Un sorriso per misura

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“Perché tornare su un argomento già trattato…” si chiede giustamente Barzaghi, esperto in cose dell’arte, nel riprendere in esame le sue accurate analisi sulla Vergine delle Rocce di Leonardo da Vinci, “I motivi sono probabilmente mille…” aggiunge lo studioso “ma due si guadagnano in questo caso il primo piano: su alcune questioni non si smette mai di riflettere e secondariamente, aleggia sempre la sensazione di aver trascurato qualcosa o di non averla sviscerata a sufficienza…pesa anche l’impressione di non aver disambiguato alcuni aspetti fino in fondo. E così si ritorna.”. 1 Stesso concetto viene ribadito, seppur in altri termini, dal filosofo ed economista britannico John Stuart Mill che così si pronuncia: “… c’è quasi sempre spazio per un piccolo dubbio sulle nostre conclusioni pratiche…”, dal momento che “…contro il pericolo di trascurare qualcosa, la forza dell’intelletto e la cultura intellettuale non sono che una protezione molto imperfetta…”. 2

Fig. 1 Fig. 2

La percezione di aver trascurato qualcosa è dunque un fatto piuttosto comune che riguarda un po’ tutti. Nel nostro caso tale sensazione è subentrata leggendo un libro della Manenti Valli sull’Uomo vitruviano di Leonardo 3 nel quale si riferiva che “…il famoso disegno veneziano è il solo, tra le opere del maestro, in cui sia dichiarata l’unità di misura, primo elemento di progettualità edile e termine di riferimento, oggi, per una lettura delle interazioni proporzionali…”. 4 Nel suo accattivante, inusuale excursus, l’attenta ricercatrice precisa che in un’opera d’arte è possibile talvolta risalire a certe modalità di progettazione che stanno ‘oltre l’immagine’, una sorta di regole geometriche sottese adottate dall’artista per impostare l’intera sintassi compositiva del dipinto. Di questo singolare aspetto propone due significativi esempi. Nel caso della Vergine delle rocce ospitata al Louvre, fa coincidere l’unità di misura della tavola (definita “modulo”) con la testa della Vergine. (Figg. 1, 2) Nell’Annunciazione degli Uffizi, altro celebre capolavoro leonardesco, la individua nell’altezza di una pietra angolare (o concio d’angolo) della dimora posta alle spalle della Vergine. (Figg. 3, 4)

Fig. 3 Fig. 4

Dalla stessa fonte apprendiamo che tali moduli rientrano 13 volte consecutive nei lati verticali delle rispettive opere (in numero diverso ma non frazionato rispetto all’unità piena in quelli orizzontali), chiamando in causa nell’analisi la famosa serie numerica di Fibonacci. L’inatteso ricorso a moduli antropometrici riferiti a parti del corpo umano o di altra natura presenti nel contesto pittorico, assunti dall’artista per impostare le interazioni proporzionali tra le varie parti dell’opera in progetto o per il dimensionamento della stessa, torna ad assumere un ruolo ben preciso. Questo almeno è ciò che sembrano rivelare, seppur in modo inatteso ed enigmatico, i capolavori leonardeschi esaminati dalla Manenti Valli.
L’analisi della studiosa ci è parsa fin da subito stimolante. Ci siamo dunque chiesti se tale metodologia d’indagine fosse mai stata applicata con la
Gioconda, nonostante l’opera in questione sia del tutto priva di una geometria esplicitamente dichiarata, fatta eccezione per la forma rettangolare del dipinto. Sorvolando su nostre precedenti indagini (vedi l'articolo) riferite ad unità di misura appartenenti ai valori fiorentini, reperita a una buona riproduzione fotografica del celebre dipinto leonardesco, ci siamo presi la libertà di cercare nella stessa un singolo elemento del paesaggio, un particolare organo anatomico, qualcosa insomma che potesse essere preso a guisa di “costante” per un eventuale dimensionamento del progetto artistico. (Fig. 5) L’attenzione alla fine si è soffermata sulla bocca della dama o più precisamente, sulla misura del segmento ad essa corrispondente.

