Fogli freschi di stampa

Solo e sempre Van Gogh

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Le collane d'arte sono innumerevoli e in continua espansione, perlomeno in Italia; forse, restano un'arma cartacea e colorata contro il formato e la qualità spesso limitata degli e-book. Di fatto, quasi tutte le collane hanno un volume dedicato a Vincent Van Gogh, ma l'inflazione di dati sul pittore olandese non sembra per ora danneggiarne il ricordo, semmai finisce per creare una serie di stereotipi non sempre attendibili sulla sua vita, sui suoi capolavori, sul suo ruolo nella storia della pittura.

Una proposta per entrare dentro Van Gogh potrebbe comprendere libri diversissimi e discutibili, ma tali da garantire gli strumenti per conoscere, per valutare e anche per dissentire. Per i lettori informati, ne ho scelti tre, il primo risalente a oltre 70 anni fa, Van Gogh. Il suicidato della società, firmato da un altro personaggio instabile e “maledetto”, Antonin Artaud. Il secondo è di Massimo Recalcati, psicanalista oggi sulla cresta dell'onda per motivi anche televisivi, autore di numerosi testi e saggi legati alla sua professione; Melanconia e creazione in Vincent Van Gogh é del 2009, con una nuove edizione accresciuta del 2014. Il terzo volume é imperdibile, contiene l'intera produzione del pittore, qualcosa come 871 quadri, riprodotti e inseriti nel contesto biografico ed epistolare di Van Gogh: Van Gogh. Tutti i dipinti di Rainer Metzger e Ingo F. Walther é stato pubblicato in varie edizioni fino a oggi da Taschen.

Leggere Artaud, poeta, scrittore e attore di teatro e cinema, é esperienza particolare, e in qualche modo riconducibile proprio all'esperienza di guardare Van Gogh. Artaud mette a nudo se stesso nella propria scrittura totalmente soggettiva e lacerante proprio come Van Gogh dipingeva se stesso in qualunque oggetto fosse entrato nella sua vita. Destino simile anche nella “follia”, entrambi internati come malati di mente e entrambi (con un forse nel caso di Artaud) morti suicidi. La descrizione che Artaud fornisce di Van Gogh é impregnata del desiderio di riscattare il pittore e se stesso dall'omologazione come artisti pazzi e rabbiosi.

Van Gogh dipingendo ha rinunciato a raccontare delle storie, ma la cosa meravigliosa è che questo pittore che è solo pittore, e che è più pittore degli altri pittori, perché in lui la materia, la pittura, occupa un posto di primo piano, con il colore preso così come viene spremuto fuori dal tubo, con l'impronta quasi uno dopo l'altro, dei peli del pennello nel colore, con il tocco della pittura dipinta, come distinto nel suo proprio sole, con la i, la virgola, il punto della punta del pennello stesso contorta dentro al colore, il quale malmenato schizza in faville, che il pittore doma e rimescola da ogni lato, ….” (p. 50).

Sono pagine bellissime e terribili; Artaud usa parole toccanti e acute per descrivere i quadri di Van Gogh e intuisce e ha il coraggio di dire, con il suo consueto linguaggio privo di ipocrisia e di reticenze, ciò che di solito non si dice. Artaud accusa la società, dell´omicidio di Van Gogh. La gente non riconosce il genio, lo respinge, lo confina nella solitudine e nella pazzia.

Il libro di Artaud va letto come un monologo straziante del grande poeta che vede nel grande pittore un fratello. Artaud si scaglia contro tutti, contro i medici, contro la gente, contro il fratello di Van Gogh, e fornisce nel breve testo (pubblicato da Adelphi completo delle bozze e degli appunti originali) un doppio ritratto. L'occasione per queste pagine, scritte di getto in poche settimane, venne dalla visita di Artaud a una grande retrospettiva del pittore allestita a Parigi nel 1947, ma la molla che spinse il poeta-attore a scrivere sembra essere stata la rabbia per le analisi psichiatriche sulla follia di Van Gogh scritte dai luminari del tempo e non molto diverse da quanto si affermava nei suoi confronti. Il desiderio di smontare le teorie mediche (si ricordi che Artaud fu sistematicamente sottoposto ad elettroshock) sta sicuramente alla base dell'analisi del poeta.

