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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Fogli freschi di stampa

Il linguaggio delle cose, di Deyan Sudjic

 


Lo studioso inglese Deyan Sudjic, giornalista e scrittore di cose d'architettura, in passato Direttore della rivista Domus, curatore della Biennale di Venezia, professore e preside universitario, oggi direttore del Design Museum di Londra, possiede alcune capacità rare, di essere chiaro anche nel dire cose difficili, e contemporaneamente di divertire e interessare il lettore. "The language of things" è un libro (per nulla invecchiato) del 2009 che ci guida nel mondo del design senza una direttrice storica, ma soltanto sulla base di spunti e intuizioni che l'autore sembra a volte improvvisare, ma che nascondono la precisa volontà di spiegarci come funzionano alcuni meccanismi commerciali e creativi Non bisogna aspettarsi quindi un testo metodico di analisi del design e neppure una sistematica descrizione di oggetti; Sudjic affronta il tema partendo dalle cose che si usano quotidianamente, come gli smartphone (nel 2009 molto più "nuovi" di oggi), le lampade, le sedie, i vestiti.

L'indice stesso del volume ci dice le intenzioni dell'autore, che parte dall'ovvia considerazione socio-politica che l'Occidente consuma troppi oggetti e che il consumismo ci sta letteralmente soffocando, e prosegue con alcune analisi di fondo, dettate da ragionamenti e intuizioni spesso acutissime, ma soprattutto consolidate da una conoscenza ampia e approfondita della storia di quegli oggetti.

Introduzione. Un mondo che annega negli oggetti.

I. Linguaggio

II, Archetipi

III. Lusso

IV. Moda

V. Arte

Se parliamo di linguaggio, dobbiamo capire che cosa si intende. Ogni oggetto d'uso nasce sulla base della sua funzione, alla quale viene sovrapposta una forma che deve piacere, attrarre, accentuare la funzione o negarla a seconda dei casi. Scrive l'autore:

"Chiedete a un designer industriale di 'disegnare' una nuova bicicletta o un orologio, e quello molto probabilmente volerà in Cina er selezionare la maggior parte dei componenti tra centinaia di diverse possibilità in offerta, che poi assemblerà in modo tale da conferirgli una personalità identificabile" (pag. 21).

E' molto interessante seguire a questo punto il secondo capitolo, dedicato agli archetipi, cioè quelle forme che qualcuno (di cui Sudjic ci dice nome e storia, disvelando personaggi geniali spesso dimenticati oggi) ha creato in passato e che sono diventate il riferimento obbligato per la produzione successiva.

E' il caso della lampada Anglepoise, la prima lampada da tavolo a due bracci regolabili mediante l'uso accorto di molle metalliche, progettata da George Carwardine nel 1934. La storia della fabbrica da cui partì l'idea del progetto di una lampada a molle è esemplare per seguire le curiose vicende di oggetti divenuti archetipi. Migliaia di lampada di mille designer diversi hanno in seguito imitato, perfezionato e variato l'idea della Anglepoise, che resta quindi la base di un oggetto di incredibile successo nella storia del design dell'ultimo mezzo secolo.

La prima lampada Anglepoise

Un'altra storia interessante è quella del telefono con filo e cornetta. "I telefoni, per esempio, erano soltanto degli assemblaggi ad hoc di parti meccaniche ed elettriche finché Jean Heiberg non diede loro quella forma caratteristica che sopravvive ancora potentemente nella nostra memoria. Heiberg era un pittore … fu contattato dalla svedese Ericsson per disegnare il primo telefono di bachelite. … Il design di Heiberg introduceva una novità, in quanto riuniva tutti questi elementi in una singola forma unificata stampata in bachelite, che comunicava immediatamente il proprio funzionamento" (pag. 57). La data dell'invenzione di Heiberg è altrettanto lontana, il 1931.

Il telefono della Ericsson

Le analisi di altri archetipi proseguono brillantemente tra sedie, automobili, caratteri a stampa, e molte altre cose che Sudjic getta nel piatto con l'apparente affollamento di un discorso a braccio, ma con una logica sempre stringente.

