conoscere, di afferrare i misteri dell’universo, di studiare e raccogliere le sue scoperte per trasmetterle al prossimo.

La 55. Esposizione Internazionale d’Arte dimostra la sua contemporaneità ponendo l’attenzione su ciò che stiamo ormai da tempo dimenticando, la cultura, l’intelletto, il sapere, enciclopedico e non: l’arte con il suo legame indissolubile con l’immagine e l’immaginario, forse, può condurci là dove le parole non arrivano, a vedere veramente ciò che siamo stati, siamo, e fiduciosamente un giorno saremo.

  

Didascalie immagini

1, Padiglione Centrale, Giardini, Venezia, 2010, Photo: Giorgio Zucchiatti. Courtesy: la Biennale di Venezia.

2. Fotografia d'epoca con Auriti e il suo progetto

3, Carl Gustav Jung, The Red Book [page 655], 1915-1959, Paper, ink, tempera, gold paint, red leather binding, 40 x 31 x 10cm, © 2009 Foundation of the Works of C.G. Jung, Zürich. First published by W.W. Norton & Co., New York 2009.

4, R. Crumb, The Book of Genesis Illustrated by R. Crumb, 2009, pen and ink on paper, 207 pages, dimensions vary slightly. Includes 201 story pages, front cover, title page, dedication, intro by artist, hand-drawn map, and back cover. © Robert Crumb, 2009. Courtesy the artist, Paul Morris, and David Zwirner, New York/London

 

Scheda tecnica

55. Esposizione Internazionale d’arte, fino al 24 novembre 2013, Arsenale (Campo Tana)- Giardini, Venezia.

Orario Biglietteria: 10.00- 17.30. Chiuso il lunedì.

Biglietti: intero 25 euro; speciale 2days 30 euro; ridotto: 22 (20 per i residenti nel cume di Venezia, militari ed over 65; 14 per studenti sotto i 26 anni)