Statistiche dal 2010

Visite agli articoli
4393421

Abbiamo 198 visitatori online

Cerca nel sito

Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

Fogli e Parole d'Arte

non ha scopo di lucro, non propone alcuna pubblicità e ha come unico interesse la diffusione della cultura.
Pertanto, le immagini pubblicate si attengono all'a
rticolo 70, comma 1bis della legge sul diritto d’autore, dove si afferma che è possibile la "libera pubblicazione attraverso la rete Internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro".


Iscriviti al nostro
canale WhatsApp
sul cellulare

 - Nuova informativa sui cookie -

 


I ritratti di Dama dei Pollaiolo

Negli ultimi anni si è sostenuto che fu soltanto Piero il pittore dei fratelli Pollaiolo mentre Antonio si sarebbe dedicato eminentemente all’ oreficeria, al disegno e alla scultura. Tali proposte sono state avanzate senza nessun obiettivo appiglio documentale, ma anzi negando, senza prove tangibili, tutto ciò che ha scritto Vasari a riguardo. Ugolino Verino nella Carliade ha descritto il “Pullus Thyrrenus” intento a dipingere le gesta di Alessandro Magno insieme a Botticelli (per l’appunto allievo in pittura di Antonio), ma il riferimento sarebbe a Piero (sic!), mentre è stata giudicato puro esercizio retorico il fatto che Ficino, scrivendo nel 1482 a Pietro Molin, abbia definito Antonio pittore e scultore insigne; la corretta lettura della relativa lettera vuole intendere esattamente il contrario. 

Vasari scrive che Antonio del Pollaiolo in un certo momento della sua vita artistica decise di lasciare l’oreficeria per attività di maggiore prestigio: viene negata la veridicità dell’ asserzione che al contrario trova il sostegno documentale nel contratto del 1477 stipulato tra Antonio e Paolo Sogliani, in cui in pratica quest’ultimo diveniva il gestore della bottega di via Vacchereccia in Firenze.
Vasari scrive che Antonio del Pollaiolo fece nel 1475 un San Cristoforo in affresco alto cinque metri sulla facciata della chiesa di San Miniato fra le Torri in via dé Cavalieri a Firenze; quest’opera fu studiata a lungo, per la sua innovativa impostazione spaziale, da Michelangelo per ispirarsi nella realizzazione del David. Al solito, senza prove, si è proposto di assegnare l’opera a Piero, essendo evidentemente ignari del fatto che Antonio del Pollaiolo era il referente artistico del circolo neoplatonico e con tale dipinto voleva osannare i suoi due mentori: Cristoforo Landino che lavorava nel Palagio di Parte Guelfa proprio di fronte alla chiesa di San Miniato fra le Torri, e Marsilio Ficino che dal 1473 aveva il rettorato della chiesa di San Cristoforo a Novoli. Da ultimo non si comprende come Antonio del Pollaiolo possa aver scritto di essere illustre pittore sui monumenti funebri di Sisto IV e Innocenzo VIII,opere del periodo finale della sua vita artistica e biologica (4 febbraio 1498), se avesse abbandonato la pittura nel 1464, quasi prima di cominciare.


Fatta la dovuta premessa, citiamo alcuni punti che rendono senza fondamento le asserzioni fatte ultimamente sui ritratti di Dama dei Fratelli Pollaiolo.

1) La Dama del museo di Berlino e quella del Poldi Pezzoli sono entrambe costruite sul disegno e pertanto ascrivibili ad Antonio. La Dama di Firenze e quella del Metropolitan di New York non sono costruite sul disegno e sono di Piero (Fig. 1).
2) La riprova del punto 1 è data dal fatto che le Dame da me ascritte ad Antonio sono in correlazione diretta con due sue sculture.

La Dama di Berlino richiama la Battista Sforza del Bargello di cui costituì verosimilmente uno studio ideativo (Fig. 2); l’avvicinamento delle due opere rappresenta un elemento forte a sostegno della paternità di Antonio sia sul dipinto sia sulla scultura.
L’attribuzione attuale del busto di Battista a Francesco Laurana non ha riscontri né storici né documentali e, a mio parere, neanche stilistici; già Parronchi, in un articolo inspiegabilmente non considerato, lo aveva assegnato ad Antonio del Pollaiolo1. L’opera è una celebrazione post mortem della Contessa perché chiaramente tratta dalla maschera funeraria; nel 1472 si verificarono contemporaneamente tre episodi: moriva Battista Sforza, erano deliberati i doni al Conte Federico per la vittoriosa impresa di Volterra,in gran parte realizzati da Antonio del Pollaiolo2 e Luciano Laurana, fratello di Francesco, veniva congedato da Urbino, per essere prestato al Re di Napoli con il più classico dei promoveatur ut amoveatur: appare inverosimile che il Conte ingaggiasse nello stesso tempo il fratello scultore del Laurana, che non ebbe mai alcun rapporto documentato con Urbino. Pertanto il busto marmoreo di Battista Sforza fu la prima commissione di Federico al Pollaiolo per una collaborazione che durò fino alla morte del Duca e proseguì con i suoi consanguinei.

