Fogli freschi di stampa

Francesco Guardi 1712-1793, di Alberto Craievich e Filippo Pedrocco

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Fig. 1

Col passare degli anni, o meglio dei decenni, la figura artistica di Francesco Guardi si è progressivamente staccata da quelle dei grandi vedutisti veneziani del Settecento, e in particolare dal più noto di tutti, il Canaletto. L'interesse nei suoi confronti da parte della critica, del pubblico e del mercato ha variamente oscillato, ma di fatto non è mai venuto meno, come confermato dalla mostra e soprattutto dal catalogo della mostra che Venezia gli dedica per festeggiare i 300 anni dalla sua nascita.

Su Guardi esistono alcuni problemi storico-critici che riguardano la paternità delle sue opere in contrapposizione con il fratello maggiore Antonio (fino al 1760 collega e capo-bottega), le non molto precise notizie sulla sua vita e il successo o meno che la sua produzione incontrò. Uno studio esaustivo risale ad Antonio Morassi negli anni Settanta e ad esso si rifanno anche i curatori della mostra attuale, che con prudenza non avanzano teorie nuove ma raccolgono materiale per una visione diretta delle opere.

Guardi fu un vedutista sui generis, in parte ancora sensibile alle scelte pittoriche degli ultimi barocchi, di suo cognato Giambattista Tiepolo in particolare, e in parte incline a soluzioni diverse, non puramente descrittive, ma intrise di una qualche suggestione preromantica. Potrebbe sembrare un accostamento non del tutto coerente, ma certi punti di vista, certi gruppi di varia umanità, certe pennellate quasi schizzate e tremule di Guardi mi hanno sempre ricordato un altro personaggio cui è difficile trovare una collocazione precisa nei manuali di stile, Giovanbattista Piranesi.

Fig. 2

Venezia quindi ha celebrato questo suo grande illustratore con una splendida e ricca rassegna di quadri e disegni esposti al Museo Correr, in fondo a Piazza San Marco, con vista sulla Laguna. La mostra, prorogata al 17 febbraio del 2013, è stata curata da Alberto Craievich e Filippo Pedrocco, autori anche del catalogo di Skirà. Il centinaio e oltre di opere sono state ottenute da molti musei, tra cui l’Accademia Carrara di Bergamo, la Gemäldegalerie di Berlino, il Museum of Fine Arts di Boston, la Fondazione Gulbenkian di Lisbona, la National Gallery di Londra, la Fondazione Thyssen-Bornemisza di Madrid, la Pinacoteca di Brera e il Museo Poldi Pezzoli di Milano, l’Alte Pinakothek di Monaco, il Metropolitan Museum of Art di New York, il Musée du Louvre di Parigi, l’Ermitage di San Pietroburgo, la National Gallery di Washington. Il lavoro di ricerca imponente e la selezione accurata, per una volta, determinano una mostra impedibile per gli ammiratori del pittore, di cui si è voluto festeggiare il trecentesimo anniversario della nascita.

Grande vedutista si è detto, ma non sempre; la mostra e il catalogo propongono alcune opere giovanili sacre e di costume, nelle quali è evidente l'impronta di Longhi e del Tiepolo. Pochi anni dopo, le prime vedute rivelano un carattere ancora in formazione, ma una tecnica e una capacità descrittiva già mature. Dipanandosi nelle sale del Museo, e nelle pagine di grande formato del catalogo, le sezioni della mostra procedono nel tempo, ma anche secondo alcune tematiche: dapprima come s'è detto le opere giovanili soprattutto di costume, poi una sezione di capricci e fantasie; nella terza sezione, momenti di festa a Venezia, in cui costume e veduta si mescolano piacevolmente; quarta sezione per vedute e capricci della maturità, e infine una sezione per le opere della vecchiaia. Alcuni temi, come il Ponte di Rialto, la sponda della Giudecca, la Piazza San Marco, si ripetono, ma ogni volta il pittore sembra in cerca di garantire insieme alla massima precisione dei dettagli (alla Canaletto per intenderci) una nota soggettiva e sentimentale, che ora alleggerisce i toni, ora li rende più gravi.

Fig. 3

Il visitatore ha trovato quindi, e sino a febbraio troverà, una rassegna stimolante e vivace, mentre lo studioso può sicuramente collezionare il catalogo tra le prove utili e valide della nostra editoria d'arte, troppo spesso legata a formule propagandistiche o estemporanee. Il lavoro di Craievich e Pedrocco è infatti sicuramente prezioso e si è avvalso dei contributi di altri studiosi, come Charles Beddington, Mitchell Merling, Lino Moretti e Giuseppe Pavanello; un gruppo di esperti ha prodotto le schede dei quadri, in tutto 121 comprendendo i disegni, proposti nel volume con notizie complete e bibliografia. Non dovrebbe essercene bisogno, ma sottolineo tutto questo perchè il malcostume di cataloghi abborracciati o frutto della vena televisiva di qualche storico della domenica è davvero troppo frequente nell'editoria italiana.