Gli psicanalisti comunque non rinunciano a studiare il pittore, anche se sembra quasi un atto banale, visto che si tratta di un caso clinico esplicito e non da disvelare. Massimo Recalcati è un appassionato studioso del pittore olandese e vuole porgere al pubblico dei lettori una qualche chiave di lettura innovativa. I punti forti dell'analisi di Recalcati sono il nome di battesimo del pittore, la sua ricerca della luce e la sua religiosità profonda.

Come ben noto, il nome del pittore fu quello del fratello nato morto un anno prima; destino non certo raro in epoche di alta mortalità infantile, ma certamente esacerbato dall'identità della data di nascita e dalla presenza di un notevole misticismo in famiglia. Vincent Van Gogh vivrà quindi la vita di un altro Vincent, che non è mai nato; lo spunto è drammatico e Recalcati ne approfitta per una lunga e spesso ripetitiva analisi di un'adolescenza schizofrenica o quasi. Non c'è molto di nuovo, sono stati già scritti saggi anche sulla firma del pittore, quel “Vincent” che esclude il cognome e sembra ogni volta diverso. Di certo, la sua formazione fu profondamente alterata da una famiglia che in qualche modo finì per vederlo come un usurpatore del primo figlio, il Vincent “vero”.

La seconda idea di Recalcati è più stimolante e vede nel percorso biografico di Vincent un preciso parallelismo con la ricerca della luce. Lo spostamento verso Sud del pittore inquieto e vagabondo, dall'Olanda e Londra a Parigi, poi ad Arles e poi negli ultimi tre mesi di nuovo nel nord, nel paesino vicino alla capitale francese dove il dottor Gachet cercò di curarlo e dove invece Van Gogh scelse di morire, è un dato concreto che diventa metafora della sua stessa esistenza.

La ricerca della luce accomuna un numero rilevante di maestri del colore; per Recalcati è anche una ricerca della Cosa, cioè della realtà, e in questo lo psicanalista vede una traccia importante da recuperare, ben più di un secolo dopo, per la storia stessa della pittura (argomento intorno al quale lo psicanalista si aggira con una sorta di curiosa riservatezza). La luce sta al Sud, il pittore la cerca, la trova, ma ne viene bruciato; il disperato tentativo di rientro nel Nord porterà a un corto circuito finale e al suicidio.

Terzo elemento analizzato da Recalcati è la religiosità di Van Gogh, profonda, esplicita, ma quasi mai presente nei quadri. Viene qui peraltro ingigantito il ruolo di una copia da Delacroix che Vincent eseguì un anno prima della morte, e che rappresenta una Pietà; il volto di Cristo sarebbe un autoritratto del pittore. Come dire che egli sentiva e prevedeva il proprio sacrificio, e si investiva di una vocazione o di una colpa il cui ultimo passo è la morte prematura. Per Recalcati tuttavia l'intera produzione di Van Gogh sarebbe legata a una ricerca del sacro, un sacro che risiede nelle cose e nella realtà.

La lettura del libro è abbastanza scorrevole, se si escludono i passi in cui il lacanismo prende la mano dell'autore e si insinua lungo percorsi che deviano dall'analisi del pittore protagonista e sfociano in considerazioni più generali. Anche per questo, il risultato finale, che pure accresce la nostra conoscenza di Van Gogh, paradossalmente potrebbe spingerci ad evitare libri di questo tipo; Artaud lanciava strepitose invettive contro quegli psichiatri che vorrebbero capire tutto dei loro pazienti in vita, figurarsi cosa avrebbe detto di chi studia un malato vissuto un secolo e mezzo fa. Di fatto, la grandezza del pittore e il suo dramma di uomo sono evidenti, lucidi e abbaglianti nei suoi quadri come nelle sue lettere, ed è ad essi che dobbiamo rivolgerci per conoscerlo e per capirlo.