Fig. 5

Fig. 6


La ragione di tale scelta? Da un lato il particolare interesse che l’enigmatico sorriso ha da sempre suscitato, dall’altro perché a differenza di altri elementi presenti, esaminati e poi scartati, il segmento in questione lungo 1,5 cm. rientrava inaspettatamente 13 volte esatte nel lato orizzontale dell’immagine utilizzata. (Fig. 6) Una semplice coincidenza? Probabilmente di questo si trattava ma al momento non avevamo elementi sufficienti per poter confermare o smentire tale ipotesi. Intrigava al contempo il fatto di aver accertato una serie di moduli identica in numero a quelle già individuate dalla Manenti Valli nei lati verticali delle opere da lei esaminate. La curiosa concomitanza, seppur riferita nel nostro caso a un lato diverso, ci ha indotti a proseguire nella ricerca consapevoli che la stessa, agli occhi di alcuni (per dirla con parole dello stesso Leonardo), potrebbe apparire come una “
…semplice invenzione di speculazione piccola e quasi degna di riso“.
Data la forma rettangolare dei soggetti messi a confronto si è reso necessario fin da subito chiarire un primo aspetto: comparare i rapporti proporzionali esistenti tra i lati dell’immagine riprodotta con quelli del dipinto originale per accertarne l’eventuale corrispondenza. Ciò in teoria avrebbe permesso di risalire alla vera misura della bocca della
Gioconda e successivamente, appurare quante volte il segmento ad essa corrispondente potesse rientrare nei lati del dipinto. Una ricerca del tutto ipotetica da condurre avvalendosi del calcolo matematico. Da nostri precedenti studi sapevamo che i rapporti proporzionali tra i lati maggiore e minore della Gioconda, fermandosi alle prime tre cifre decimali, corrispondevano ai numeri 1,452 e 0,688 (77:53=1,452 e 53:77=0,688) interpretabili come un implicito richiamo al rapporto proporzionale esistente tra le misure lineari di lato ed apotema in un comune pentagono regolare. Le dimensioni dell’immagine utilizzata per lo studio misura invece 28,9 cm. X 19,5 cm. e i rapporti inversi tra tali lunghezze approdano ai valori 1,482 (28,9:19,5=1,482) e 0,674 (19,5:28,9=0,674). Già da questo primo confronto emerge una leggera differenza che si manifesta a partire dalla posizione occupata dai centesimi, mentre i numeri relativi alle unità e ai decimali (1,4 e 0,6) restano invariati. Uno scarto piccolo ma pur sempre reale. Il numero 1,482 rispetto al corrispettivo dato 1,452 del dipinto, rivela una percentuale di incremento pari al 2,066% mentre tra i numeri 0,674 e 0,688 tale percentuale corrisponde al 2,077%. 5 Ciò significa che i rapporti proporzionali esistenti tra i lati della nostra immagine, non collimano con quelli del dipinto del Louvre.
Della
Gioconda esistono innumerevoli riproduzioni, alcune di ottima qualità: nei libri d’arte, sui vari siti web incluso quello del Museo del Louvre, ecc.. Il fatto è che queste immagini, seppur somiglianti tra loro (come si usa dire nel linguaggio comune), se sottoposte ad attente misurazioni (forse a causa dei vari processi di elaborazione cui vengono sottoposte) potrebbero denotare tutte piccole differenze proporzionali che le differenziano dal dipinto originale.
Non ha fatto eccezione la stampa da noi rilevata a scopo di studio dal libro di un noto leonardista. Secondo le nostre aspettative l’immagine prescelta (a prescindere dal formato) avrebbe dovuto rispettare gli stessi rapporti proporzionali del dipinto leonardesco, un po’ come accade per certe tecniche costruttive adottate fin dall’antichità che si richiamano a moduli di misura unitari.
Tanto per fare un esempio tra i tanti (seppur al contrario), citiamo la costruzione della Statua della Libertà che misura ben 93 metri di altezza. Racconta l’ideatore francese del progetto, certo Frédéric Auguste Bartholdi: “… Dopo una prima bozza di un metro e venticinque centimetri, ho realizzato un modello di due metri e ottanta, l’ho poi ingrandito di quattro volte per creare una statua in gesso di undici metri che l’occhio possa cogliere con un solo sguardo. Ogni statua è divisa in diverse sezioni che devono essere riprodotte separatamente. Ognuna è ingrandita di quattro volte. Servono novemila misure per ingrandire ogni sezione della statua. Conclusa questa fase, non sarà più possibile modificare la scultura, perché la riuscita dipende dalla precisione delle misure…”.
6
Viene dunque sottolineata come fatto rilevante, la questione della ‘precisione delle misure’ quale elemento indispensabile da rispettare nel rapporto di similitudine tra modello adottato e lavoro finito. Tornando a noi, l’immagine utilizzata e il dipinto di riferimento in termini geometrici potevano essere considerati alla stregua di due rettangoli “simili”, parola che in ambito matematico assume un significato ben preciso. Non influisce il fatto che i due poligoni abbiano una diversa estensione. Dal sito di ripasso matematico RipMat si apprende infatti che “due poligoni sono simili se hanno tutti gli angoli uguali ed i lati corrispondenti in proporzione”.
7 In altra sede si evidenzia che “due figure sono simili quando segmenti che congiungono coppie di punti corrispondenti sono nello stesso rapporto”. 8