Soffermandoci ora sul catalogo, i primi tre saggi, preliminari all'analisi delle opere, sono dedicati a un riepilogo delle nostre conoscenze su Francesco Guardi e della sua fortuna critica. Nel primo saggio, “La vicenda umana di Francesco Guardi”, Lino Moretti ci ricorda che i Guardi pittore furono quattro, il padre Domenico e i tre fratelli Antonio, Niccolò e Francesco; solo Antonio e Francesco entrano di diritto nella storia dell'arte, ma a lungo Antonio fu considerato un abile professionista e niente più.
L'alterna fortuna di Francesco, legata anche alla distinzione o alla confusione con il fratello, è descritta con piglio narrativo da Filippo Pedrocco nel saggio “La questione Guardi: una baruffa critica”. Oggi, con una forse provvisoria pace tra gli studiosi, il perno della diatriba, cioè l'attribuzione delle tele conservate nella chiesa veneziana dell'Angelo Raffaele, sembra risolto: le tele sono di Antonio. Pertanto, il ruolo di maestro del fratello più giovane (di 13 anni) restituisce ad Antonio un ruolo fondamentale nella carriera di Francesco e lo colloca in una posizione ben più rilevante nella storia della pittura veneziana. D'altra parte, Francesco attraversò varie fasi stilistiche nella sua lunga carriera e nonostante le letture affrettate, come sottolineano i due curatori, la sua struttura di pittore è comunque barocca, come quelle del fratello e del padre. Vedere nelle sue scelte luministiche un'anticipazione o un riflesso della pittura di Turner e nelle sue istantanee una premonizione impressionistica, può avere senso in una visione storica condotta per grandi linee, ma ne ha poco nel dettaglio. Le vibrazioni cromatiche e i contorni sfrangiati, le atmosfere increspate e le ombre quasi decadenti fanno parte di un rococò tiepolesco interpretato con maggior amore per la luce del crepuscolo che del giorno, e con maggior inquietudine che ironia. Guardi non è Canaletto e non è Bellotto, vede gli oggetti come oggetti della pittura e non della verità, descrive vedute immaginarie non per le cose dipinte, ma per i punti di vista e le deformazioni ottiche. Lo scrive magistralmente Alberto Craievich nel terzo saggio, “Venezia attraverso gli occhi di Guardi” (pag 39), “Con il tempo il suo stile si fa sempre più allusivo: le proporzioni fra i vari elementi sono liberamente sfalsate, la struttura prospettica diventa elastica e si deforma alterando arbitrariamente le proporzioni fra le varie parti. Le vedute presentano l'elemento architettonico sempre più compresso, fino a divenire una semplice linea di demarcazione fra il cielo e l'acqua”. Ovviamente, nei Capricci la fantasia di Guardi può ulteriormente scatenarsi, ma da questo punto di vista il pittore riesce a farci sembrare capricci le vedute e vedute i capricci. Craievich sottolinea anche il gusto decorativo di Guardi, che in una fase di slancio illuministico e neoclassicistico lo pose decisamente fuori mercato e fuori epoca.

All'interno del volume, che si propone come un catalogo estremamente analitico, sono poi inseriti altri quattro saggi più tecnici. Pedrocco ritorna sul tema infinito della distinzione tra i due fratelli, ma aggiunge una nota interessante sul Guardi ritrattista, poco noto ma del tutto coerente con i tempi e le mode settecentesche. Si presenta informatissimo sui litigi tra critici d'arte il saggio di Beddington, che ci fornisce qualche idea su come le attribuzioni e soprattutto le datazioni dei quadri vedutisti debbano fare i conti con la mutevolezza continua delle architetture. Anche gli ultimi tre contributi di Merling, Craievich e Pavanello sono impostati soprattutto sull'analisi di dettaglio e di confronto, fornendo materiale utile per ulteriori sviluppi nella lettura critica della vastissima produzione del pittore. Pavanello in particolare ricorda quasi con sorpresa l'atteggiamento della critica di inizio Novecento che vide in Francesco un precursore dell'impressionismo francese; ma viene da dire che non c'è nulla di cui sorprendersi, siamo in un campo, quello dell'arte, meravigliosamente sfuggente e indeterminato, che si può e si deve studiare con metodo scientifico, ma che rimane aperto alle letture soggettive, e alla maledizione/magia dell'interpretazione.

 

Didascalie delle immagini

Fig. 1, Le porte dell'Arsenale di Venezia, 1755-1760, olio su tela, 62 x 97 cm., Londra, The National Gallery

Fig. 2, La Piazza San Marco verso la basilica, olio su tela, 1760 ca., 78 x 118 cm., Londra, The National Gallery

Fig. 3, Villa Loredan a Paese, matita nera e penna, 32 x 55 cm., Oxford, The Ashmolean Museum

 

Scheda tecnica

Craievich A.; Pedrocco F., Francesco Guardi 1712-1793, 2012, 296 pp., edizioni Skira, ISBN 9788857214818, € 40,00