Il capitolo sul lusso è obbligatorio e - anche se a molti può dare fastidio (e non nego che personalmente preferirei abolire questa categoria) – l'autore dal principio mette i puntini sulla i, segnalando che "la fluttuazione bulimica tra la gratificazione e il disgusto di sé che deriva dal comprare troppo e troppo in fretta è precisamente quello che il lusso è diventato. Non sempre è stato così. … Il lusso ha avuto altri significati in passato" (pag. 69). E in effetti basta ragionare storicamente per accorgersi che l'oggetto costoso ma utile, evidentemente un segnale di status, spiegava in modo chiaro la condizione del proprietario, mentre oggi l'idea di lusso si accompagna soprattutto a oggetti del tutto inutili.

"Non c'è dubbio" scrive ancora Sudjic a pagina 71, "che il lusso sia diventato la forza propulsiva che alimenta le economie industriali occidentali, le quali hanno abbandonato alla Cina la produzione di base per concentrarsi invece sulla costruzione di automobili che sanno di pelle accuratamente conciata e le cui pesanti portiere si chiudono con un click morbido e rassicurante. L'Europa fa affari producendo valigie e vestiti costosi, orologi di una precisione incredibile e aerei militari fatti di una esotica fibra al carbonio e di una lega speciale che li rendono capaci di volare alla velocità del suono. Ciascuna di queste cose costituisce nel suo genere un notevole lusso. A rigore, non abbiamo bisogno di nessuna di esse, e tuttavia , se non le producessimo e non le acquistassimo, l'economia da cui dipende la nostra sopravvivenza ne soffrirebbe, quindi un certo senso ne abbiamo bisogno".

Qui, come nell'ultimo capitolo dedicato al rapporto tra arte e design, Sudjic affronta un tema aperto, che gli sta a cuore, e sul quale le posizioni teoretiche sono spesso contraddittorie. Il testo originale per fortuna è stato tradotto magnificamente dall'inglese in italiano da un filosofo, Stefano Velotti, e i ragionamenti di Sudjic restano esposti con chiarezza; se il design è per sua definizione utile, non fa parte della dimensione artistica, che per definizione è inutile, quindi come mai sistematicamente poniamo i designer tra gli artisti? Questo tema, o meglio questo dubbio, serve a Susjic per indagare gli aspetti progettuali del lusso come della moda e per spingerci a guardare con attenzione ciò che quotidianamente ci passa tra le mani. "L'arte è un modo di guardare il mondo. Ma anche la moda lo è. Può essere il modo più intimo, più personale, più potente di comunicare qualsiasi cosa, dal rango militare all'orientamento sessuale allo status professionale. Può essere democratica o snob, ricca di sfumature creative o sfacciatamente sessualizzata" (pag. 124).

In questo ambito non manca la citazione dell'unico architetto del passato che abbia messo in costante parallelo l'arte e la moda, Adolf Loos naturalmente. L'importanza del modo di vestire è stata in effetti spesso sottovalutata, ma comporta addirittura passaggi epocali, come quelli esemplari del Giappone e della Turchia, entrati in Occidente per scelta economica e politica e guidati in tale passaggio anche dall'adozione e ostentazione di abiti occidentali, da parte della famiglia imperiale e del presidente Atatűrk rispettivamente.

Il capitolo finale sull'arte ritorna a evidenziare il rapporto tra il design di oggi e la produzione artistica, con analisi spesso acute di oggetti di design che nascono paradossalmente per non servire a nulla e che quindi oscillano tra dimensione artistica e dimensione funzionale.

In definitiva, un libro – nell'edizione come sempre sempre bella ed elegante di Laterza -. da leggere per scoprire dettagli e curiosità su tanti oggetti che, come scrive l'autore nella prima riga dell'introduzione, possediamo in numero sempre maggiore e usiamo sempre di meno.  

 

Scheda tecnica

Deyan Sudjic, Il linguaggio delle cose, trad. di S. Velotti, 2009, Roma-Bari Laterza, ISBN: 9788842090878, Euro 15,00

 

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