Un secondo problema stava poi nei metodi di misura adottati. Non potevamo certo escludere l’eventualità di piccoli errori di lettura da parte nostra dovuti all’utilizzo di strumenti di misura semplici come squadra e riga, in particolare dovendo misurare parti di un corpo umano che mal si prestano allo scopo. Ciò nonostante e per più ragioni, il corpo umano sotto l’aspetto estetico ha da sempre rappresentato per artisti ed architetti un vero e proprio ‘canone’ di riferimento. Come evidenzia Abate in una sua presentazione sui canoni estetici tenuta in occasione di un Congresso di Medicina Estetica, per canone s’intende una “… regola o sistema che determina e mette in relazione le proporzioni della figura umana partendo da una misura di base chiamata ‘modulo’…”. Sempre a suo dire, secondo il canone in vigore all’epoca presso gli antichi Egizi il modulo consisteva nella lunghezza del dito medio che rientrava 19 volte nell’altezza del corpo, acconciatura esclusa. 9 L’antico popolo usava anche il palmo (4 dita) e il cubito (7 palmi) corrispondente all’avambraccio, misura che va dal gomito alla punta del dito medio.
Cos’è dunque un modulo? Il ‘modulo’ rappresenta “…l’unità elementare costitutiva di un insieme; questo insieme viene chiamato modulare, in quanto formato dalla replica di quell’unità secondo determinate regole di simmetria e scansione. Canone e modulo hanno dunque un aspetto in comune: indicano un valore che, preso a riferimento, viene utilizzato per dimensionare le copie nelle relative parti e nell’insieme…” inoltre “…dato l’uso empirico, a differenza di un’unità di misura il modulo non viene suddiviso indefinitamente, ma presuppone limitati multipli o semplici sottomultipli, come 5 moduli, ½ modulo, ¼ di modulo, ecc…”.
10 Ogni parte del corpo umano, volto incluso, viene dunque analizzata e misurata meticolosamente, nell’ottica di stabilire una corretta relazione di proporzionalità tra le varie parti che vanno ad interagire nel formare l’insieme.

Tornando al nostro modulo di 1,5 cm., abbiamo visto che questo rientrava 13 volte esatte nel lato orizzontale dell’immagine (19,5:1,5=13). Non cisoffermeremo in questa sede sui significati simbolici del numero 13 (facente parte della serie numerica di Fibonacci) che per alcuni costituiscono comunque motivo d’interesse. Le misurazioni effettuate hanno evidenziato che nel lato verticale dell’immagine di 28,9 cm. rientravano 19,266 moduli (28,9:1,5=19,266). Ciò significa che abbiamo 0,266 parti di modulo in più (19,266-19=0,266) rispetto al 19° modulo della serie, il più prossimo, preso a riferimento. Essendo il modulo lungo 1,5 cm., 0,266 parti di esso corrispondono a 0,399 cm. (1,5X0,266=0,399). 11 In termini percentuali si tratta di un incremento dell’1,3% rispetto all’intera lunghezza del lato in questione (0,399:28,9=0,013) da cui (0,013X100=1,3%).
Queste in breve le relazioni matematiche che intercorrono tra il nostro modulo e i lati dell’immagine utilizzata. Supponendo che dipinto ed immagine avessero avuto rapporti proporzionali identici (considerando che gli angoli dei due poligoni in questione sono uguali), come già accennato, sarebbe stato possibile risalire alla vera misura della bocca della
Gioconda ricorrendo ad una semplice equazione (19,5:1,5=53:X). Risolvendo, si calcola l’incognita X=(53X1,5):19,5 da cui 79,5:19,5=4,076 cm.. Tale segmento sarebbe a sua volta rientrato nella lunghezza del lato orizzontale del dipinto 13 volte (53:4,076=13,002).

