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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Una piccola Quadriennale



Dopo otto anni di assenza, è naturalmente positivo che la grande rassegna Quadriennale di Roma sia ritornata, ospite nella sede tradizionale del Palazzo delle Esposizioni di via Nazionale e  parzialmente proposta in altri spazi cittadini. E' anche naturale che il comunicato stampa di "Q'16a - Altri Tempi Altri Miti" ponga l'accento sull'attualità delle opere selezionate, e sulla giovinezza di molti artisti presenti (in gran parte meno che quarantenni). Si può anche notare in positivo come la mostra questa volta sia aperta in periodo scolastico, per consentire la visita degli studenti medi, spesso del tutto ignari delle attività culturali del presente; giustamente, l'ente Quadriennale ha predisposto un'ampia campagna informativa proprio nei licei romani.

Proseguendo nelle letture di presentazioni e comunicati, si può invece dedurre che la mostra in partenza si propone come frammentaria e volutamente incompleta, presupposto che sa un po' di "mettiamo le mani avanti". Lo stesso titolo "Altri tempi. Altri miti" si riferisce a una raccolta di Pier Vittorio Tondelli del 1990, "Un weekend postmoderno", proiettandosi quindi in una dimensione che tende al recupero di idee passate e assicura una sorta di nebulosa indeterminatezza. Del resto, è questa la situazione dell'arte contemporanea in Italia.

 

In pieno spirito di "frammentarietà" le dieci sale della Q'16 sono state affidate a undici curatori diversi. Ogni sala ha un titolo (o meglio, uno slogan) ed è introdotta da un pannello esplicativo, ma nonostante la numerazione apposta sulle mappe non c'è alcun percorso di visita, essenzialmente perché tra una zona e l'altra non ci sono collegamenti né di forma né di contenuto. In definitiva, è come entrare in dieci gallerie di diversi proprietari, e se forse questa idea è tipicamente postmoderna, qui manca del tutto un supervisore che a bocce ferme si applichi per dare all'insieme una parvenza di "unità".

Di fatto, se ogni spazio fosse genialmente composto nessuno si lamenterebbe del risultato, ma la sedicesima Quadriennale non ha questa fortuna. Le divergenze profonde tra alcune posizioni estetiche, e anche tra le capacità dei singoli artisti, finiscono per creare nel visitatore un disagio notevole.

 Fig. 2

Gli spazi espositivi sono dunque dieci, tutti al primo piano del palazzo; le opere esposte di novantanove artisti sono centocinquanta, tra le quali un numero esagerato di filmati, che per essere visti interamente richiederebbero una visita di diverse ore. Di questi ultimi posso quindi soltanto abbozzare una sensazione generica e superficiale, basata sui pochi minuti spesi per vederne qualche sequenza di ciascuno, e cioè che i filmati sembrano tecnicamente non molto rilevanti e di contenuto raramente originale.

Le opere più visibili sono invece, naturalmente, le installazioni tridimensionali, in qualche caso non facilmente distinguibili dai gruppi plastici, che durante l'inaugurazione e in altri momenti dell'esposizione sono arricchite dalla presenza dell'artista stesso o di suoi modelli viventi. Ma soltanto nello spazio "Periferiche", che curiosamente ospita gran parte degli artisti più anziani, queste opere respirano e possono essere viste con calma (ad esempio le travi di legno di Michele Spanghero accostate alla scatola di lana di Giulia Piscitelli e alla pila di gesso di Paolo Icaro, con i Paesaggi fatti di cenere sotto vetro di Maria Elisabetta Novello alla parete, Fig. 2); nelle altre, sono state ammassate con poco rispetto per l'osservatore e spesso non hanno confini netti tra di loro. Se lo scopo era forse di materializzare un concetto comune, l'effetto finale finisce per confonderlo.

Le opere bidimensionali - tipo quadri, manifesti, specchi, ecc.- non sono molte, ma nel complesso tradiscono ormai una sorta di autodifesa, per cui ripetono temi già visti, finiscono in Pop Art o in grandi stampe fotografiche, se non viceversa in dimensioni minime che scompaiono sulle pareti altissime delle sale del Palaexpo.

Tuttavia, alcune sperimentazioni sul tema primario della rappresentazione pittorica suscitano interesse, in particolare due lavori di Matteo Fato e Nicola Samorì, che sovrappongono strutture classiche (un cavaliere per il primo e un martire per il secondo) a disfacimenti o deformazioni contemporanee; Senza titolo con Quattro esercizi Equestri di Fato (Fig. 3) e Lieto fine di un martire di Samorì (Fig. 4) si trovano entrambi nella sezione "I would prefer not", titolo che riprende la celebre battuta di Bartleby lo scrivano senza chiarire a cosa voglia alludere, se non a un ripiegamento piuttosto disfattista.