Priva di fondamento è poi l’asserzione che i Pollaiolo disdegnassero la scultura lapidea; ne è prova quanto accadde nell’ assegnazione della commissione per il monumento funebre del Cardinale Forteguerri da sistemarsi nel Duomo di Pistoia. Dopo la morte del porporato la comunità di Pistoia decise di onorarlo con una prestigiosa sepoltura monumentale; fu bandito un concorso per l’assegnazione dell’opera cui partecipò anche il Verrocchio che ovviamente risultò vincitore. Quando nel ‘76 si passò alla valutazione dei costi, di fronte alla richiesta dello scultore fiorentino di 350 ducati, gli operai della fabbrica del Duomo si rivolsero a Piero del Pollaiolo, in quel periodo dimorante a Pistoia perché incaricato della realizzazione del tabernacolo del Corpus Domini del Duomo, e gli chiesero di elaborare un modello alternativo per il monumento. Una lettera scritta in proposito a Marsilio Ficino da Antonio Ivani, Cancelliere del comune di Pistoia dal 1477 al 1482, forse in risposta a una richiesta in merito del filosofo, esalta l’attività di Piero del Pollaiolo come scultore di pietra.3 Il modello presentato dal più giovane dei Benci fu molto apprezzato dalla Comunità di Pistoia, ma ciò nonostante i Commissari riaffidarono la commessa al Verrocchio. Gli operai scrissero allora una lettera a Lorenzo dé Medici facendo presente che giudicavano il modello del Pollaiolo superiore a quello del Verrocchio e dello stesso parere era il fratello Piero del Cardinale e tutti i suoi familiari nonché tutta la comunità di Pistoia; Lorenzo affidò ugualmente la commissione al Verrocchio. Qualunque sia stata la motivazione della scelta del Medici il fatto che gli operai dell’opera del Duomo avessero interpellato Piero del Pollaiolo, il “pittore” dei due fratelli, prova che i Pollaiolo erano all’epoca praticanti la scultura lapidea con una rinomanza tale da poter competere con il grande scultore lapideo del tempo.

Il dato ci consente di poter fare ovvie considerazioni; se la comunità di Pistoia richiedeva a Piero del Pollaiolo un modello da contrapporre a quello di Andrea del Verrocchio è perché era ben cosciente dell’alto livello dell’attività di scultori di pietra dei fratelli Pollaiolo e al tempo stesso riteneva automatico, se Lorenzo avesse rispettato le loro volontà, che, nella realizzazione del monumento, sarebbe intervenuto il fratello maggiore, lo “scultore” dei due; lo attesta il fatto che nel 1485 Piero del Pollaiolo reclamava dalla comunità di Pistoia il pagamento per i dipinti fatti in Duomo ma la successiva ricevuta di sessanta fiorini larghi fu firmata congiuntamente da Piero e Antonio del Pollaiolo.
Quanto all’aspetto stilistico, la dama di Berlino non ha tridimensionalità e per questo è stata giudicata inferiore alle altre o il frutto di troppo energiche pulizie del dipinto. Riteniamo non corretti i due giudizi: il dipinto non è stato portato alla tridimensionalità di prammatica da Antonio del Pollaiolo proprio perché era uno studio ideativo e non un ritratto vero e proprio.

Vasari scrive che Antonio del Pollaiolo fece nel palazzo dei Giudici e dei Notai in via del Proconsolo a Firenze i ritratti di Giannozzo Manetti e di Poggio Bracciolini. Nonostante fosse molto legato alla famiglia Medici, Antonio del Pollaiolo, al pari di Ficino, aveva rapporti molto stretti con la fazione non medicea. Il figlio di Poggio Bracciolini, Iacopo accusato di aver partecipato al complotto anti-mediceo del ’66, fu condannato ad una sanzione di mille fiorini ed esiliato. Con l’avvento di Lorenzo fu perdonato e gli fu concesso di partecipare alla Giostra del ’69; Jacopo scrisse a sua discolpa l’Invettiva Contra Detractores e si presentò alla Giostra con Idre dipinte sullo scudo e sulla coperta del cavallo (Ercole che sconfigge l’Idra simboleggiava la vittoria della filosofia sui sofismi, del vero sul falso ).Vaccari ha sostenuto correttamente che il guerriero del Bargello sia Jacopo Bracciolini con un’Idra squartata sulla testa e con l’immagine, disposta sul busto, di Ercole in lotta con l’Idra (Fig. 3)4.