Vediamo ora ciò che sarebbe potuto accadere in riferimento al lato verticale del dipinto. L’ipotetico modulo calcolato lungo 4,076 cm. vi rientrerebbe 18,891 volte (77:4,076 =18,891). Come già appurato per l’immagine campione, anche in questo caso la serie progressiva di moduli non cade esattamente sul 19° modulo. Dovremmo dunque aggiungere 0,109 parti di modulo per ottenere l’unità intera (19-18,891=0,109) e 0,109 parti di modulo nel caso specifico corrispondono a 0,444 cm. (4,076 cm. X 0,109 cm.=0,444 cm.). In termini percentuali si ha uno scarto dello 0,576% rispetto all’intera lunghezza del lato verticale (0,444:77=0,00576) da cui (0,00576X100=0,576%). Il segmento corrispondente alla bocca sarebbe dunque dovuto rientrare nel lato verticale del dipinto 18 volte (4,076X18=73,368 cm.) più la parte di modulo mancante (4,076 X 0,891= 3,631 cm.). Il risultato della somma si approssima con buona precisione alla nota misura del lato in questione che, come sappiamo, corrisponde a 77 cm. (73,368+3,631=76,999 cm.).

Riassumendo, nell’immagine da noi usata per lo studio il modulo di 1,5 cm. rientra nel rispettivo lato verticale 19,266 volte mentre nel dipinto, il modulo calcolato per deduzione dal precedente (4,076 cm.) vi rientra 18,891 volte. L’ulteriore diversità riscontrata, per eccesso nel primo caso e per difetto nel secondo rispetto al 19° modulo della serie preso a riferimento, non fa che rimarcare la diversità proporzionale esistente tra le due figure geometriche messe a confronto. A prove fatte, abbiamo ritenuto superfluo procedere con altri accertamenti proporzionali, non escludendo la possibilità che misurazioni più accurate possano approdare a risultati diversi.

L’occasione ci consente infine di segnalare, a titolo di pura curiosità, come nell’immagine usata per lo studio alcune serie di moduli (1,5 cm. ciascuno) vadano a coincidere con parti del corpo della dama e del paesaggio che le fa da cornice, inclusi i lati perimetrali. (Fig. 7)

Fig. 7

Iniziando dalla testa della dama (gli artisti sanno che questa parte anatomica del corpo può essere divisa in moduli), tracciando una linea che dalla sua sommità (in corrispondenza della riga divisoria dei capelli) scende perpendicolarmente fino a raggiungere la parte inferiore del mento (passando per la mezzeria della bocca), si ottiene un segmento lungo 7,5 cm. nel quale il nostro modulo rientra 5 volte; la stessa sommità (spessore del velo di mussolina escluso) si trova a 3 cm. (2 moduli) dal lato orizzontale superiore dell’immagine che a sua volta è posto a 9 cm. (6 moduli) dal centro della bocca. Misurando il volto in larghezza, tracciando una linea orizzontale che lo attraversa da parte a parte passando per gli occhi e intersecando entrambe le pupille (tale linea si trova proprio a metà dell’altezza della testa), otteniamo un segmento di 4,5 cm. (3 moduli). Le estremità esterne degli occhi distano tra loro 3 cm. (2 moduli) mentre la distanza tra gli occhi (altro dettaglio osservato) è all’incirca uguale alla grandezza dell’occhio destro (per chi guarda). Prolungando la stessa linea trasversale verso sinistra, lo spazio che separa il velo di mussolina dal corrispondente lato verticale dell’immagine è 6 cm. (4 moduli). Altre approssimative coincidenze: larghezza del collo (2 moduli); larghezza della mano destra misurata in corrispondenza della base del dito pollice (2 moduli); distanza lineare tra le due estremità del decolletè della dama (3 moduli); distanza tra la sommità anteriore della balaustra con colonna (settore di paesaggio posto a sinistra della dama per chi guarda) e il lato orizzontale inferiore dell’immagine (7 moduli).