Fig. 3   Fig. 4

Il corridoio centrale, quarta sala dal titolo "Cyphoria", ovvero un neologismo americano che mette insieme cyber e dysphoria (depressione come contrario di euforia), è un miscuglio di kitsch e di nuove tecnologie, idea forte e coraggiosa nel presupposto, ma dai risultati discutibili, soprattutto per l'assenza di auto-ironia. Il soldato mimetizzato su un divano (Take Care Of The One You Love, di Alterazioni Video) sta troppo vicino agli armadietti modificati e tecnologizzati da Marco Strappato, reintitolati Apollo e Dafne e Laocoön (Fig. 5), mentre sulla destra un omaggio a Botticelli degenera in una composizione di statuine e manifesti (My Love Is So Delicious – The Three Graces di Kamilia Kard); alcuni schermi di Eva e Franco Mattes rivolti verso il muro dovrebbero obbligarci a vedere dei video nelle posizioni più scomode; al centro, una scultura di marmo ripropone ancora una specie di Laocoonte digitale (Laocoön, prodotto con polvere di marmo da Quayola, Fig. 6), e infine per terra ci sono due bottigliette di Pepsi e Coca Cola senza etichetta, riprodotte anche nel catalogo senza indicazione di autore.

Fig. 5 Fig. 6

Sulla parete di fondo di "Cyphoria" comunque ci sono le cose più notevoli, due animazioni molto colorate su schermi dipinti come fossero quadri (una specie di Kentridge a colori se vogliamo), create da Federico Solmi e dedicate una all'America e l'altra a Roma antica (Fig. 7). Solmi, che vive in America, innesta qui il modello compositivo ormai collaudato dell'animazione digitale con i colori sgargianti di tradizioni lontane e le violente qualità della caricatura.

Fig. 7

"La seconda volta", che ragiona sul concetto di riuso e riciclaggio, è un'altra area con idee e risultati. Francesco Vezzoli, una delle figure italiane più note a livello internazionale, produce una copia in poliuretano dell'Apollo del Belvedere, con la propria faccia aggiustata su quella del dio, accostata a una piccola statua antica e autentica del satiro Marsia, che Apollo scorticherà (Fig. 8); il titolo di Vezzoli rimanda a tutta la storia dell'arte, Metamorfosi. Nella stessa sala una quantità di foto ritagliate, con prevalenza di immagini egiziane, stanno direttamente per terra, opera di Marcello Maloberti. Sempre qui espone un altro personaggio ben noto, Lara Favaretto, con tre grandi tele ricoperte da fili di lana stesi con precisione per velare l'immagine originale dei quadri, che non sono altro che croste prelevate nei mercatini; 032-212 il titolo, ovvero il codice pantone dei colori scelti (Fig. 9). Sono interessanti anche i contributi di Martino Gamper, designer di mensole, tavoli e panche che sembrano una riformulazione cubista di mobili degli anni Cinquanta.

Fig. 8   Fig. 9

Nella sezione "Ehi, voi!" dedicata ai ritratti, insieme di nuovo a Vezzoli che si finge la Dietrich in due grandi pannelli fotografici, c'è un oggetto prezioso, un'ammonite fossile spaccata in due, come una conchiglia, sulla quale Andrea Romano ha incastonato come fosse un cameo o una perla il ritratto a matita di una ragazza orientale.

"De rerum rurale", "La democrazia in America" e "Orestiade italiana" vorrebbero analizzare la situazione italiana e internazionale sia come luogo antico sia come luogo sociale, e lo fanno attraverso molti (troppi) video e molte (troppe) fotografie. Si salvano i curiosi righelli d'acciaio di Anna Scalfi Eghenter, appesi al muro in sequenza (Matrici irregolari), seghettati sui bordi a ripetere i confini politici di alcuni tra i più poveri stati africani.

E' uno spazio meno affollato e più godibile quello di "Ad occhi chiusi gli occhi sono straordinariamente aperti" (citazione da Marisa Merz), ma le opere esposte, in particolare quattro polaroid che andrebbero esaminate in un salotto e non qui, non sono all'altezza delle proposte intellettuali del curatore. E anche "Lo stato delle cose" (forse citazione di uno dei capolavori di Wim Wenders), per quanto ben allestito, non va oltre un tentativo di dire molte cose con scarsa comprensibilità.

Uscendo dal Palazzo delle Esposizioni ho infine ripensato alla recensione che scrissi otto anni fa per la quindicesima edizione, si intitolava "Una grande quadriennale". L'aggettivo "piccola" che ho assegnato per contrasto alla Q'16 non mi sembra inappropriato se di 150 opere forse soltanto 20 appaiono degne del luogo e dell'occasione, Tutto questo risulta confermato, purtroppo, dalla lettura del catalogo, che per ogni sala propone alcune pagine di testo scritte dai curatori; la scarsa comprensibilità del rapporto tra gli scritti e le opere sarà peraltro dovuta alle mie scarse capacità intuitive. Nel 2008 scrivevo che la Q'15 rappresentava in generale una buona notizia, perché era di alto livello innanzitutto e perché non sfigurava davanti a mostre simili organizzate in altre paesi; ebbene la Q'16 rappresenta a mio parere giusto una notizia, e poco altro.

 

Scheda tecnica

Q'16 Altri Tempi Altri Miti, Palaexpo, via Nazionale, Roma. Aperta fino all'8 gennaio 2017.
Ingresso intero € 10,00, ridotto € 8,00, bambini fino a 6 anni gratuito, ragazzi dai 7 ai 18 anni € 4,00, speciale biglietto Open Quadriennale € 8,00, scuole € 4,00 (per studente), gruppi (min 10 max 25 persone) € 8,00 a persona, studenti venerdì e sabato € 4,00 dalle 19.00 a chiusura, primo mercoledì del mese gratuito per gli under 30 (dalle 14.00 a chiusura). 

* Un ringraziamento è dovuto a Giovanni Pinch per la collaborazione e la disponibilità. 

 

 

 

 

 

 

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