E in effetti si possono addirittura avere in mano tutti i dipinti di Van Gogh comprando il volume prezioso, ma nient'affatto caro, stampato da Taschen e curato da Rainer Metzger e Ingo F. Walther; ordinati e commentati in forma di biografia, ecco finalmente tutti i dipinti del grande pittore. Quadri su quadri su quadri, immagini che si affollano e si susseguono, giorno per giorno, a volte ripetitive, quasi uguali, riviste e ripensate dall'ossessività rappresentativa del pittore. Immagini famosissime e riprodotte mille volte si affiancano a quadri mai visti, a volte simili a quelli più noti, a volte assai diversi. Van Gogh teneva un vero e proprio diario tramite i quadri, e gli innumerevoli autoritratti non sono che l'estensione visiva delle descrizioni di sé che egli dava al fratello Theo nelle sue lettere.

Tutte le principali opere di Van Gogh sono descritte nella loro esecuzione in parallelo con la narrazione complessa della vita, dall'educazione familiare nella casa del padre pastore, ai soggiorni all'estero, dai tentativi di diventare predicatore e mercante d'arte, e poi pittore, alla fuga verso il Giappone francese, la Provenza, fino al crollo psichico dopo la rottura con l'amico Paul Gauguin.

La lettura di Ingo Walther e Reiner Metzger tuttavia non è sempre scorrevole, forse anche a causa di un tono di fondo non del tutto convincente; mi riferisco al fatto che il testo è scritto dal punto di vista di Van Gogh, con il risultato che il lettore ha una visione del mondo secondo Van Gogh e non del mondo in cui Van Gogh viveva. Gli autori intervengono per spiegare in chiave comportamentale le sue azioni, e insistono sull'identità tra arte e vita che nel pittore olandese è peraltro così evidente; e insistono anche giustamente sull'importanza delle lettere, efficaci testimoni delle conoscenze, della cultura, e delle capacità razionali e intenzionali di Van Gogh.

Walther e Metzger ritengono anche di poter spiegare il suicidio del pittore, avvenuto in un momento della sua vita in cui - secondo logica - sembrerebbe inspiegabile; la motivazione qui fornita si basa su dati di fatto ma appare piuttosto inverosimile. Vincent stava per conoscere il successo: molti si occupavano di lui a Parigi e presto avrebbe venduto quadri, avrebbe partecipato a mostre importanti, sarebbe diventato famoso. Vincent ha paura di perdersi e allo stesso tempo sente che la fama potrebbe servire non a lui ma a Theo, soprattutto se la morte facesse decollare il valore dei moltissimi quadri in possesso del fratello. Un suicidio quindi motivato da altruismo e da calcolo economico!

Peraltro, il ritratto del pittore risulta completo ma un po' troppo denso, costruito di mille pezzetti, in parte privo della capacità sintetica che invece il pittore (per non dire di Artaud) possedeva. Resta intatta l'impressionante capacità descrittiva e informativa che questo volume di oltre settecento pagine è in grado di mostrare.

 [una breve parte di questo articolo era giá stata pubblicata in una precedente
recensione ai testi di I. Walther presso Taschen]

 

Scheda tecnica

Antonin Artaud, Van Gogh. Il suicidato delle societá, Milano 1988, Adelphi, € 17,00, ISBN 945903137

Massimo Recalcati, Melanconia e creazione in Vincent Van Gogh, Torino 2009 e 2014, Boringhieri, 2014, edizione digitale € 9, ISBN 9788833973616

Rainer Metzger e Ingo F. Walther, Van Gogh. Tutti i dipinti, Colonia 2015, Taschen, € 14,99, ISBN 9783836559591