Potrebbero esistere altre situazioni analoghe a quelle qui rilevate ma non possiamo sapere quale ruolo il caso o l’intenzionalità possano aver svolto in tutto questo.

Tutti cercano qualcosa, magari per vie infinite, magari per vie difficili e misteriose…” narra una nota canzone della cantante Fiorella Mannoia. Con questo studio abbiamo solo cercato di gettare lo sguardo su una di queste vie, affrontando un argomento dall’aspetto un po’ bizzarro ma che, come abbiamo visto in apertura, prende spunto da ricerche serie e per molti aspetti condivisibili.

 

 Didascalie delle immagini

Fig. 1 – Leonardo da Vinci. Vergine delle Rocce. Dipinto ad olio su tavola. 1483-1486. Museo del Louvre. Parigi.

Fig. 2 –Vergine delle Rocce. Particolare. Modulo di misura individuato dalla Manenti Valli nella testa della Vergine (nostra elaborazione esplicativa).

Fig. 3 – Annunciazione. Dipinto ad olio e tempera su tavola. 1472-1475. Museo degli Uffizi. Firenze. Particolare della pietra angolare o concio d’angolo, sede del modulo di misura individuato dalla Manenti Valli (nostra elaborazione esplicativa).

Fig. 4 – Leonardo da Vinci. Annunciazione. Particolare. Modulo di misura individuato dalla Manenti Valli (nostra elaborazione esplicativa).

Fig. 5 – Leonardo da Vinci.La Gioconda, nota anche come Monna Lisa. 1503-1514 circa. Dipinto ad olio su tavola di pioppo. Museo del Louvre. Parigi. Immagine utilizzata lo studio, rilevata dal libro di un noto leonardista.

Fig. 6 – Immagine della Gioconda. Serie di 13 moduli consecutivi nel lato orizzontale.

Fig. 7 – Immagine della Gioconda. Modulo di misura prescelto e coincidenze proporzionali.

 

Note con rimando automatico al testo

 

1 C. A. Barzaghi, Ancora sulla Vergine delle rocce di Leonardo. L’Angelo, Sant’Ambrogio e altre questioni. Stile Arte, quotidiano di cultura on line. Link:http://www.stilearte.it/soluzione-quiz-leonardo-vergine-delle-rocce/

2 J. S. Mill, Economia e scienze sociali, Editore Rubbettino, 2004, p. 37.

3 F. Manenti Valli, “Leonardo, il sapere costruttivo nel disegno della figura umana” (Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo-Milano, 2011).

4 F. Manenti Valli, Op. cit., p. 18.

5 La percentuale di incremento tra due numeri si calcola sottraendo dal numero maggiore il numero minore (1,482-1,452=0,03) dove 0,03 rappresenta dunque l’incremento del numero minore per ottenere il maggiore. In percentuale abbiamo incremento diviso numero di base [minore] 0,03:1,452=0,02066=2,066%.

6 Dal programma di Alberto Angela “Passaggio a Nord-Ovest” del 27/02/2016. RAI TV.

10 Eserciziario di arti figurative, audiovisive e multimediali. “Le proporzioni e la semplificazione”, Cap. 4.1A. Canone e modulo-Misure di riferimento e Cap. 4.1B. Moduli per la copia dal vero. Link: www.eserciziario-pittoriche.it.

11 Tale calcolo può anche essere sostituito con la seguente proporzione: 1 modulo sta ad 1,5 cm. come 0,266 parti di esso stanno ad X [1:1,5=0,266:X] e risolvendo X=1,5X0,266=0,399.