L’imperatore romano presente sul busto del Guerriero non è che un riconoscimento simbolico all’autorità di Lorenzo su Firenze inaugurata dalla Giostra; nulla a che vedere con Diotisalvi Neroni, come proposto ultimamente. La scultura del Bargello è mutila degli arti superiori a conferma che trattasi di Jacopo Bracciolini, impiccato per aver aderito alla congiura dei Pazzi del ‘78; la mutilazione, così selettiva e speculare, può essere intesa proprio come una Damnatio Memoriae.
Chiarita l’identità del Guerriero del Bargello è opportuno fare considerazioni che hanno valenza indipendentemente dalla individuazione del personaggio effigiato nella scultura. E’ stato messo in evidenza, da chi ha voluto riconoscere come pittore esclusivamente Piero, un condivisibile legame di impostazione del disegno di giovane della National Gallery di Dublino con la Dama del Poldi Pezzoli; Il profilo del giovane di Dublino mostra altresì una corrispondenza diretta con quello eseguito da Antonio anni dopo del Guerriero del Bargello, tanto che risulta difficile negare che si tratti della stessa persona in età diverse; ciò costituisce una prova del legame di lunga data dell’artista con la famiglia Bracciolini e nello stesso tempo conferma la paternità di Antonio sulla Dama del Poldi-Pezzoli.
Ancora; sono stati correttamente trovati legami della Dama del Poldi-Pezzoli con il volto della Prudenza delle Virtù del Tribunale della Mercanzia degli Uffizi in cui, per l’appunto, i volti della Prudenza e della Carità (Antonio) non hanno nulla da spartire con i volti delle altre Virtù dei Pollaiolo (Piero).

Fig. 3

Didascalie delle immagini

Fig 1) Comparazione tra le dame dei Pollaiolo; le due in alto mostrano grande affinità tra loro e lo stesso si può sostenere per le due dame in basso ma nulla lega le sovrastanti con le sottostanti per i loro profili: le Dame del Poldi Pezzoli e di Berlino sono evidentemente costruite sul disegno,quelle degli Uffizi e del Met non lo sono.
Fig 2) A sinistra: Antonio del Pollaiolo, Dama. Berlino. A destra: Busto marmoreo di Battista Sforza (volto). In basso: Busto di Battista Sforza nelle due proiezioni. I legami tra il dipinto e la scultura sono evidenti.
Fig 3) A sinistra: Dama del Poldi-Pezzoli. Al centro: disegno di Giovane della National Gallery di Dublino. A destra: profili e vista frontale del Guerriero del Bargello di Antonio del Pollaiolo.
Le tre opere sono riconducibili ad una unica mano esecutrice, anche perché il disegno e la scultura ritraggono la stessa persona.

 

Note con rimando automatico al testo

1 A. Parronchi. Prima traccia dell’attività del Pollaiolo per Urbino. Studi urbinati di Storia, Filosofia e Letteratura. Anno XLV.1971.pp.1176-1194

2 I doni per il Conte realizzati da Antonio del Pollaiolo furono un elmo in argento e smalti in cui era raffigurato Ercole che spennava il Grifone Volterrano, un bacile e alcune coppe d’argento della Cappella del Palazzo della Signoria, realizzati anni prima da Antonio e dalla sua bottega, che vennero immediatamente rimpiazzati con un nuovo ordine all’artista. La cifra molto elevata di circa 1000 fiorini-oro stanziata dalla provvisione della Repubblica Fiorentina per il Pollaiolo è ovviamente passata dal preventivo placet del beneficiario dei doni. ASF, Provvisioni Registri 163 (1472), c. 83r-86v.

3 Antho.hy. Marsilio Ficino platonico fiorentino. Petrus Pollariuolus alter Prasiteles apud nos fuit opificio suo intentus. Egi secum amice causa virtutis et eo quidam ardentius, quo illum tibi veementissime affectum cognomi. Tu ad nos mitte, si quid novi mandasti eleganter litteris, ut absens a te quandoque tecum sim. Vale.” (Cod.Vindobonensis lat.3477.f.28).

4 La identificazione del guerriero del Bargello con Jacopo Bracciolini è già stata proposta da Vaccari in: Pollaiolo e Verrocchio? Due ritratti fiorentini del Quattrocento, Museo Nazionale del Bargello, Firenze 2001, pp. 46-47.



abbiamo aggiornato l'informativa sui cookie