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Fogli e Parole d'Arte

Rivista d'arte on line, ha ricevuto il codice ISSN (International Standard Serial Number)

1973-2635
il 23 ottobre 2007.

Fogli e Parole d'Arte è diretta da
Andrea Bonavoglia (Vitorchiano)
e distribuita on line dalla società Ergonet di Montefiascone (Vt).

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Fogli freschi di stampa

La croce e la sfinge: Vita scellerata di Giovan Battista Piranesi, di Pierluigi Panza

Pierluigi Panza, docente universitario e prestigiosa firma delle pagine culturali del “Corriere della Sera”, ci ha abituato da anni alle sue ricognizioni sulla figura di Piranesi. La sua folta bibliografia enumera Piranesi architetto;Piranesi all’Aventino: i disegni e le opere;Camini; Incisioni; e, soprattutto, gli Scritti di storia e teoria dell’arte, desunti dai libri di Piranesi, che presentano un artista teorizzante e aggiornatissimo, che va oltre lo stereotipo dell’autore scenografico delle Carceri.
Forte di questi precedenti, Panza ha scommesso su un’audace rilettura integrale di Piranesi, scrivendo da par suo la prima biografia di Giovanni Battista. Ne viene fuori un inedito ritratto artistico e umano dell’incisore veneziano, in cui la fisionomia della personalità artistica è modificata grazie alle acquisizioni sul fronte dell’architettura, dell’antiquaria e della teoria artistica. Piranesi fu architetto, e importante architetto: il suo progetto, come quello di un suo ideale precursore, Pirro Ligorio, è intriso della conoscenza profonda, razionale e sentimentale dell’antico.
La Chiesa di Santa Maria del Priorato, la piazza dei Cavalieri di Malta, sono monumenti di un architetto-pittore che ricompone l’architettura attraverso l’ornato. L’avevano capito subito i pensionanti francesi dell’Accademia di Francia che lo guardavano come maestro. Giovani idealisti preromantici che tornati in patria applicheranno la grammatica di Piranesi agli edifici di Luigi XVI e della Rivoluzione: così nasce il neoclassico di Boullée e Ledoux.
La sua teoria è l’altra faccia del neoclassicismo, che avrà miglior fortuna in terra di Francia. L’architetto temeva una “troppo terribile conseguenza” che si sarebbe verificata se avessero prevalso le teorie funzionalistiche di Lodoli e Memmo, che miravano all’eliminazione delle decorazioni, ad una nudità naturale che risale alla “cabane rustique” teorizzata da Laugier (ovvero la madre di tutte le architetture). la capanna rustica che nei millenni ha assunto le forme del tempio di legno e infine del tempio dorico in pietra.

L’antichità è il faro di Piranesi, ma le sue riletture non hanno nulla della fredda filologia. Quando ricostruisce la pianta del Campo Marzio usa correttamente i frammenti della Forma Urbis severiana, ma li trasfigura, nelle parti mancanti, con costruzioni che restituiscono al massimo livello di percezione visiva quella che fu la Magnificenza di Roma, quella grandezza irripetibile su cui riflette angosciato Fuseli.
Attraverso un uso collaudato della scenografia dipinta bibienesca, Piranesi monumentalizza la Magnificenza di Roma nelle sue straordinarie, dilatate calcografie. Vasi abnormi, ponti incombenti, monumenti che schiacciano le spettatore, in un disegno che deriva in parte e che poteva piacere a quello che lo stesso Piranesi chiamava “il gran Juvara”. Poi ci sono le Vedute, di diversa fattura e dimensione per il più vasto pubblico del Grand Tour.

Ma è l’aspetto umano su cui pone l’accento Pierluigi Panza.
Da troppo tempo si è perso il gusto vasariano, papiniano, di biografare l’artista come un tutto con la sua vita. Le monografie d’accademia spesso si riducono ad elenchi di opere sovente discusse ed il libro assomiglia nei migliori dei casi ad un dizionario enciclopedico.
Panza inquadra invece l’arte dell’architetto nella sua vicenda umana. Un uomo che voleva essere innanzi tutto architetto ed è etichettato nell’immaginario collettivo quale incisore, l’uomo con la sua famiglia, la moglie Angela Pasquini, il figlio Francesco (su cui Panza si sofferma lungamente con nuove, interessanti acquisizioni), ma anche l’artista dalla “vita scellerata” che, come un Cellini, un Caravaggio, convive con l’accusa di omicidio, qui in realtà infondata.
Il lettore viene accompagnato con un racconto sapiente nella Roma degli inglesi e delle mode artistiche neo egizie e si imbatte col Piranesi in carne e ossa. Ci si immagina l’incisore come un pignolo orologiaio delle lastre in rame, affaccendato tra acidi e bulini. Professionalmente Piranesi fu in parte anche questo, nella sua competenza tecnica, ma umanamente fu altro: passionale e affettuoso, dalla voce tonante, irascibile, litigioso col suo stesso maestro Vasi. I suoi contemporanei lo ebbero in sospetto, la plebe lo rincorreva coi forconi dicendolo stregone. Ma era sempre lui, Giovanni Battista, Zuanne il veneziano, l’antiquario di Papa Rezzonico, che misurava con puntiglio un monumento antico, dondolandosi fra marmi, pietre e mattoni e parlando al rudere come fosse la persona a lui più cara.


Scheda tecnica
Pierluigi Panza, La croce e la sfinge: Vita scellerata di Giovan Battista Piranesi, pp. 224, 18,00 euro, Bompiani Overlook, Milano 2009.

 

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